Somaya
Somaya Saifullah, 15 anni, ha un fratello e quattro sorelle. Attualmente sta studiando in una delle classi segrete di HAWCA, dice: “Prima dell’arrivo dei talebani, avevamo una vita relativamente tranquilla e modesta. Lottavamo contro la scarsità di cibo, ma ogni mattina andavo volentieri a scuola e studiavo con grande entusiasmo, sognando di diventare un giorno medico e di esaudire i desideri dei miei genitori. I miei genitori hanno fatto infiniti sacrifici per me e per gli altri loro figli, tessendo sogni separati per ognuno di noi”. E continua: “Mio padre lavorava come cuoco prima dell’arrivo di questi spietati talebani, e mia madre era instancabilmente impegnata nelle faccende domestiche delle case dei vicini per guadagnare qualcosa. Tuttavia, con l’arrivo di questi miliziani, la nostra vita pacifica è andata in frantumi. Mio padre ha perso il lavoro, e in seguito la donna per cui lavorava mia madre è rimasta disoccupata e ha dovuto licenziarla. Essendo la più grande tra le mie sorelle, sono stata e continuo ad essere testimone delle difficoltà e dei problemi vissuti dai miei genitori in ogni momento. Mio padre cerca lavoro ogni giorno, diventando sempre più disperato ogni giorno che passa. Dopo un po’, il padrone di casa è venuto e ha chiesto l’affitto, affermando che se non fosse stato pagato, avremmo dovuto lasciare la casa entro la fine della settimana. Questo è stato un altro duro colpo per i miei genitori. Hanno fatto sforzi infiniti, ma purtroppo non sono riusciti a trovare lavoro. Alla fine mia madre è andata dal suo vecchio datore di lavoro e ha chiesto un prestito. Il datore di lavoro le ha proposto di vivere gratuitamente nella loro vecchia casa e in cambio mia madre avrebbe lavorato per loro senza essere pagata. È stata la notizia più bella per mia madre e mio padre. Ci siamo trasferiti nella nostra nuova casa il prima possibile. Tuttavia, queste circostanze hanno influito molto sul benessere di mio padre, che si è ammalato gravemente. Ha bisogno di vedere un medico e ricevere cure. Spero di poter trovare un modo per guarire il mio caro padre”.
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Una storia del progetto Vite preziose.
La fotografia è di solo carattere grafico e non rappresenta la donna protagonista della storia. Data la attuale situazione in Afghanistan, per evitare l’identificazione delle donne i nomi sono stati modificati, così come i luoghi dove si svolgono i fatti.