Rukhshana
La storia di Rukhshana, è come quella di Giulietta e Romeo, ma è ambientata in Afghanistan.
Nasce in una provincia povera del Nord, il Panjshir. Dopo la sua nascita, la famiglia si sposta a Kabul e va a vivere in un vecchio quartiere, in quelle case colorate, una attaccata all’altra, che si arrampicano sulla collina, in mezzo alla città, senza acqua né luce. Il padre è un lavoratore a giornata e fa molta fatica a sfamare la famiglia. Ha una mentalità chiusa e tradizionalista e non permette alle figlie di andare a scuola. Rukhshana è ancora una ragazzina quando si innamora perdutamente del figlio dei vicini, ricambiata con gioia. Il ragazzo va a casa sua diverse volte per chiederla in sposa e viene sempre rifiutato. Rukhshana è picchiata dai fratelli e dal padre e minacciata di morte se continua a frequentarlo. La sola ragione dell’opposizione della famiglia è la povertà del ragazzo. L’innamorato non si rassegna, ma il padre di Rukhshana minaccia di ucciderlo se continuerà a proporsi come fidanzato.
Rukhshana e il ragazzo non riescono a far cambiare idea al padre, ma sono innamorati e determinati a sposarsi ad ogni costo.
Un giorno, la famiglia decide di tornare in Panjshir. Rukhshana li sente parlare da dietro la porta. È spaventata, disperata. Sarebbe la fine del loro amore. Decide che è il momento di prendere in mano il suo destino. Pianifica con cura i dettagli, e scappa di casa per unirsi al ragazzo che ama. L’amore rende forti e arditi. La famiglia è furiosa. Hanno disobbedito, hanno sfidato le regole e l’autorità del padre. Devono essere puniti. Ma le ricerche non danno nessun esito. I due ragazzi sembrano spariti, la città è grande e piena di gente. La fortuna li assiste. Ce l’hanno fatta. Decidono insieme di andare in Pakistan per poter vivere il loro amore in pace, e lì si sposano come avevano deciso da molto tempo. Costruiscono la loro vita piena di amore e di cura l’uno per l’altra. Hanno 4 figli, due maschi e due femmine. Nonostante le povere condizioni di vita, sono molto felici. Rimangono in Pakistan diversi anni, solo per proteggersi dalle possibili ritorsioni della famiglia di lei.
Ne passano 14. I due sposi pensano che ormai la famiglia di Rukhshana li avrà dimenticati o perdonati. Così decidono di rientrare in patria.
Purtroppo si sbagliano. Solo una settimana dopo il loro arrivo a Kabul, il marito di Rukhshana viene ucciso dal fratello della donna.
Rukhshana è distrutta da questa tragedia. Ha perso l’uomo che ha tanto amato e si ritrova sola con quattro figli da mantenere e nessun mezzo per farlo. È analfabeta, senza istruzione né capacità di lavorare. Una vedova in Afghanistan non esiste, non ha diritti, né possibilità di decidere. È costretta a vivere con la famiglia del marito, e a sottostare ad ogni loro richiesta. Così fa Rukhshana, vive sotto tutela del cognato. Sta, adesso, con i suoi figli, in una stanza che lui le paga, ed è costretta ad obbedire a tutte le decisioni che il cognato prende per lei e per i suoi figli. Le figlie non hanno il permesso di studiare e sono confinate in casa. Solo il maschio più grande, di 13 anni va a scuola e il resto della giornata lavora. Porta dei carichi di spazzatura fuori dalla città e questo gli permette di avere un piccolo guadagno. Rukhshana, come vedova, secondo le idee della famiglia, non può lavorare. Se prova a cercare lavoro la picchiano e la insultano. È prigioniera.
È molto angosciata e pensa di non riuscire ad andare avanti con una vita così miserabile, senza dignità, né rispetto, né futuro per lei e per i suoi figli. È dipendente in tutto dai parenti del marito. La sua vita e quella dei suoi figli sono nelle loro mani. Deve obbedire a qualsiasi ordine.
“Non desidero altro che uscire un giorno da questa situazione in cui sono imprigionata. Vorrei poter decidere per me e per i miei figli, poterli mantenere e soprattutto mandarli tutti a scuola perché non siano senz’armi, né possibilità in questa difficile vita. La sola ragione per la quale ho bisogno di aiuto è quella di salvare i miei figli da questa vita miserabile e poterli aiutare a diventare degli esseri umani fieri di se stessi come il loro padre ha sempre sognato” – dice Rukhshana. Rompere la dipendenza economica è il primo, fondamentale, passo.
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Una storia del progetto Vite preziose.
La fotografia è di solo carattere grafico e non rappresenta la donna protagonista della storia. Data la attuale situazione in Afghanistan, per evitare l’identificazione delle donne i nomi sono stati modificati, così come i luoghi dove si svolgono i fatti.