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Attivisti e difensori dei diritti umani egiziani seguiti e spiati a Roma

Pubblicazione: 25 Maggio 2017

Come associazione aderente alla rete “In Difesa Di – per i diritti  umani e chi li difende” esprimiamo la nostra massima solidarietà agli attivisti egiziani che a Roma sono stati oggetto di sorveglianza e diffamazione da parte di agenti di sicurezza e giornalisti filo-governativi egiziani.  Il nostro Governo e le istituzioni competenti devono chiedere conto al Cairo di quanto accaduto affinchè un simile episodio non si ripeta più e soprattutto per scongiurare ulteriori ritorsioni sulle persone colpite per le quali siamo sinceramente preoccupate.

Il 20 e 21 maggio si è tenuta a Roma una riunione di lavoro organizzata da Euromed Rights, un’autorevole rete euro-mediterranea per i diritti che riunisce 70 organizzazioni di società civile europee, del Maghreb e del Mashrek, impegnata per rafforzare il ruolo della società civile e promuovere i diritti umani nell’ambito della Partnership euro-mediterranea e della Politica europea di vicinato.

Il workshop era dedicato alle opportunità di cooperazione nella regione euro-mediterranea, riguardo la situazione dei diritti umani, civili, politici, economici, sociali e culturali nella regione e dunque anche in Egitto.

Erano presenti accademici, ricercatori e rappresentanti di organizzazioni di società civile impegnate sui diritti umani di Italia, Danimarca, Tunisia, Palestina, Germania e Belgio, fra i quali alcune figure autorevoli come Kamel Jendoubi, presidente onorario di EuroMed RightsBahey el-Din Hassan, direttore del Cairo Institute for Human Rights StudiesMarc Schade-Poulsen, direttore esecutivo di EuroMed Rights; l’avvocato Khaled Ali; l’accademico in scienze politiche Amr HamzawyMohamed Zaree, avvocato dei diritti umani e presidente della Arab Organisation for Criminal ReformAhmed Samih, direttore esecutivo dell’Andalus Institute for Tolerance and Anti-Violence StudiesNancy Okail, direttore esecutivo del Tahrir Institute for Middle East Policy; e Moataz El Fegiery, Coordinatore di Front Line Defenders MENA Protection.

La riunione era parte del programma di lavoro interno di Euromed Rights e non era stata dunque pubblicizzata se non fra le persone che vi hanno preso parte.

 

Al suo arrivo a Fiumicino un partecipante ha trovato una persona qualificatasi come giornalista egiziano ad aspettarlo, il quale ha insistito pesantemente per accompagnarlo in albergo. Di fronte al cortese rifiuto oppostogli, il sedicente giornalista è riuscito a interloquire con il tassista, riuscendo forse così ad avere l’indirizzo dell’hotel dove la persona era diretta.

Il sedicente giornalista accompagnato da un fotografo e da un’altra persona hanno poi raggiunto l’albergo dove era in corso la riunione, convincendo con una bugia la reception a mostrare la lista dei partecipanti, stazionando per ore nella lobby e nei bar adiacenti, seguendoli nei loro movimenti dentro e fuori l’albergo, riuscendo così a prendere foto dei partecipanti e introducendosi nella sala della riunione.

Il 22 maggio articoli diffamatori sono apparsi su numerosi quotidiani egiziani, accompagnati dalle foto prese a Roma. Accusano fra l’altro i partecipanti egiziani di aver preso parte a un incontro teso a “pianificare uno stato di caos e di instabilità in Egitto nel prossimo periodo, prima delle elezioni presidenziali“.

Sono menzogne gravi, che in Egitto possono costare la libertà, se non peggio. Amnesty International Italia, ArciArticolo 21 e Un ponte per… sono preoccupate per gli attivisti e i difensori dei diritti umani egiziani, cui esprimono vicinanza e solidarietà, mentre gli attacchi contro di loro proseguono: agenti di sicurezza e giornalisti filo-governativi hanno pesantemente insultato e minacciato su Facebook Nancy Okail (accademica e direttore del Tahir Institute for Middle East Policy) per aver denunciato i fatti di Roma. La mattina del 23 maggio uno dei partecipanti sarebbe stato convocato al Cairo per interrogatori.

È necessario che il governo italiano e tutte le istituzioni competenti intervengano presso le autorità egiziane per chieder loro conto di quanto accaduto in territorio italiano e pretendere che episodi del genere non si ripetano più. L’Italia deve essere un paese sicuro per gli attivisti e i difensori dei diritti umani egiziani.

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