La storia ritorna indietro. La voce di Rawa.
È il 1977, quando un gruppo di giovani donne, sotto la guida di Meena Keshwar Kamal, uccisa dieci anni dopo, nell’87, fonda a Kabul, Rawa, l’Associazione Rivoluzionaria delle donne afghane. Da allora, queste donne, le loro figlie e le loro nipoti, che si sono passate il testimone nel corso degli anni, non hanno mai smesso di lottare per i diritti delle donne e per la democrazia. Una lotta non violenta, una resistenza tenace, coraggiosa e intelligente, che lavora in ogni angolo del paese, anche in quelli più oppressi dalla brutalità e dall’ignoranza.
Hanno aperto spazi nel fanatismo più oscuro, hanno dato speranze, istruzione, possibilità e coraggio, dove tutte le porte sembravano chiuse. Un manipolo di circa mille militanti che spesso, per motivi di sicurezza, non si conoscono tra loro. Lavorano in clandestinità e lavorano con la gente. La loro difesa è il consenso delle persone che sostengono e per le quali costruiscono progetti. Progetti che aiutano nella vita concreta di ogni giorno, con il lavoro, l’istruzione, la costruzione del futuro, ma nello stesso tempo, progetti politici, che danno strumenti per la consapevolezza dei propri diritti e armi per ottenerli.
Queste donne hanno visto passare sulla loro pelle tutte le fasi della Storia afghana degli ultimi 50 anni. Tutte disastrose per le donne e per chi crede nella giustizia. Non si sono mai perse d’animo, adattandosi, ingegnandosi, penetrando profondamente nel territorio, rischiando ogni giorno e portando avanti la piccola grande luce delle loro idee di libertà.
Abbiamo chiesto a Nafas, una di loro, di aiutarci a decifrare il confuso presente afghano e il suo incerto futuro.
Cosa vogliono ottenere, secondo te, Talebani e Daesh con questa escalation di violenza nel paese?
I talebani hanno molto da guadagnare dall’escalation della guerra, così come i loro mecenati dell’esercito pakistano e i militanti islamisti. Per oltre cinque decenni, in Afghanistan, il Pakistan e gli Stati Uniti hanno creato, nutrito e finanziato congiuntamente vari gruppi fondamentalisti islamici, compresi i talebani e Daesh. Ora che gli Stati Uniti promettono di ritirare i soldati e sembrano liberare alcune delle loro basi militari, i talebani e il Pakistan si danno da fare per riempire questo spazio. Un maggiore controllo territoriale consente ai talebani di ottenere più concessioni durante i negoziati, e quindi una maggiore influenza politica per il Pakistan rispetto ai suoi rivali nella regione.
Dopo questi ‘accordi di pace’, in corso ormai da molti mesi, il governo del paese tornerà nelle mani dei Talebani direttamente o indirettamente?
No, non credo che succederà. Non è prerogativa della strategia degli Stati Uniti, lasciare che il potere politico sia detenuto solo dai talebani o da qualsiasi altra singola fazione. Per gli Stati Uniti, una nazione divisa, un governo precario e una situazione instabile in Afghanistan sono l’opzione migliore. I talebani sono già presenti nel governo afghano e ovviamente cercano di ottenere una quota maggiore di potere e di controllo dai negoziati di pace.
Un maggiore controllo dei talebani sul territorio potrebbe essere utile agli Usa?
Sì, agli Stati Uniti non importa se i terroristi continuano a versare il sangue di civili innocenti. Ciò che conta per loro è fare un accordo con i “religio-fascisti” che danno al governo degli Stati Uniti un vantaggio competitivo sui suoi rivali economici e militari nella regione, come Pakistan, Russia, Iran ecc. Si accordano con loro e si preparano ad usare le loro pedine talebane. E questo permette anche di mantenere l’occupazione in l’Afghanistan a un costo minimo.
Per il futuro dell’Afghanistan, cambierà qualcosa con l’Amministrazione Biden?
No, non cambierà nulla in Afghanistan. Sono gli oligarchi di Wall Street e i “superhawk” più paranoici del Pentagono a orchestrare le politiche egemoniche degli Stati Uniti, indipendentemente dall’amministrazione che è alla Casa Bianca. Otto anni di amministrazione Obama-Biden sono stati il periodo con il tasso di mortalità di civili più alto da quando gli Stati Uniti hanno invaso l’Afghanistan nell’ottobre 2001.
Qual è la reazione dei warlords, i jihadisti al potere in molte province e presenti al Governo, agli ‘accordi di pace’ tra Usa e talebani e tra Governo e talebani? Cosa c’è all’orizzonte, un conflitto o un accordo?
I talebani e i jihadisti (mujahideen), sono fratelli religiosi, criminali sostenuti e finanziati dagli Stati Uniti, e condividono un’ideologia comune. Un accordo, imposto dallo sponsor di entrambe, non sarebbe difficile tra loro. Il ridicolo negoziato di Doha, sotto la direzione di Usa e Arabia Saudita, non si evolverà in un accordo di pace. Aprirà invece una nuova stagione di maggiore miseria, soprattutto per le donne che vivono già una condizione di forte oppressione. Immaginare talebani e warlords insieme, è un vero incubo. Queste bestie selvagge renderebbero la vita molto più oscura e catastrofica per la nostra gente se si scatenassero insieme.
Quindi potrebbero accordarsi dividendosi il paese….
In parte è già così. Se i talebani si uniranno ai loro fratelli religiosi nel Governo, le tristi conseguenze in ogni settore della società, sono abbastanza prevedibili. Non sarà una sorpresa per noi. Tutti gli afgani hanno fresco nella memoria il regno talebano del terrore. Come i mujahedeen, i talebani potrebbero cercare di mascherare la loro brutta faccia misogina, almeno agli occhi del mondo. In questo sono tutti molto esperti. Il governo afghano ha già iniziato ad accogliere la loro ideologia medievale nelle leggi e nei decreti che emana. E questo avrà implicazioni catastrofiche.
Con questo futuro che si prospetta all’orizzonte, le forze democratiche e i militanti progressisti stanno preparando qualche piano di emergenza per proteggersi?
Le forze laiche e pro-democrazia avranno una sola scelta: resistere a qualsiasi minaccia che impedisca loro di perseguire gli obiettivi per i quali combattono. Le forze progressiste, nel nostro paese, hanno una lunga storia di lotta contro i regimi dispotici, quindi sono completamente preparate per qualsiasi scenario che possa presentarsi. Nel peggiore dei casi, potrebbero entrare in clandestinità.
Come vivono adesso le donne nelle province in mano ai talebani?
Hanno condizioni simili a quelle che avevano durante il governo talebano alla fine degli anni ’90, cioè vengono brutalmente picchiate, fustigate pubblicamente e uccise per aver violato i decreti talebani. Le donne nell’area controllata dai talebani sono private di tutti i diritti: lavoro, visibilità, opportunità di istruzione, voce, assistenza sanitaria e mobilità.
Che cosa prevedi che accadrà nel futuro dell’Afghanistan?
Dal momento in cui gli Stati Uniti hanno invaso il nostro paese, abbiamo assistito a una progressiva tendenza al rialzo della violenza, della corruzione, della produzione di droga, della povertà e delle migrazioni interne di sfollati, una tendenza che continuerà finché l’Afghanistan rimarrà sotto l’occupazione statunitense. Siamo fermamente convinte che una società pacifica basata sulla democrazia e la giustizia sociale non si potrà mai affermare in un paese sotto l’occupazione statunitense e dove il governo è sostenuto da stati reazionari come Iran, Pakistan, Arabia Saudita e Qatar.
Cristiana Cella, giornalista, scrittrice, sceneggiatrice. Segue le vicende afghane dal 1980, quando entrò clandestinamente a Kabul, vietata ai giornalisti, per documentare la resistenza della città contro l’invasione russa. Dal 2009 fa parte del Direttivo dell’Associazione Cisda (Coordinamento Italiano Sostegno donne afghane), ha partecipato a diverse delegazioni in Afghanistan. Ha pubblicato un libro: ‘Sotto un cielo di stoffa. Avvocate a Kabul’, edito da Città del Sole Edizioni.