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Baradar Abdul Ghani

Le informazioni sulla sua data e luogo di nascita variano. Secondo l’Elenco Consolidato del Consiglio di Sicurezza comprendente tutte le persone fisiche e giuridiche soggette a provvedimenti imposti, è nato intorno al 1968 nel villaggio Yatimak del distretto di Deh Rawood nella provincia di Uruzgan nel Regno dell’Afghanistan. Tuttavia, i documenti di identità indicano il 1963 come anno di nascita.

  • Primo vice Primo ministro e Terzo Vicepresidente (dal 5-10-2021)
  • Capo della Commissione economia  (dal 2022)
  • Funzioni precedenti:
    • Governatore Herat (1998) e/o Nimruz/ Kandahar
    • Capo di stato maggiore dell’esercito centrale a Kabul
    • Vice ministro della Difesa
    • Capo operativo dei talibani e capo della Quetta Shura (2007)
    • Vice del Leader degli Affari politici e capo dell’Ufficio politico dell’Emirato islamico (15-1-2019)
    • Primo Vice Primo Ministro per gli Affari Economici (5-10-2021)

Cosa si dice di lui

È uno Zirak Durrani Pashtun della tribù Sadozai, una sottotribù dei Popalzai. Secondo la giornalista olandese Bette Dam, lui e Muhammed Omar sono diventati amici quando erano adolescenti. Secondo Newsweek, Omar e Baradar potrebbero essere cognati tramite il matrimonio con due sorelle.

Ha combattuto durante gli anni ’80 nella guerra sovietico-afghana a Kandahar (principalmente nell’area di Panjwayi), prestando servizio come vice di Omar in un gruppo di mujaheddin afghani contro il governo afghano sostenuto dai sovietici. Omar gli diede il nome di battaglia ‘Baradar’, che significa ‘fratello’, a causa della loro stretta amicizia. In seguito gestì una madrassa a Maiwand, nella provincia di Kandahar, insieme a Omar.

Nel 1994 ha aiutato Omar a fondare i talebani. Durante il governo talebano (1996-2001), Baradar ha ricoperto una serie di incarichi. Secondo quanto riferito, era Governatore di Herat e della provincia di Nimruz e/o Comandante di corpo per l’Afghanistan occidentale. Un documento non classificato del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti lo indica come Ex vice capo di stato maggiore dell’esercito e Comandante del corpo d’armata centrale, Kabul, mentre l’Elenco Consolidato afferma che era il Vice ministro della difesa talebano.

In seguito agli attacchi dell’11 settembre 2001 Baradar ha combattuto contro l’Alleanza del Nord sostenuta dagli Stati Uniti e, secondo Newsweek, “è salito su una motocicletta e ha portato il suo vecchio amico [Omar] in salvo sulle montagne” nel novembre 2001, mentre le difese talebane stavano crollando. Una versione sostiene che nello stesso mese una forza afgana collegata agli Stati Uniti avesse sequestrato Baradar e altri talebani ma l’intelligence pakistana ne avesse ottenuto il rilascio. Un’altra versione riportata da Bette Dam sostiene che Baradar abbia salvato Hamid Karzai, suo compagno di tribù Popalzai, dal grave pericolo corso quando questi entrò in Afghanistan per creare un supporto antitalebano.

Baradar si ritrovò quindi a combattere le forze internazionali e il governo afghano appena formato. Salito alla guida della Quetta Shura divenne il leader de facto dei talebani, dirigendo l’insurrezione dal Pakistan. I diplomatici occidentali lo consideravano tra quelli della Shura più aperti al contatto con il governo afghano e più resistenti all’influenza dell’Inter-Services Intelligence (ISI) pakistana. Dal punto di vista del temperamento, è stato descritto come un “capo tribù pashtun vecchio stile” e un costruttore di consenso.

Secondo quanto riferito, nonostante le sue attività militari Baradar è stato fautore di diversi tentativi di avviare colloqui di pace, in particolare nel 2004 e nel 2009, e ampiamente considerato una parte potenzialmente fondamentale di un accordo di pace negoziato.

Baradar fu arrestato dall’Inter-Services Intelligence del Pakistan alla fine di gennaio o inizio di febbraio 2010 a Karachi Il Pakistan confermò l’arresto solo una settimana dopo e il ministro dell’Interno pakistano Rehman Malik negò le affermazioni secondo cui agenti statunitensi erano stati coinvolti nell’arresto.

Fu rilasciato a metà ottobre 2018. L’inviato speciale di Washington Zalmay Khalilzad disse di aver chiesto al Pakistan di liberarlo poiché credeva che potesse aiutare nel processo di pace dell’Afghanistan.

Nel gennaio 2019, circa tre mesi dopo che il Pakistan lo aveva rilasciato, Baradar fu nominato vice del leader supremo dei talebani e capo dell’ufficio politico dei talebani a Doha, in Qatar. Era il più anziano dei tre vice del leader, gli altri due erano Sirajuddin Haqqani e Mohammad Yaqoob. Sebbene fosse al servizio de il leader supremo Hibatullah Akhundzada, secondo The Economist e The Diplomat, Baradar era considerato il leader de facto dei talebani. Noto per il suo acume diplomatico e politico, il segretario di Stato Mike Pompeo lo definì “un giocatore molto sofisticato” in un incontro con l’allora presidente dell’Afghanistan, Ashraf Ghani.

Nel febbraio 2020, Baradar firmò l’accordo di Doha sul ritiro delle forze statunitensi dall’Afghanistan a nome dei talebani.

Il 17 agosto 2021 Baradar tornò in Afghanistan per la prima volta dopo la caduta del primo governo talebano nel 2001. Si diceva che sarebbe diventato presidente dell’Afghanistan dopo il rovesciamento del governo di Ashraf Ghani da parte dei talebani nell’agosto 2021. Il 23 agosto 2021, il direttore della CIA William J. Burns tenne un incontro segreto con Baradar a Kabul per discutere la scadenza del 31 agosto per il ritiro dell’esercito americano dall’Afghanistan.

Il 14 settembre 2021 si disse che Baradar non era stato visto in pubblico da diversi giorni e che forse era stato ferito o ucciso in lotte intestine per il potere nel nuovo governo afghano. Il giorno successivo fu rilasciata una videointervista a Baradar che smentiva le voci.

Il 15 settembre 2021, Baradar è stato elencato sulla rivista Time come una delle “100 persone più influenti nel 2021”. (fonte Wikipedia)

 

Akhundzada Hibatullah Mawlawi

Hibatullah Mawlawi Akhundzada è probabilmente nato nel 1950 in un villaggio nella provincia di Kandahar

  • guida suprema dei talebani dal 25 maggio 2016
  • massima autorità dell’Afghanistan in materia politica, religiosa e militare dal 31 agosto 2021
  • ex capo della giustizia talebana dal 2016

Cosa si dice di lui

Hibatullah Akhundzada è diventato il comandante supremo dei talebani nel maggio 2016 e ora è il leader del cosiddetto Emirato islamico dell’Afghanistan.

Negli anni ’80 ha partecipato alla resistenza islamista contro la campagna militare sovietica in Afghanistan, ma la sua reputazione è più quella di leader religioso che di comandante militare.

Akhundzada ha lavorato come capo dei tribunali della Sharia negli anni ’90.

Dopo aver preso il potere per la prima volta negli anni ’90, i talebani hanno introdotto e sostenuto le punizioni secondo la loro rigorosa interpretazione della legge islamica: hanno giustiziato pubblicamente assassini e adulteri e hanno amputato gli arti dei ladri.

Sotto la guida del solitario Mullah Mohammed Omar (che si pensa sia morto nel 2013), i talebani hanno anche vietato la televisione, la musica, i film, il trucco e hanno impedito alle ragazze di età pari o superiore a 10 anni di frequentare la scuola.

Si ritiene che Akhundzada abbia circa 60 anni e abbia vissuto la maggior parte della sua vita in Afghanistan.

Tuttavia, secondo gli esperti, mantiene stretti legami con la cosiddetta “Quetta Shura” – i leader talebani afgani che si dice abbiano sede nella città pakistana di Quetta.

In qualità di comandante supremo del gruppo, Akhundzada è responsabile degli affari politici, militari e religiosi. (fonte BBC)

La sua storia

Mullah Haibatullah Akhund Mawlavi Haibatullah Akhundzada Hibatullah Akhundzada figlio del Mullah Mohammad Akhund, è nato nel 1960 o 1961 e proviene dalla zona di Sperwan nel distretto di Panjwai a Kandahar. Haibatullah è un membro della rispettata tribù Noorzai e proviene dal cuore spirituale dei talebani, che gli conferisce potere sui comandanti del Sud e potrebbe potenzialmente aiutarlo a unificare le fazioni scontente. Suo padre, Mullah Mohammad Akhund, era uno studioso di religione e l’imam della moschea del loro villaggio. Akhundzada ha studiato sotto la guida del padre. La famiglia emigrò a Quetta dopo l’invasione sovietica e Akhundzada continuò la sua formazione in uno dei primi seminari stabiliti nel quartiere di Sarnan. E’ un’autorità religiosa profondamente conservatrice senza esperienza di lotta.

Ha anche combattuto contro le forze sovietiche e i loro partner afgani. Fonti talebane affermano che in quel periodo visse principalmente a Kandahar e fece parte della fazione Hezb-e-Islami guidata dal comandante jihadista Maulvi Khalis. In gran parte sconosciuto al di fuori del movimento talebano, Akhundzada è un ex capo della giustizia talebano e dirige il loro consiglio religioso degli Ulema. Rispetto a Akhtar Mansoor che lo ha preceduto [ucciso da un attacco di droni Usa], ha forti credenziali religiose ed è stato responsabile dell’emissione di fatwe per giustificare operazioni militari e terroristiche.

E’ spesso indicato come Shaikhul Hadis, un titolo clericale deobandi – o revivalista sunnita – che indica il suo status di autorità sulla vita e sugli insegnamenti del profeta Maometto. È uno studioso islamico ed è autore di diversi libri su questioni religiose. (fonte Afghan bios)

Ruolo nei talebani

È entrato a far parte dei talebani nel 1994 e ne è diventato uno dei primi membri. Dopo aver ottenuto il controllo della provincia di Farah nel 1995, ha fatto parte della polizia dei vizi e delle virtù. In seguito è stato capo del tribunale militare dei talebani nella provincia orientale di Nangarhar e poi vice capo della Corte suprema. Successivamente si trasferì a Kandahar dove fu istruttore alla Jihadi Madrasa, un seminario di cui si occupò il leader fondatore talebano Mohammed Omar.

Dopo che il governo talebano è caduto a causa dell’invasione guidata dagli Stati Uniti nel 2001, Akhundzada è diventato il capo del consiglio di studiosi religiosi del gruppo. Successivamente è stato nominato Presidente della Corte Suprema delle Corti della Sharia dell’Emirato Islamico dell’Afghanistan ed è diventato consigliere di Mohammed Omar. Piuttosto che un comandante militare, ha la reputazione di leader religioso, responsabile dell’emissione della maggior parte delle fatwa dei talebani e della risoluzione delle questioni religiose tra i membri dei talebani. Sia Omar che il suo successore Akhtar consultarono Akhundzada su questioni di fatwa. Akhundzada era un membro di spicco della Quetta Shura dei talebani.

E’ stato nominato come uno dei due vice leader talebani sotto Mansour nel 2015. Era il volto più visibile della massima leadership talebana, poiché Mansour rimaneva per lo più fuori dalla vista del pubblico e non partecipava apertamente alle riunioni per motivi di sicurezza, e l’altro il vice, Sirajuddin Haqqani, era principalmente coinvolto negli affari militari. Secondo Abdul Bari, un comandante nella provincia di Helmand, Akhundzada ha messo in atto un sistema in base al quale sarebbe stata formata in ogni provincia una commissione sotto il governatore ombra per indagare su comandanti o combattenti abusivi.

Secondo quanto riferito, Akhundzada viveva nella zona di Ghaus Abad a Quetta nel 2016 e conduceva fino a dieci madrasse in Belucistan. (fonte Wikipedia)

Come guida suprema

Akhundzada è stato nominato leader supremo dei talebani il 25 maggio 2016, succedendo a Mansour, ucciso in un attacco di droni statunitensi. I due principali contendenti per il ruolo erano Sirajuddin Haqqani, l’altro vice di Mansour, e Mohammad Yaqoob, figlio del leader fondatore Mohammad Omar. La nomina di Akhundzada ha sorpreso alcuni, che lo vedevano come il terzo candidato in classifica, ma è stata una scelta di compromesso per evitare i risentimenti che si sarebbero avuti se fosse stato nominato uno degli altri due. Fonti talebane hanno affermato che Mansour aveva designato Akhundzada come suo successore nel suo testamento, sebbene questa potrebbe essere stata un’invenzione per cercare di conferire autorità alla sua nomina. Yaqoob e Haqqani furono nominati due vice di Akhundzada.

Yousef Ahnadi, il principale portavoce dei talebani per l’Afghanistan meridionale, ha affermato che il figlio minore di Akhundzada, Abdur Rahman Khalid, è morto durante un attacco suicida a una base militare afgana a Gereshk, nella provincia di Helmand, nel luglio 2017. Funzionari talebani hanno affermato che Akhundzada era consapevole dell’intenzione di suo figlio e l’aveva approvata. Nel 2019, sotto la guida di Akhundzada, i talebani hanno vinto la battaglia di Darzab sconfiggendo lo Stato islamico dell’Iraq e il ramo Khorasan del Levante. (fonte Wikipedia)

Trafficante di droga

Il Mullah Akhundzada, appena le truppe dell’Armata Rossa nel 1989 si ritirarono, capì che bisognava smettere di prendere il 10% come pizzo dai trafficanti di eroina, per essere direttamente loro, i guerriglieri di Dio, a gestire il traffico. Impose che tutta la valle di Helmand, a Sud dell’Afghanistan, fosse coltivata a oppio, e chiunque si fosse opposto, continuando a coltivare melograni o frumento prendendo sovvenzioni statali, sarebbe stato evirato. Il risultato fu la produzione di 250 tonnellate di eroina. Akhundzada oggi è indicato come il maggiore leader talebano, ed è uno dei trafficanti più importanti al mondo. (fonte: Roberto Saviano, Corriere della Sera del 18/08/2021).

Dopo la presa di Kabul nel 2021, i talebani hanno annunciato un programma per eradicare le coltivazioni di papavero e promuovere la disintossicazione di massa, ma secondo i risultati del rapporto Opium cultivation in Afghanistan, pubblicato dall’United Office on Drugs and Crime (UNODC), relativo al 2022: “La coltivazione dell’oppio in Afghanistan è aumentata del 32% rispetto all’anno precedente, fino a 233.000 ettari, rendendo il raccolto del 2022 la terza più grande area coltivata dall’inizio del monitoraggio. La coltivazione ha continuato a concentrarsi nelle parti sud-occidentali del paese, che rappresentavano il 73% della superficie totale e hanno visto i maggiori aumenti di raccolto. Nella provincia di Helmand, un quinto dei seminativi era dedicato al papavero da oppio”.

Nell’aprile 2022 hanno annunciato il divieto di coltivazione (ma non la distruzione del “mega” raccolto 2022, così come non ne è stata vietata la lavorazione e il commercio): i prezzi dell’oppio sono aumentati vertiginosamente e la sua vendita ha fruttato dai 425 milioni di dollari del 2021 a 1,4 miliardi di dollari nel 2022 (equivalente al 29% del valore dell’intero settore agricolo dell’Afghanistan nel 2021).

La riduzione della coltivazione è confermata dall’ultimo rapporto di UNODC (giugno 2023): “Il raccolto di oppio del 2023 in Afghanistan potrebbe subire un drastico calo a seguito del divieto nazionale di droga, poiché i primi rapporti suggeriscono riduzioni nella coltivazione del papavero”.

Ma lo stesso rapporto mette in guardia sulla reale volontà di estirpare il traffico di stupefacenti: “L’Afghanistan è anche un importante produttore di metanfetamine nella regione e il calo della coltivazione di oppiacei potrebbe portare a uno spostamento verso la produzione di droghe sintetiche, di cui beneficeranno diversi attori”.

Inoltre, le nostre fonti in Afghanistan, oltre a sottolineare come questa “riduzione” stia consentendo, grazie al rialzo dei prezzi, di garantire ai talebani gli stessi elevati guadagni degli anni passati, ci informano che non tutta la produzione 2022 è stata immessa sul mercato e le ingenti scorte consentiranno l’immissione di dollari nelle casse dei talebani ancora a lungo.

Akhund Hassan

Primo ministro ad interim dell’Afghanistan (5-9-2021) nominato da Ameerul Momineen Sheikh Hibatullah Akhunzada

  • Governatore provinciale di Kandahar
    Ministro degli Affari esteri durante il governo talebano 1996-2001
    Vicepresidente del Consiglio dei ministri (7-11-2011)

Cosa si dice di lui

Da Afghanbios
Akhund è probabilmente meglio conosciuto come uno degli artefici della distruzione dei Buddha di Bamiyan, le gigantesche statue rupestri del VI secolo distrutte dai talebani nel 2001. Fece parte del consiglio della shura che ne ordinò la distruzione.

Akhund è nella lista dei terroristi delle Nazioni Unite dal 2001, quando l’invasione guidata dagli Stati Uniti ha rovesciato i talebani dal potere. L’ONU lo ha descritto come uno dei “comandanti talebani più efficaci.

Oggi, ci sono sostanzialmente due fazioni nei talebani: un’ala militare che conduce le campagne quotidiane e un’élite religiosa conservatrice fondata sul deobandismo che funge da ala politica. Il Mullah Akhund è molto in linea con la fazione religiosa dei talebani. Ibraheem Bahiss, un analista di ricerca afgano indipendente, afferma che considerando l’anzianità e lo status di Akhund non è una “grande sorpresa” che sia stato nominato nuovo capo del governo.

Akhund sembra essere un candidato di compromesso tra i sostenitori di Baradar e la rete Haqqani. Resta da vedere se questo accordo sarà permanente o temporaneo, ma il compromesso potrebbe essere un test dei talebani – per vedere quanto sia efficace Akhund come figura unificante per il gruppo. (fonte Afghan Bios )

Un rapporto sulle sanzioni delle Nazioni Unite lo ha descritto come uno “stretto collaboratore e consigliere politico” di Omar. È molto rispettato all’interno del movimento, in particolare dal suo leader supremo, Haibatullah Akhunzada, ha detto all’agenzia di stampa Reuters una fonte talebana. (fonte al Jazeera)

Akhund è uno studioso religioso conservatore le cui convinzioni includono restrizioni sulle donne e la negazione dei diritti civili per le minoranze etiche e religiose. I suoi editti negli anni ’90, adottati dai talebani, includevano il divieto dell’istruzione delle donne, l’applicazione della segregazione di genere e l’adozione di rigorosi abiti religiosi. Akhund sembra cercare di posizionare i talebani accanto ai partner internazionali, un’ambizione che può essere vista anche nella recente attività diplomatica dei talebani con i governi del Qatar, degli Emirati Arabi Uniti e del Pakistan.( fonte The Hindu)

La sua storia

Il Mullah Mohammad Hasan Akhund è nato nel 1956 e proviene dal villaggio di Sahmozai, distretto di Arghandab, provincia di Kandahar. Nacque in una famiglia tribale Babar e studiò in varie Madrase in Pakistan. Durante la guerra contro i sovietici collaborò con Hezb-i-Islami (Khalis) sotto Haji Mohammad nella zona di Mohallajat vicino a Kandahar. Era uno stretto collaboratore del Mullah Omar

Akhund è una delle figure più importanti dei talebani. È stato membro fondatore del gruppo all’inizio degli anni ’90 e vice primo ministro durante il regime dei talebani dal 1996 al 2001. Durante quel periodo ha anche servito come ministro degli Esteri e governatore provinciale.

Durante l’insurrezione dei talebani, Akhund era un comandante militare di alto livello. Ha anche guidato il consiglio direttivo dei talebani, il più alto organo decisionale del gruppo, che ha sede nella città di Quetta, nel sud-ovest del Pakistan.

Sembra esserci una lotta per il potere dietro la nomina di Akhund a capo del Governo. Il mullah Abdul Ghani Baradar, che ha servito come vice di Omar durante i primi anni dei talebani prima di assumere la posizione di leader de facto dopo la morte di Omar, era stato visto da molti esperti di Afghanistan come un potenziale capo di stato. Ma c’è tensione politica tra Baradar e la potente rete Haqqani, un gruppo islamista a base familiare che è diventato il braccio diplomatico de facto dei talebani negli ultimi anni ed è riuscito a ottenere sostegno per il gruppo tra altri gruppi locali.

Gli Haqqani sono tra le fazioni più militanti dei talebani. E il recente linguaggio conciliante di Baradar su questioni come i diritti delle donne, il lavoro con la comunità internazionale e l’amnistia per i membri dell’ex governo è contrario all’ideologia della rete Haqqani.

Akhund sembra essere un candidato di compromesso tra i sostenitori di Baradar e la rete Haqqani. Resta da vedere se questo accordo sia permanente o temporaneo, ma il compromesso potrebbe essere una prova delle acque dei talebani, per vedere quanto sia efficace Akhund come figura unificante per il gruppo.

Mohammad Naeem, portavoce dell’ufficio politico dell’Emirato islamico, ha affermato che il PM Mullah Mohammad Hassan Akhund a Kabul ha incontrato Ali Mohammad bin Hammad Al Shamsi, ministro dell’Autorità federale per l’identità, la cittadinanza, le dogane e la sicurezza portuale degli Emirati Arabi Uniti e ha discusso delle relazioni bilaterali. (29.12.2021) (fonte AghanBios

Sayyaf Abd al-Rasul

Abd al-Rasul Sayyaf è nato nella valle di Paghman nel 1946.

  • Ministro dell’interno del Governo mujahiddin nel 1992
  • Membro della Wolesi Jirga nel 2005
  • Rieletto membro della Wolesi Jirga nel 2010
  • Presidente della Commissione Affari Internazionali 2011 e 2012
  • Candidato alle elezioni presidenziali del 2014

Cosa si dice di lui

Abdul Rasul Sayyaf è l’uomo che invitò Osama Bin Laden in Afghanistan nell’ormai lontano 1996 nonché “maestro ideologo del capo organizzatore dell’attentato alle Torri Gemelle Khalid Shaykh Muhammad. Sayyaf aspira alla massima carica dello stato. Fu uno dei capi dei Mujaheddin che combattevano contro i sovietici.

Human Rights Watch lo ha accusato di crimini di guerra nel conflitto civile degli anni Novanta. (fonte Huffington Post)

Il 1° luglio 2006, centinaia di persone del distretto Paghman di Kabul hanno manifestato contro Rasul Sayyaf, leader fondamentalista del partito Itehad-e-Islami e attuale membro del parlamento afghano. I manifestanti hanno accusato Sayyaf e la sua milizia armata di estorcere le loro terre.

I manifestanti hanno detto ai media che la terra nella zona di Chunghar, che è di proprietà di 40.000 persone di Shahguzar, (un villaggio a Paghman) è stata occupata con la forza da Sayyaf e dai suoi uomini armati, sebbene la gente del villaggio possieda legalmente la terra per ordine del tribunale. Hanno affermato che il partito di Sayyaf, in collaborazione con il ministro degli interni, ha diviso la terra a Dasht-e-Chamtla tra di loro espropriandola con la forza. (fonte RAWA)

Il rapporto di 220 pagine dell’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani descrive le atrocità commesse da combattenti comunisti, mujahidin, sovietici e talebani in 23 anni di conflitto.

“Prima del massacro di Afshar dei civili sciiti nel 1993, il leader jihadista Abdul Rasool Sayyaf disse ai suoi ufficiali: “Non lasciate nessuno vivo, uccideteli tutti”. (fonte RAWA)

Sayaf ha stretto un’alleanza con Jamiat-e Islami dell’ex presidente Rabbani sin dalla guerra sovietica. A partire dal 2007, Sayyaf è un influente legislatore, ha chiesto un’amnistia per gli ex mujaheddin, oltre a spingere per un disegno di legge che impedirebbe ai Mujaheddin di essere accusati di crimini di guerra. Sayyaf ha ottenuto il quarto maggior numero di voti durante le elezioni di Wolesi Jirga a Kabul. (fonte Afghan bios)

Nel marzo del 2007 il parlamento afghano ha votato una legge con cui è stata garantita totale amnistia ai responsabili di violazioni dei diritti umani negli anni tra il 1979 e il 2001. La legge è entrata in vigore nel 2008, quando è stata pubblicata sulla gazzetta ufficiale, anche se la cosa è stata resa pubblica solo nel gennaio del 2010. (fonte Osservatorio Afghanistan)

Migliaia di afghani morirono nel corso del 1993 durante la guerra civile che ebbe come principale terreno di scontro il quartiere hazara di Afshar, a Kabul Ovest.

“L’11 febbraio 1993 le forze di Massoud e Sayyaf invasero il quartiere hazara di Afshar uccidendo – in base a stime locali – circa 1000 civili, compresi anziani, donne, bambini, e perfino i cani, gettando poi i corpi nei pozzi.” [The Guardian, 16 novembre 2001]

I massacri peggiori avvennero nel mese di febbraio e tra novembre e dicembre, quando un susseguirsi di attacchi missilistici, saccheggi, incursioni, stupri e rapimenti costrinse gli abitanti del quartiere a rimanere per settimane barricati in casa in preda al terrore, senza cibo né acqua né legna da bruciare.

La documentazione di Human Rights Watch e Amnesty International si riferisce soprattutto ai violentissimi scontri dell’11 febbraio 1993. Atrocità difficili da descrivere furono commesse dalle fazioni di Shura-e Nazar, il partito armato di Massoud, alleato con Abdul Rasul Sayyaf di Ittehad-e Islami, e dalla rivale Hezb-e Wahdat. Le relazioni riferiscono stupri di massa, rapimenti, torture e massacri di combattenti e civili. (fonte ECN)

La sua storia

Abdul Rasul Sayyaf è nato nel 1946 a Paghman, nella provincia di Kabul. È pashtun/ghilzai, della tribù Kharuti. Dopo gli studi nella madrassa di Abu Hanifa, si è iscritto alla facoltà di teologia dell’Università di Kabul e si è laureato con lode. È rimasto come assistente all’ateneo sino al 1969, quando si è iscritto all’Università al-Azhar del Cairo. In questo periodo ha avuto molti contatti con gli ambienti wahhabiti dell’Arabia Saudita. Tornato in Afghanistan ha partecipato attivamente alle iniziative del movimento islamico ed è stato nominato Vice Presidente della shura che ne dirigeva le iniziative. Nel 1975 è stato arrestato mentre cercava di partire per gli Stati Uniti. E’ riuscito a sfuggire alla condanna a morte ed è stato rilasciato grazie all’amnistia concessa dopo l’invasione sovietica. Una volta tornato in libertà, nel 1980, si è rifugiato a Peshawar dove ha tentato in varie riprese di unificare i sei partiti islamici sunniti e vi è riuscito solo temporaneamente con la fondazione di Ittihad-e Islami (Nel 2005 l’organizzazione Ittihad è stata registrata come partito politico presso il Ministero della giustizia con il suo nuovo nome Tanzim Daawat-e-Islami-e-Afghanistan. ), che, tuttavia, è presto diventato il settimo partito. Durante la guerra contro i sovietici, l’Ittihad-e Islami ha potuto usufruire degli aiuti sauditi e ha accolto tra le sue fila molti comandanti che avevano bisogno di finanziamenti per armare i loro uomini. Era presente soprattutto nelle città e non si appoggiava a nessun gruppo etnico.

Nel 1992 è stato nominato Ministro dell’interno del Governo mujahiddin e ha cercato di favorire un accordo tra Buranuddin Rabbani e Ahmad Shah Massud, da una parte, e Hekmatyar, dall’altra, per porre fine alla guerra civile. Nel 1994 si è alleato allo stesso Hekmatyar e a Dostum combattendo contro le forze fedeli al Governo, controllato dagli esponenti tagiki.

Sayyaf è legato ai circoli wahhabiti sauditi e ne condivide l’ideologia che privilegia una visione molto rigida dell’islam, soprattutto per quanto riguarda la condizione e il ruolo delle donne. Nello stesso tempo è allineato su posizioni anti-occidentali e rifiuta la democrazia parlamentare nel rispetto degli insegnamenti di Mohammad Ibn Abd al Wahhab (1703-1792). È anche un deciso avversario della ideologia sufi e si è distinto per l’odio nei confronti degli sciiti contro cui ha lanciato un’operazione di pulizia etnica durante la guerra civile (massacro di Afshar Mina del 1993). Nel 1988-1989 il Dipartimento di Stato americano considerava Rasul Sayyaf un estremista e nel 1994 lo ha accusato di ospitare nei suoi campi di addestramento pericolosi terroristi. In effetti Sayyaf ha tessuto rapporti molto stretti con lo sceicco Abdullah Azam e con il suo discepolo Osama bin Laden. Azam ha fondato agli inizi degli anni Ottanta il Mekhtab al Khidmat, attraverso cui passavano tutti i militanti che col nome “gli Afghani” costituirono la base del terrorismo degli anni Novanta.

Dopo la caduta di Kabul (1996), si è schierato a fianco di Massud e in seguito è entrato a far parte dell’Alleanza del Nord.

A seguito dell’Accordo di Bonn del 2001, è riuscito a inserire molti uomini di fiducia in incarichi chiave dell’apparato dello Stato, sia a livello centrale che periferico. Guardato inizialmente con sospetto dai gruppi moderati per la sua ideologia pan-islamica, i sentimenti anti-occidentali e i legami con ambienti estremisti islamici e con personalità sospettate di collusione con sodalizi criminali, nel tempo è riuscito a mitigare le sue posizioni e attualmente svolge un ruolo di rilievo nella vita politica del Paese, legittimato anche dalla decisione di Karzai di candidarlo alla carica di Presidente della Wolesi Jirga. Solo per pochi voti si è visto superare da Yunis Qanuni. In seguito, tuttavia, è stato nominato presidente della Commissione esteri. (fonte Argoriente)

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Dopo la presa di Kabul dell’agosto 2021, Sayyaf si è rifugiato in India, a Nuova Delhi.

Rabbani Burhanuddin

Burhanuddin Rabbani (Feyzabad, 20 settembre 1940 – Kabul, 20 settembre 2011) .

  • Presidente dell’Afghanistan (2001–2001), Presidente dell’Afghanistan (1992–1996)
  • Presidente della Commissione legislativa della Wolesi Jirga nel 2005
  • È stato ucciso il 20 settembre 2011 in un attentato a Kabul.

Cosa si dice di lui

Rabbani non era un uomo di pace, non era un eroe, non è un martire.

Burhannudin Rabbani era uno dei peggiori criminali che la storia afghana ricordi.
 Ha cominciato la sua lunga carriera criminale negli anni Ottanta gettando vetriolo in faccia alle studentesse dell’Università di Kabul, insieme al suo “compagno di merenda” Massoud.

Ha commesso genocidi, ha fatto uccidere, stuprare, torturare, bombardare migliaia di civili afghani. Ha distrutto la città di Kabul nella guerra fazionale tra il 1992 e il 1996. Ha continuato, anche in tempi recenti, a guidare la formazione più oscurantista nello scenario politico afghano. Ancora recentemente le sue milizie sono state accusate di rapimenti, stupri e uccisioni di bambine. Nel 2010 il governo di Karzai ha concesso un’amnistia in modo che criminali come lui non potessero mai essere giudicati da un regolare Tribunale Internazionale.

Quando nel 2011 le truppe USA-NATO hanno occupato il paese, gli afghani avevano grandi aspettative: al primo posto chiedevano giustizia. Chiedevano che i signori della guerra come Rabbani venissero spediti davanti a un Tribunale a rispondere di un trentennio di crimini inenarrabili. Ma tutto quello che hanno avuto è la loro legittimazione agli occhi della comunità internazionale.

Ora c’è solo rammarico: nei siti afghani si dice che Rabbani è stato ucciso con le sue stesse armi; che la giustizia doveva arrivare con un Tribunale Internazionale e non per mano di altri assassini come lui. Di fronte all’uccisione di un criminale certamente ci si può – anzi ci si deve! – rammaricare di non essere riusciti a processarlo come avrebbe meritato.

Tacere sui crimini compiuti da Rabbani è esserne complici, è non voler vedere la fame di giustizia degli afghani. Continuare sulla strada intrapresa dalle forze USA-NATO, cioè legittimare e lasciare al governo criminali come Rabbani, renderà sempre più intollerabile l’occupazione militare in Afghanistan.

(fonti Vedi anche RAWA 1, RAWA 2 e Human Rights Watch)

La sua storia

Burhanuddin Rabbani, di etnia tagika, è nato nel 1940 a Faizabad, nella provincia del Badakhshan, da un piccolo proprietario terriero. Dopo le scuole superiori ha frequentato l’università a Kabul dove nel 1963 si è laureato in teologia e legge islamica. Nei tre anni successivi ha insegnato ed è poi partito per il Cairo per proseguire gli studi all’università Al-Azhar. Nel 1968 ha ottenuto il dottorato e fatto ritorno in patria.

Membro della confraternita sufi naqshbandi, ha subito molto l’influenza dei Fratelli mussulmani e ha organizzato numerosi centri islamici. Ben presto è emerso come la figura più rappresentativa della shura che dirigeva le attività della Gioventù mussulmana, di cui è diventato anche Presidente, mentre suo vice era Abdul Rasul Sayyaf. Successivamente è stato ammesso alla shura anche Gulbuddin Hekmatyar. Il movimento si proponeva la costituzione di uno Stato islamico. Dopo la destituzione del Re Zahir Shah e l’ascesa al potere di Daoud nel 1973, i gruppi islamici hanno subito la repressione della polizia e Rabbani è stato costretto a lasciare il Paese rifugiandosi in Pakistan. Al loro interno si sono accentuate le divisioni tra la componente moderata e quella estremista, sfociate nell’uscita da Jamiat-e Islami di Hekmatyar, leader dei radicali, che ha fondato il proprio partito, Hezb-e Islami (1976). Dopo l’occupazione sovietica il Jamiat-e Islami e la sua ala militare guidata da Ahmad Shah Massud sono stati tra i protagonisti del jihad nelle province settentrionali del Paese.

Alla caduta del regime di Najibullah (1992), Rabbani è nominato Presidente. Il suo mandato doveva durare quattro mesi ma è stato più volte prorogato, acuendo i contrasti con gli altri gruppi. Dopo la presa del potere da parte dei taliban, Rabbani si è recato in esilio.

Durante la Conferenza di Bonn, un accordo promosso dagli USA e accettato anche dagli esponenti tagiki che partecipavano ai lavori (M. Qasim Fahim Khan, Y. Qanuni e A. Abdullah) ha portato alla nomina a Capo dell’Autorità ad interim del governo Karzai.

Rabbani è stato tra i promotori della costituzione del Fronte Nazionale Unito (aprile 2007), di cui è stato nominato Presidente per i primi sei mesi. Nel settembre 2005 è stato eletto alla Wolesi Jirga alla guida della Commissione legislativa.

Qanuni Yunus

Younus Qanuni è nato il 10 maggio 1957 nella valle del Panshir.

  • Segretario del Comitato per l’Istruzione nel 1981,
  • Rappresentante di Massoud in Pakistan 1982-1988,
  • Vicepresidente del comitato per gli affari culturali del consiglio di Shura i Nezar nel 1989,
  • Capo politico del Consiglio generale dei comandanti jihadisti per conto di Massoud nel 1991
  • Vice Ministro della Difesa all’inizio del 1990,
  • Ministro dell’interno nel governo ad interim nel 2001,
  • Ministro dell’istruzione nel governo ad interim nel 2002,
  • Membro Parlamentare della Wolesi Jirga 2005 a Kabul,
  • Presidente della Wolesi Jirga a fine 2005,
  • Rieletto parlamentare della Wolesi Jirga nel 2010 a Kabul,
  • Primo vicepresidente del governo Karzai dal marzo al settembre 2014

Cosa si dice di lui
Nel 1993 Y. Qanuni è stato portavoce del gruppo militante “Shura-e Nazar” o meglio conosciuto come “Jamiat-i-Islami” ed è stato spesso coinvolto nei processi decisionali del gruppo militante Jamiat che era impegnato in una guerra tra fazioni mujaheddin rivali durante la guerra civile afgana in corso negli anni Novanta. Si dice che abbia assistito senza opporsi al massacro di Afshar, operazione che ha coinvolto la fazione di cui Qanuni era portavoce e decisore.

L’operazione è stata organizzata da A. Massoud e B. Rabbani con forze governative dello Stato Islamico dell’Afghanistan in collusione con le forze Ittehad-i-Islami di A. Sayyaf contro Hezb-i-Islami sotto il comando di Hekmatyar. L’operazione è iniziata con l’attacco del quartier generale sciita Hezb-i-Wahdat a Kabul.

Secondo i rapporti di Human Rights Watch durante la “campagna” il partito Jamiat-i-Islami, in collusione con la fazione armata di Sayyaf, venne direttamente coinvolto, nell’operazione e nelle sue conseguenze. I soldati Wahdat e i cittadini Hazara maschi vennero arrestati e giustiziati. I civili Hazara che erano disarmati sono stati presi di mira da entrambe le fazioni, con gli uomini oggetto di esecuzioni extragiudiziali. Altri uomini Hazara furono rapiti e costretti a scavare trincee e seppellire i morti. I testimoni sopravvissuti all’indomani dell’operazione hanno dichiarato di aver visto corpi con evidenti segni di tortura e mutilazioni.

Gli stupri di donne Hazara sono stati ampiamente riportati nel rapporto di Human Rights Watch sull’incidente. Sono state recuperate riprese video che mostrano vittime civili dell’operazione, donne macellate per le strade e cadaveri di donne e bambini Hazara mutilati. 70-80 furono uccisi direttamente nelle strade all’indomani dei combattimenti, mentre oltre 750 scomparvero.

Il ruolo di Qanuni non è chiaro nei massacri, anche se ciò che è chiaro è che è rimasto a guardare mentre questi stavano avvenendo e ha permesso che accadessero (fonte Rawa).
Anche in un Report di Human Rights Watch si documenta che: le forze Jamiat nel 1992 e 1993 abbiano intenzionalmente preso di mira civili e aree civili nella parte occidentale di Kabul per attaccare, o che abbiano attaccato indiscriminatamente tali aree senza distinguere tra aree civili e obiettivi militari.
Inoltre, i comandanti Jamiat sono stati in alcuni casi responsabili degli abusi commessi durante la campagna di Afshar dalle truppe alleate di Ittihad ed è in ogni caso dimostrato che avevano de facto il comando su tali truppe. Tutti questi presunti abusi equivalgono a crimini di guerra (fonte Human Rights watch).

La sua storia
Yunus Qanuni, di etnia tagika, è nato nel 1957 nel villaggio di Rokha, nella valle del Panshir. Nel 1981, dopo la laurea in diritto islamico all’Università di Kabul, si è unito alla resistenza contro le forze sovietiche aderendo al partito Jamiat-e-Islami diretto da Burhanuddin Rabbani.

Nel 1985 Amhad Shah Massud ha costituito lo Shura-e Nazar (Consiglio dei Comandanti) e ha scelto Qanuni come direttore dell’ufficio politico di Peshawar e portavoce del Consiglio, carica che ha conservato anche sotto il governo Rabbani insediatosi nel 1992. Nel 1993 Rabbani, per venire incontro alle richieste di Pakistan, Iran e Arabia Saudita, e creare le condizioni per la collaborazione con Gulbuddin Hekmatyar (leader di Hezb-e Islami), ha accettato gli Accordi di Peshawar e sacrificato Massud, rimuovendolo dall’incarico di Ministro della difesa.

Dopo la conquista del potere da parte dei taliban, ha svolto un ruolo attivo nei negoziati tra i vari movimenti di opposizione per trovare una strategia comune di lotta al regime diretto dal mullah Omar. Nel mese di ottobre 1996 ha collaborato, sotto la guida del Comandante Massud, alla costituzione del Consiglio Supremo per la Difesa della Patria, con capitale a Mazar-e Sharif, e, l’anno successivo, alla formazione del Fronte Islamico Unito per la Salvezza dell’Afghanistan, meglio conosciuto come Alleanza del Nord, di cui è diventato presidente alla scomparsa di Massud.

Nel dicembre 2001, dopo l’Accordo di Bonn, è stato nominato Ministro dell’interno, conservando l’incarico solo sino al giugno del 2002 quando gli è stata affidata la guida del dicastero dell’istruzione. Nel 2003 è accusato, insieme ad altre eminenti personalità, di essersi appropriato di terreni edificabili nella capitale ma si è difeso dalle accuse affermando che gli erano stati regalati.

Nell’ottobre del 2004 si è candidato alle elezioni presidenziali ottenendo il 16,3 % dei voti, secondo dietro a Karzai. Nel mese di settembre 2005 è stato eletto deputato della Wolesi Jirga per la provincia di Kabul e il 21 dicembre successivo è stato nominato Presidente della Camera. Nell’aprile 2007 è stato tra i principali promotori della formazione del Fronte Nazionale Unito (Jabhe-ye-Motahed-e-Milli), al quale hanno aderito personalità dell’ex Alleanza del Nord, ex comunisti, leader locali e appartenenti a famiglie che hanno svolto un ruolo importante nella storia del Paese, quali Mustafa Zahir, nipote dell’ex Re Zahir Shah.

Nel marzo del 2014 è stato nominato primo Vice Presidente. La Wolesi Jirga o camera bassa del Palamento dette la sua approvazione affinché Qanuni prendesse il posto di Qasim Fahim deceduto per malattia. (fonte Argoriente).

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Nell’agosto 2021, mentre i talebani stavano conquistando Kabul, Qanuni si trovava in Pakistan con una delegazione afghana per, come ha affermato lo stesso Qanuni in un’intervista al quotidiano di proprietà della famiglia reali saudita Asharq al-Awsat, “per chiedere al Pakistan di esercitare la sua influenza sui talebani per evitare spargimenti di sangue, violenze e attacchi nelle aree non ancora controllate dal gruppo”. Dopo quell’intervista non si hanno sue notizie.