Il documentario mostra la situazione disastrosa delle vittime civili dei bombardamenti aerei NATO: donne, uomini e bambini mutilati e uccisi, persone costrette a vivere in situazioni tragiche, case distrutte, bambini e anziani che muoiono di fame e di malattie. Una testimonianza cruda ed estremamente veritiera sulle contraddizioni di quella che viene definita una “missione di pace”, o una “guerra giusta” per “portare la democrazia in Afghanistan”.
Scheda tecnica
Regia Robert Greenwald
Produzione: Brave New Foundation.
Paese:Afghanistan, 2009, col., 12’,
Lingua: pashtu, dari, inglese, con sottotitoli italiani.
Per più di cinque lunghi anni il popolo afghano ha sofferto sotto l’invasione e l’occupazione statunitense. Migliaia di civili hanno perso la vita, spazzati via dalle armi statunitensi. Marc W. Herold ha mostrato la sua simpatia e il suo sostegno al popolo afghano attraverso il suo progetto più significativo e straordinario, che è quello di raccogliere i dati sulle morti civili e pubblicarli sul web come rivelazione al mondo. Il professor Herold è la sponda splendente della società americana. Mentre il governo degli Stati Uniti esporta bombe, distruzione e terroristi in Afghanistan, dedica tutte le sue energie e sforzi per esporre al mondo la vacuità delle dichiarazioni ufficiali sulla democrazia e la liberazione dell’Afghanistan nelle bocche degli Stati Uniti e dei media. Il professor Herold indica che gli Stati Uniti non hanno alcun interesse né per la democrazia né per i diritti umani in Afghanistan e lo ha dimostrato con il suo progetto senza precedenti, il Víc Memorial.
Sahar è una donna di RAWA (Revolutionary Association of the Women of Afghanistan), un “bocciolo di rabbia” che è fiorito, e insieme a tanti altri lavora per portare una rivoluzione in Afghanistan: sconfiggere il fondamentalismo e la cultura maschilista. Il suo ruolo nella RAWA , così come il suo vero nome, è segreto. Il suo volto, sempre parzialmente coperto, o in controluce, si indovina soltanto. Siamo andate con lei da Peshawar a Kabul, dove le donne di RAWA si erano date appuntamento per celebrare insieme l’8 marzo.
Una tappa dopo l’altra, tra villaggi sperduti e periferie, vediamo le scuole all’aperto, le cliniche rudimentali, le le attività che RAWA riesce a mantenere in aree trascurate da tutti. Conosciamo le realtà per le quali Sahar lotta, e le donne e gli uomini che lottano con lei. La vediamo al lavoro, mentre ascolta, denuncia, consola. Scopriamo i suoi ideali e i suoi timori, la sua storia e le motivazioni di una scelta alla quale ha dedicato la vita e per la quale rischia la morte.
In un paese in frantumi, donne e uomini coraggiosi che, senza l’aiuto di nessuno si danno da fare per cambiare le cose e costruire un paese migliore. E che, per lo spazio di un viaggio, fanno pensare che un Afghanistan diverso possa esistere.
Scheda tecnica
Regia ed immagini Michela Guberti
Montaggio Michela Guberti, Enrico Valente
Supervisione al montaggio Pierpaolo Adami
Produzione esecutiva Laura Quagliuolo
Produzione Emme Audiovisivi
Realizzato con il contributo di ICS (Istituto per la cooperazione allo sviluppo), Alessandria;
CISDA onlus, Milano; Provincia di Alessandria; Fondazione CTR (Cassa di Risparmio di Torino)
Anno di produzione: 2007
Durata: 51 m
Paese: Italia
Lingua: Documentario in lingua pashtu, inglese, persiano ed italiano con sottotitoli in italiano.
Nel 2001 si è improvvisamente risvegliato l’interesse internazionale per la vita delle donne afghane sotto il regime dei talebani. Con la caduta dei talebani alla fine dello stesso anno gli USA hanno annunciato che l’Afghanistan avrebbe vissuto una nuova era di pace, democrazia e liberazione delle donne. Diversi anni dopo questo “annuncio” l’Afghanistan è ancora nelle prime pagine dei giornali, non per parlare del successo della ricostruzione ma della violenza crescente e della insorgenza dei talebani. E le donne? Dal 2001 i riflettori dei media su di loro si sono spenti e di conseguenza anche la conoscenza del pubblico sulla tragica situazione attuale. Come sono ora le loro vite? Sono davvero migliorate da quando il nuovo governo ha preso il potere? Hanno davvero conquistato i loro diritti o vivono ancora nel terrore e in un clima di repressione?
Sguardo da un granello di sabbia cerca di dare risposta a queste domande attraverso gli occhi di tre donne afghane: una dottoressa, un’insegnante e una attivista per i diritti umani. Illustrate con immagini in presa diretta, interviste e materiale d’archivio le tre storie ci portano attraverso il terreno minato della complessa storia afghana e forniscono un quadro illuminante della situazione attuale dell’Afghanistan e della battaglia che le donne stanno portando avanti per ottenere anche i più elementari diritti umani.
Girato nel corso di quattro anni nei campi profughi del Pakistan del nord-ovest e nella città di Kabul devastata dalla guerra il documentario costruisce un tagliente e provocatorio ritratto della lotta delle donne afghane negli ultimi 30 anni, dal periodo del re Zahir Shah fino al governo attuale di Hamid Karzai. Le donne si stanno mobilitando per fronteggiare le sfide di oggi, e danno un’immagine viscerale di un paese diviso e brutalizzato. Mentre l’attenzione del mondo si è spostata su altri luoghi in crisi questo progetto riaccende i riflettori sull’Afghanistan facendo sentire le voci di coloro che sono più vulnerabili e più colpite nei conflitti: le donne.
Scheda tecnica
Titolo originale: View From A Grain Of Sand
Un film di Meena Nanji
Documentario USA
Durata: 58 minuti
Anno di produzione: 2006
Lingua: In dari, pashto con sottotitoli in italiano
Premi
International film festival for Documentary di Mumbai; silver conch, International documentary feature 2008
Canada International film festival: miglior documentario 2007
Seattle South Asian Festival: premio del pubblico, miglior documentario 2007
In Afghanistan nel 2005 si sono svolte le prime elezioni parlamentari. La regista ha seguito la campagna elettorale di Malalai Joya che ha puntato il dito contro i signori della guerra chiedendo per loro l’istituzione di un tribunale internazionale. Per questo Malalai ha subito diverse minacce di morte e ha vissuto nascosta e sotto protezione. In Afghanistan è considerata un’eroina e gode di grande sostegno per il suo coraggio politico.
Scheda tecnica
Diretto da Eva Mulvad
Prodotto da Helle Faber
Starring Mardina Parmach
Musica di Thomas Knak, Jesper Skaaning, Anders Remmer
Cinematografia Zillah Bowes
Studio: Bastard Film
Distribuito da Women Make Movies – The Danish Film Institute
Anno di produzione: 2006
Durata: 58 m
Paese: Denmark
Lingua: Sottotitolato in italiano
Premi ricevuti
2006, Silver Wolf Award, IDFA, Amsterdam
2007, World Cinema Jury Prize: Documentary, Sundance Film Festival
2007, Special Jury Mention, Silverdocs 2007
2007, Best long documentary, Festival Films De Femmes, High School Jury, Creteil
2007, International Premier Award, One World Media Awards, London
2007, Nestor Almendros Prize, Human Rights Watch Film Festival, New York
2007, Special Mention, One World Human Rights Film Festival
2007, Audience Mention Best Documentary, 15 Mostra Internacional de film de dones, Barcelona
Nuova edizione a cura del CISDA del libro sulla storia di Meena, fondatrice di RAWA, l’Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afghane, una giovane che ha lottato fino alla morte per difendere un popolo oppresso e soprattutto la sua componente più inerme e calpestata, le donne e i bambini.
Per l’acquisto scrivere a: vedi Contatti (offerta libera a partire da 12 € più spese di spedizione).
Sono disponibili copie per la diffusione.
Subito dopo l’edizione originale americana del 2003, Mai tornerò indietro di Melody Ermachild Chavis fu tradotto e pubblicato in diversi Paesi, tra cui l’Italia, dove le copie sono andate esaurite in pochi anni. Oggi il CISDA (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane onlus), che da lungo tempo sostiene RAWA in Italia, ha deciso di farne una nuova edizione.
Il libro racconta la storia di Meena, la fondatrice di RAWA (Associazione Rivoluzionaria delle Donne Afghane), una donna che ha lottato fino alla morte per difendere un popolo oppresso e soprattutto le sue componenti più inermi e calpestate: le donne e i bambini.
Nata a Kabul nel 1956, Meena è una studentessa universitaria quando inizia a battersi contro l’occupazione sovietica e il suo governo fantoccio, e a denunciare le violazioni dei più elementari diritti umani.
Fonda RAWA e con le attiviste che via via si uniscono a lei promuove marce di protesta e incontri pubblici, fonda una rivista, organizza un ospedale, scuole e laboratori di cucito per donne e bambini rifugiati in Pakistan.
Oggi, a trent’anni dal suo assassinio, Meena vive ancora in ogni azione e in ogni battaglia di RAWA, che continua a lottare contro il fondamentalismo, la misoginia, l’oscurantismo religioso, la povertà e l’ignoranza come strumenti di sopraffazione, attraverso un’instancabile opera di denuncia politica e di educazione ai diritti.