4 Ottobre 2024
Le restrizioni alle donne peggiorano un sistema già fragile
Nel 2022, il 95% della popolazione non ha avuto abbastanza cibo per nutrirsi. Si prevede che nel 2023, oltre 3 milioni di bambini e bambine e 840.000 donne incinte e madri che allattano soffriranno di malnutrizione acuta. Basterebbero questi dati per immaginare quali possono essere le condizioni di salute degli afghani. Ma la malnutrizione si innesta in una situazione sanitaria estremamente fragile e i dati sono spaventosi:
- la tubercolosi provoca circa 13.000 morti ogni anno;
- nel 2022 si sono registrati 78.441 casi di morbillo, più del doppio rispetto al 2022, con 394 decessi;
- a metà del 2022 si è diffusa una grave epidemia di colera che nel 55,4% dei casi ha riguardato bambini con meno di 5 anni;
- sono stati registrati 208.771 casi di Covid-19 con circa 8.000 decessi, cifre che l’OMS valuta in difetto a causa della limitata attività di tracciamento e diagnosi;
- negli ultimi anni i talebani hanno reso impraticabile la vaccinazione contro la poliomielite in ogni territorio che occupavano, mettendo a rischio di infezione fino a tre milioni di bambini;
- l’Afghanistan ha uno dei più alti tassi di mortalità infantile del mondo con 638 morti ogni 100.000 nati vivi (dati 2017, gli ultimi disponibili).
Alle malattie vanno aggiunte le migliaia di feriti per attentati, scontri armati e disastri naturali. Il sistema sanitario pubblico afgano è sottofinanziato, a corto di personale e disfunzionale, mentre quello privato, per via degli alti costi, risulta proibitivo per la maggior parte della popolazione.
Fino all’agosto 2021, il progetto Sehatmandi, finanziato dalla Banca Mondiale, ha sostenuto circa i due terzi di tutte le strutture pubbliche. Con la sospensione dei finanziamenti il sistema è collassato e gli operatori sanitari hanno smesso di ricevere gli stipendi: “Questo è avvenuto” si legge nel report 2023 di Medici Senza Frontiere “dopo che molti non erano stati pagati per mesi a causa di un mix di fondi insufficienti e cattiva gestione, compreso l’uso improprio dei fondi stessi”.
Nel giugno 2022, Unicef, Banca mondiale e OMS hanno concordato un finanziamento di 333 milioni di dollari per la fornitura di servizi sanitari emergenziali, ma permangono preoccupazioni sulla gestione di questi fondi.
Di fatto, le organizzazioni umanitarie, come Medici Senza Frontiere, Croce Rossa Internazionale, Emergency e le agenzie dell’ONU, sostituiscono da anni il sistema sanitario pubblico.
La cronica carenza di personale sanitario qualificato si è acutizzata dopo il ritorno dei talebani a causa delle restrizioni imposte alle donne, la cui presenza tra gli operatori sanitari era molto elevata. Per lo stesso motivo, la maggior parte delle entità che sostengono le persone con disabilità ha chiuso o ridotto i propri servizi.
Se è molto complesso e costoso per tutti gli afghani che vivono nelle zone rurali raggiungere i presidi sanitari, per le donne, a causa delle limitazioni imposte agli spostamenti, è diventata un’impresa quasi impossibile. Di conseguenza la salute di donne e bambini è ulteriormente compromessa.
Come segnalato nel rapporto dell’Human Rights Council dell’ONU del giugno 2023, le donne devono abitualmente partorire senza assistenza professionale o incorrere in debiti significativi per partorire presso strutture sanitarie private. Alle donne che cercano di entrare da sole nelle farmacie è stato negato l’accesso.
Altra piaga è il disagio mentale: contrariamente alle affermazioni dei talebani secondo cui i suicidi sono diminuiti e la salute mentale è migliorata dall’agosto 2021, le segnalazioni di depressione e suicidio sono diffuse, soprattutto tra le ragazze adolescenti a cui è stato impedito di proseguire gli studi.
Ma si sta verificando un altro grave sopruso nei confronti delle donne, come segnala il Rapporto annuale dell’Alto Commissario ONU per i Diritti Umani: i funzionari del Ministero per la virtù e la prevenzione del vizio effettuano controlli presso le strutture mediche per verificare che medici maschi non stiano curando donne. Un veto che corrisponde, di fatto, a una condanna a morte visti gli ostacoli posti all’attività dei medici donna, il cui numero verrà ulteriormente ridotto in futuro a causa del divieto di accesso all’università per le donne.
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