8 Novembre 2024
Nazbo, Kapisa
Nazbo nasce in un villaggio rurale, Najrab, nella provincia di Kapisa. Ha 15 anni quando la sua famiglia la vende in matrimonio, contro la sua volontà, a un mullah di 45, con due mogli e svariati figli. È la più giovane e le toccano sempre i lavori più pesanti. Le botte arrivano, tutti i giorni, per qualsiasi sciocchezza. Non solo il marito ma anche le due mogli più vecchie fanno a gara per picchiarla e insultarla.
Passa 20 anni così, fronteggiando e sopportando violenze di ogni tipo. Ha 5 figli, dei quali il padre non si occupa mai.
4 di loro muoiono in tenera età per la malnutrizione e la mancanza di cure. Racconta Nazbo: ”I miei bambini erano piccoli e io non avevo tempo per prendermi cura adeguatamente di loro, dovevo sempre lavorare sotto la minaccia delle botte. Dovevo lavare, cucinare, pulire, fare il bucato per tutti e nessuno si prendeva cura dei miei piccoli”.
Per loro, non c’era mai abbastanza cibo.” Una sola figlia sopravvive alla famiglia, ma, a 13 anni, il padre la sposa a un uomo di 40 anni. Lo stesso destino di sua madre, la storia infinita. Rimane subito incinta, ma è troppo giovane per avere una gravidanza normale.
L’assistenza medica non esiste. Muore durante il parto, insieme al suo bambino. La vita di Nazbo precipita. Il marito e le mogli la insultano, la picchiano, la umiliano, le dicono che porta male, che è lei la responsabile delle sue sventure. In quel periodo ha seri problemi mentali, i cui effetti continuano ancora oggi. Dopo qualche anno, il marito si ammala e muore. Le mogli più anziane la sbattono fuori di casa.
Trova rifugio da alcuni parenti che la accolgono e la portano in ospedale. Le cure le fanno bene e, quando sta un po’ meglio, decide di adottare un bambino.
Restano a vivere con queste persone per parecchio tempo. Per fortuna, la sua strada, un giorno, incrocia quella di Hawca e comincia a lavorare per loro, nel Centro di Peace Building, come cuoca. Trova una stanza vicino al Centro e comincia una nuova vita con suo figlio. Purtroppo, al Centro, tutto lo staff è minacciato dai talebani.
La situazione si fa sempre più pericolosa e Hawca è costretta a cambiare zona e a trasferire il Centro in un’altra parte della città, lontano dall’abitazione di Nazbo. Spostarsi, per grandi distanze, nella città è difficile e rischioso, Nazbo deve lasciare il lavoro.
Gli anni passati a lavorare con Hawca, dove ha trovato l’affetto che non aveva mai conosciuto, sono stati i migliori della sua vita ma, adesso, è di nuovo senza lavoro. Ogni giorno è una scommessa. Di nuovo, la sua vita è difficile e le tracce del suo passato riemergono rendendola fragile.
Aggiornamenti
Entra nel progetto un anno fa. Ora non è più sola, ha accanto a sé il sostegno di Maurizio. Potrà curarsi e cercare, senza ansia, insieme ad Hawca, il lavoro di cui ha bisogno. Nazbo è stata incredibilmente felice quando ha saputo di avere uno sponsor e del denaro per vivere, lo ringrazia con tutto il cuore.
Non sapeva dove andare a vivere e Hawca le ha trovato una stanza nella casa di un insegnante della scuola di Peace Building che hanno dovuto chiudere a causa delle minacce talebane. Potrà stare lì fino a quando non avrà trovato un lavoro per pagarsi una stanza autonoma.
Sta cercando un lavoro come domestica, magari anche tra i vicini di casa. Ma il quartiere dove vive è abitato da gente molto povera che non può permettersi una domestica.
Per questo è difficile, per lei, trovare lavoro.
Dice Nazbo al suo sponsor:’ Sono molto felice, non avrei mai pensato che ci potessero essere persone, in giro per il mondo, così amorevoli come te, che si occupano degli altri e si aiutano l’un l’altro. Il tuo aiuto sta cambiando la mia vita. Grazie a te sono viva, potrò vivere e stare ancora per molto tempo con il mio bambino.’
Aggiornamento gennaio 2023
Nazboo è una donna in grave difficoltà. Ringrazia tanto il suo sponsor e spera nel suo aiuto per la sua sopravvivenza. “Al telefono la sua voce , dice Shafiqa, era fievole e oppressa. Non ha mezzi di sussistenza e il denaro del progetto serve per le medicine e le cure che deve fare. Ha problemi per procurarsi la legna e, senza aiuto, non sa come superare l’inverno.” Dice: “I miei vicini conoscono la mia situazione, e, ogni tanto, quando possono, dividono il loro cibo con noi. La loro solidarietà e la vostra è tutto quello che abbiamo.”
È importante continuare a sostenere questa donna, di cui, comunque, Hawca si sta prendendo cura.
Aggiornamento gennaio 2024
Nazbo dice: “Che cosa posso dire della mia vita dolorosamente difficile? Ogni giorno affronto pressioni strane e insolite, e a volte mi chiedo quando è stata l’ultima volta che ho riso veramente. La vita in Afghanistan era dura, ma lo è diventata ancora di più con l’arrivo dei talebani. Non vediamo alcuna speranza per condizioni migliori. Tutti fuggono e nessuno è soddisfatto di questa situazione. I sogni e le aspirazioni delle ragazze e delle donne sono stati sepolti. Nonostante l’estrema povertà, speravo che mio figlio potesse ricevere un’istruzione in modo da non soffrire come me. Ma ora ho perso la speranza per il suo futuro e temo che subirà lo stesso mio destino e le mie stesse miserie. Uno dei nostri parenti, vedendo le mie condizioni di vita, si è dispiaciuto per me e si è offerto di presentarmi al loro datore di lavoro nella speranza che potessi trovare lavoro. Fortunatamente, ha accettato e ora lavoro in un laboratorio di cucito. Anche se il reddito è molto scarso e i miei occhi sono diventati estremamente deboli, sono ancora contenta. Rimango sveglia fino a tarda notte per lavorare un po’ di più. Sono felice del mio lavoro. Questa volta, con l’aiuto del mio gentile sponsor e del mio magro stipendio, sono stata in grado di provvedere ad alcune cose essenziali per la casa e al cibo per mio figlio. Esprimo la mia più sentita gratitudine al mio gentile e solidale sponsor che è al mio fianco e ci aiuta in questa situazione. Auguro loro tutto il meglio”.
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Una storia del progetto Vite preziose.
La fotografia è di solo carattere grafico e non rappresenta la donna protagonista della storia. Data la attuale situazione in Afghanistan, per evitare l’identificazione delle donne i nomi sono stati modificati, così come i luoghi dove si svolgono i fatti.
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