Solidarietà con donne che resistono in paesi illiberali
29 Agosto 2024
Rehana, invece, il marito lo aveva scelto e gli voleva bene. Sono già tre anni che affronta la vita da sola. È vedova, ha 27 anni, tre figli piccoli, un maschio di 6 anni e due bambine di 3 e 4 anni. Il marito, molto giovane, è morto sul lavoro.
Un lavoro pesante e faticosissimo, senza nessuna sicurezza: trasportava pietre. Le caricava su un camion, le portava attraverso la città e le scaricava. Un giorno il camion ha avuto un problema e il ragazzo si è infilato sotto il mezzo, sollevato col crick, per aggiustarlo. Il crick ha ceduto e lui è rimasto schiacciato, colpito alla testa. Dopo una settimana di coma è morto.
È stato un terribile shock per tutta la famiglia e soprattutto per Rehana. La sua situazione economica è disastrosa. Per tirare a casa qualche soldo, lava i panni per le persone che abitano nel suo quartiere ma non basta affatto per lei e i suoi tre figli. Abitano in una piccola stanza a casa del cognato, una famiglia, come loro, molto povera e con molti figli. In Afghanistan questa situazione non può durare, Rehana deve sposare il cognato o un altro membro della famiglia.
Subisce molte pressioni e minacce. Ma Rehana non vuole nessun marito imposto ed è molto decisa a rifiutare questa soluzione. Vorrebbe invece riuscire a badare da sola ai suoi figli e poter vivere in pace.
Entrare nel progetto e avere dei soldi suoi la mette al riparo dalle pressioni della famiglia, permettendole di nutrire se stessa e i suoi figli, di mandarli a scuola, e di cercarsi un lavoro migliore.
L’autonomia economica sposta le carte in gioco e permette alle donne di sottrarsi al ricatto della famiglia e alle violente pressioni dei parenti del marito. Prima Rehana ha avuto l’aiuto di Gianna e ha cominciato a sperare di decidere lei stessa quale vita vuole vivere, una conquista enorme in Afghanistan
Oggi sono Rita e Luigi a starle accanto. I suoi bambini vanno a scuola ed è molto fiera di loro, sono studiosi, intelligenti e dolci. Ha avuto fortuna, ha trovato lavoro come bidella, nella stessa scuola dei suoi bimbi. Ora vive da sola con loro. Guadagna poco, non ce la farebbe senza aiuto, ma è fiera della strada che ha percorso.
Spende i soldi soprattutto per la scuola dei piccoli. Vuole che crescano in un ambiente sicuro, che possano diventare dei buoni esseri umani, uomini e donne degni di rispetto.
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Una storia del progetto Vite preziose.
La fotografia è di solo carattere grafico e non rappresenta la donna protagonista della storia. Data la attuale situazione in Afghanistan, per evitare l’identificazione delle donne i nomi sono stati modificati, così come i luoghi dove si svolgono i fatti.
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