LA VIOLENZA CONTRO LE DONNE TRA STORIE, DIRITTI E CULTURE
4 Ottobre 2024
Il 4 e 5 ottobre si terrà la conferenza di Bruxelles sull’Afghanistan organizzata dall’Unione Europea e dal Governo afghano con la partecipazione di 70 paesi donatori e 30 organizzazioni internazionali. In continuità con quello di Londra del 2014 e quello di Tokyo del 2012, l’incontro si svolgerà in stretto paternariato con la comunità internazionale e all’insegna dei “significativi progressi compiuti dal popolo afghano in numerosi ambiti…”.
I dati però rappresentano un quadro tutt’altro che positivo. L’Afghanistan è un paese ancora in guerra e sotto occupazione, sono nove le basi militari permanenti NATO/USA insediate finora sul territorio con il beneplacito del Governo di Kabul. Le Nazioni Unite affermano che dall’inizio del conflitto 111.442 persone sono morte e 116.603 sono state ferite. E la responsabilità di queste cifre drammatiche non si può imputare solo alle rappresaglie da parte delle milizie talebane né agli “errori” degli attacchi aerei occidentali, ma anche agli attentati suicidi di Daesh (Isil-k), la cui presenza è stata formalmente riconosciuta dagli Stati Uniti lo scorso anno, e alle sanguinose lotte interne tra i vari signori della guerra afghani.
Le stime di Unhcr parlano chiaro: il trend che disegna la fuga dalla guerra è ascendente dal 1978, data che segna l’inizio dell’occupazione sovietica. Oggi, l’Afghanistan è il secondo paese al mondo dopo la Siria per numero di rifugiati e sfollati.
Sul fronte dei diritti di base, lo strumento principale per misurare il benessere e la qualità della vita, l’indice di sviluppo umano (HDI) 2014 di UNDP ha classificato l’Afghanistan al 171mo posto tra i Paesi con le performances peggiori. Le promesse del presidente Ghani su sanità, istruzione, lavoro sono rimaste pura demagogia. Nel suo ultimo rapporto, UNIFEM ha dichiarato che solo il Ministero degli Affari Femminili afghano ha registrato più di 4.000 casi di violenza contro le donne nei primi nove mesi del 2015. Dato che,come ammette l’Agenzia stessa, è
approssimativo e sottostimato a causa dell’insicurezza, della debolezza del Governo e dell’inefficacia del sistema legale rispetto alle pratiche consuetudinarie che scoraggiano le donne e le vittime di abusi a sporgere denuncia.
L’Afghanistan’s National Action Plan (NAP) on Women, Peace and Security avrebbe dovuto essere ulteriormente sviluppato con un preciso piano di attuazione entro la fine del 2015 per
diventare operativo nella prima metà del 2016. Ma ancora oggi, tutto rimane un insieme di buoni propositi senza alcun riscontro effettivo.
Questa condizione del Paese impone un serio ripensamento del modo in cui finora sono state utilizzate le risorse impegnate dalla comunità internazionale in Afghanistan. Negli ultimi quattordici anni sono stati spesi più di mille miliardi di dollari. Mediamente il 90% di queste risorse sono andate a sostenere l’intervento militare e solo il 10% è stato impiegato in progetti di cooperazione allo sviluppo. A nulla è valso l’appello lanciato in occasione della Conferenza di
Tokyo del 2012 affinchè almeno il 30% dei fondi fosse investito in interventi di cooperazione civile, così come inutili si sono rivelati i vincoli alla riduzione della corruzione che si era dichiarato di voler
imporre per l’erogazione dei fondi stanziati. Nel recente Summit della NATO a Varsavia (luglio
2016) si è stabilito che saranno erogati 4.5 miliardi di dollari l’anno, fino al 2020, per il sostegno de l’Afghan Security Force. E l’Italia si è resa disponibile ad esser ancora uno dei Paesi Leader in questo processo di ricostruzione.
In virtù di questo impegno chiediamo ai nostri parlamentari e all’Europa di seguire con attenzione l’incontro di Bruxelles.
L’85% della produzione mondiale di eroina proviene dall’Afghanistan. Secondo la denuncia di Transparency International, l’Afghanistan è uno dei paesi più corrotti al mondo e sta precipitando verso una crisi politica devastante che sancisce irrimediabilmente il fallimento fattivo della Transizione a guida internazionale. L’ulteriore stanziamento di aiuti non può non essere accompagnato da efficaci misure antifrode e anticorruzione.
Per queste ragioni, facciamo appello al nostro Governo e ai Governi dell’Unione Europea per:
In Afghanistan è ormai tristemente noto che molte persone denunciate da organismi indipendenti come HRW o Amnesty International per crimini di guerra e crimini contro l’umanità ricoprono incarichi istituzionali. Finchè non cesserà il sostegno a Parlamentari ed esponenti del Governo corrotti non sarà possibile la ricostruzione di un paese democratico e pacifico che la comunità internazionale dichiara di voler promuovere.
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