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Autore: Patrizia Fabbri

Staffetta Femminista – Feministische Staffel

CISDA ha tessuto in oltre vent’anni di lavoro fra Italia e Afghanistan, una preziosa rete di relazioni per il sostegno alle attiviste locali e ai loro progetti di aiuto alle donne che fuggono dalla violenza patriarcale e dal fondamentalismo religioso.

Volontarie, operatrici impegnate nella lotta alla violenza contro le donne e nel supporto alle donne migranti in Italia, attiviste per i diritti umani, hanno deciso di sostenere questo impegno, lanciando l’iniziativa Staffetta Femminista Italia – Afghanistan.

Cos’è Staffetta Femminista

7.000 chilometri e tante trappole mortali nel passaggio delle frontiere, separano l’Italia dall’Afghanistan: affiancando l’azione che CISDA svolge da anni, Staffetta Femminista li percorre idealmente per combattere gli stereotipi e la sottocultura sessista e patriarcale nella sua dimensione transnazionale.

Attiviste per i diritti umani, volontarie e operatrici impegnate nella lotta alla violenza di genere e nel supporto alle donne migranti, si uniscono in gruppi aperti al contributo di chiunque si riconosca negli obiettivi comuni.

Passandoci il testimone, di tappa in tappa, costruiamo un ponte di corpi, saperi e pratiche, per unirci alle attiviste afghane delle organizzazioni laiche e progressiste che lottano in gravissime difficoltà contro la guerra, il fondamentalismo e la violenza. Insieme, per abbattere tutte le frontiere costituite da quanto priva le donne del diritto alla vita e alla libertà, e testimoniare che un altro mondo è possibile.

Staffetta Femminista Italia – Afghanistan si unisce al progetto Vite Preziose per sostenere le donne afghane soggette a situazioni violenza. Queste donne ricevono ancora oggi, un aiuto dalle organizzazioni partner di Cisda al fine di concretizzare i loro progetti di vita e uscire dalla schiavitù.

Per avere maggiori informazioni su Staffetta Femminista scrivi a XXXXX MAIL GRUPPO COLONIA

Staffetta Femminista – Feminist Relay Italy – Afghanistan

In over twenty years of work between Italy and Afghanistan, CISDA has woven a precious network of relationships to support local activists and their projects to help women fleeing patriarchal violence and religious fundamentalism.

Volunteers, workers involved in the fight against violence against women and in supporting migrant women in Italy, human rights activists, have decided to support this commitment by launching the Staffetta Femminista Italia – Afghanistan initiative.

What is Staffetta Femminista

7,000 kilometers and many deadly traps in border crossings separate Italy from Afghanistan: alongside the action that CISDA has been carrying out for years, Staffetta Femminista ideally travels them to combat stereotypes and the sexist and patriarchal subculture in its transnational dimension.

Human rights activists, volunteers and workers involved in the fight against gender violence and in supporting migrant women, come together in groups open to the contribution of anyone who identifies with the common objectives.

Passing the baton, from stage to stage, we build a bridge of bodies, knowledge and practices, to join the Afghan activists of secular and progressive organizations who fight in very serious difficulties against war, fundamentalism and violence. Together, to break down all the borders created by what deprives women of the right to life and freedom, and testify that another world is possible.

Staffetta Femminista Italia – Afghanistan joins the Vite Preziose project to support Afghan women subject to violent situations. These women still receive help from Cisda’s partner organizations today in order to realize their life plans and escape slavery.

For more information on Staffetta Femminista write to cisdaets@cisda.it

 

CISDA zur Unterstützung Kurdistans

La storia dell’impegno del CISDA per il Kurdistan ha origine nel gennaio 2015, quando tre esponenti del CISDA si incontrano a Londra con alcune militanti curde della comunità locale. Da quella conversazione, in cui visioni ed esperienze politiche si intrecciano e sempre più chiaramente si rivelano consonanti, nasce il progetto di una delegazione in Kurdistan composta da compagne del CISDA e da giornaliste e altre attiviste, delegazione che si concretizza effettivamente nei primi quindici giorni del marzo 2015.

L’incontro di Londra non era casuale: già da mesi, dall’autunno 2014, il CISDA stava seguendo con attenzione le manifestazioni che si stavano moltiplicando in Afghanistan a sostegno dell’eroica resistenza di Kobane di fronte all’avanzata dell’ISIS.

La delegazione aveva quindi il compito di costruire un ponte tra militanti politici curdi e militanti dei movimenti democratici afghani, con l’obiettivo di sostegno politico vicendevole. Inoltre, si volevano portare aiuti economici all’esausta popolazione curda di Kobane sfollata a Suruç.

Tra il 1° e il 15 marzo 2015, la delegazione organizzata dal CISDA ha quindi consegnato i fondi raccolti in Italia (10.000 euro) suddividendoli tra i seguenti beneficiari:

  • Rojava Solidarity di Suruç, per l’acquisto beni di prima necessità per gli sfollati di Kobane ospitati nei campi profughi della città;
  • Municipalità di Kobane, per la ricostruzione della città;
  • Campo Profughi nei pressi di Diyarbakir, per gli Yazidi sfollati;
  • partito HDP, per attività a favore degli sfollati di Kobane (allestimento e mantenimento campi);
  • Women Peace Initiative Center di Istanbul, per il pagamento delle spese di viaggio delle volontarie che si recano a lavorare tra i profughi di Kobane per periodi che variano da tre a sei mesi;
  • Heyva Sor (Mezza Luna Rossa del Kurdistan).

Il CISDA intende proseguire la cooperazione con queste realtà politiche curde, senza per questo sottrarre attenzione e impegno per le attività delle associazioni che da sempre sostiene in Afghanistan. Terrà quindi aperta la comunicazione e lo scambio con l’UIKI (Ufficio Italiano Informazioni Kurdistan), con la Mezza Luna Rossa del Kurdistan e con le compagne del Movimento di liberazione curdo, continuando anche a raccogliere fondi e organizzando iniziative a favore del Kurdistan.

Questa apertura politica al Kurdistan è non solo condivisa, ma anzi decisamente incoraggiata dai movimenti democratici afgani con i quali collabora il CISDA.

CISDA in support of Kurdistan

The history of CISDA’s commitment to Kurdistan originates in January 2015, when three CISDA representatives met in London with some Kurdish militants from the local community. From that conversation, in which political visions and experiences intertwine and increasingly reveal themselves to be consonant, was born the project of a delegation to Kurdistan made up of CISDA comrades and journalists and other activists, a delegation which actually materializes in the first fifteen days of the March 2015.

The meeting in London was not accidental: for months, since autumn 2014, CISDA had been carefully following the demonstrations that were multiplying in Afghanistan in support of the heroic resistance of Kobane in the face of the advance of ISIS.

The delegation therefore had the task of building a bridge between Kurdish political militants and militants of the Afghan democratic movements, with the aim of mutual political support. Furthermore, they wanted to bring economic aid to the exhausted Kurdish population of Kobane displaced in Suruç.

  • Between 1 and 15 March 2015, the delegation organized by CISDA then delivered the funds collected in Italy (10,000 euros) dividing them among the following beneficiaries:
  • Rojava Solidarity of Suruç, for the purchase of basic necessities for the displaced people of Kobane hosted in the city’s refugee camps;
  • Kobane Municipality, for the reconstruction of the city;
  • Refugee camp near Diyarbakir, for displaced Yazidis;
  • HDP party, for activities in favor of the displaced people of Kobane (setting up and maintaining camps);
  • Women Peace Initiative Center in Istanbul, for the payment of travel expenses of volunteers who go to work among the refugees of Kobane for periods ranging from three to six months;
  • Heyva Sor (Kurdistan Red Crescent).

CISDA intends to continue cooperation with these Kurdish political realities, without detracting attention and commitment from the activities of the associations it has always supported in Afghanistan. It will therefore keep communication and exchange open with the UIKI (Italian Kurdistan Information Office), with the Kurdistan Red Crescent and with the comrades of the Kurdish Liberation Movement, also continuing to raise funds and organizing initiatives in favor of Kurdistan.

This political openness to Kurdistan is not only shared, but indeed decidedly encouraged by the Afghan democratic movements with which CISDA collaborates.

Corsi di Sartoria e Alfabetizzazione: cerimonia per la consegna dei diplomi

Indomabili. È l’aggettivo che immediatamente illumina i nostri pensieri quando il collegamento riesce e sullo schermo dei nostri computer appaiono le donne afghane che CISDA sostiene. Ogni volta è una sorpresa: che sia l’aggiornamento sui progetti che CISDA finanzia o il resoconto di una festa clandestina per l’8 marzo o, come in questo caso, la cerimonia di consegna dei diplomi di fine corso, le guardiamo e le ascoltiamo con un’ammirazione profonda per la forza che mostrano nel voler comunque fare, dire, ascoltare…in una parola “essere”.

E insieme alla forza colpisce la luce dei loro occhi. Occhi che a volte si inumidiscono quando raccontano la clausura alla quale sono sottoposte, ma che nella maggior parte dei casi splendono in sorrisi dolci. Già, perché anche solo potersi ritrovare insieme, poter raccontare le une alle altre una quotidianità fatta di privazioni, alle quali si alternano piccoli gesti di ribellione, è una gioia alla quale nessuna vuole rinunciare perché “quando vengo qui respiro”, come ci disse una ragazza qualche tempo fa.

Ho scritto “piccoli” gesti (come andare comunque al corso di taglio e cucito anche se il marito è contrario), ma in realtà sono vere e proprie sfide quelle che queste donne devono affrontare, per le quali si rischiano frustate o anche di peggio. Eppure, ogni volta sono lì. Indomabili.

E anche questa volta le guardiamo mentre, numerose e sorridenti, si preparano a celebrare la cerimonia di consegna dei diplomi dei corsi di Alfabetizzazione e di Sartoria che vengono tenuti con il sostegno di CISDA. La sala è grande, ma non si vedono finestre perché è in un sotterraneo che le donne, le ragazze e le bambine presenti hanno raggiunto in momenti diversi, rasentano i muri, cercando di non farsi notare. Non ci sono microfoni e non possono parlare a voce molto alta perché, come ci spiegano, i vicini o, peggio ancora, i talebani potrebbero sentire le loro voci e irrompere in questa isola di serenità seminando il terrore.

Nato alcuni anni fa, il progetto Sartoria si prefigge rendere le donne autonome economicamente, lavorando da casa, e prevede l’acquisto delle macchine per cucire nonché la disponibilità di una sarta professionista che insegna i rudimenti del taglio e cucito e come confezionare abiti. Al termine del corso, a chi consegue il diploma, viene assegnata anche una macchina che potrà portarsi a casa.

Come ci hanno raccontato in un precedente collegamento, nel corso non si insegna solo taglio e cucito, ma è un momento di condivisione, dove lo stare insieme rappresenta un momento di libertà irrinunciabile.

La consegna dei diplomi a chi ha terminato il corso si dipana sotto i nostri occhi in una festa dove i discorsi delle ragazze e delle donne si alternano a quelli dell’insegnante; non mancano poesie e una rappresentazione teatrale di un “normale” tentativo di quotidiana prevaricazione da parte di un marito tanto “fannullone” quanto autoritario.

Insieme ai diplomi del corso di Sartoria vengono consegnati anche alcuni diplomi del corso di Alfabetizzazione. Dall’aprile 2022, la scuola è totalmente preclusa alle donne e questi corsi clandestini sono l’unica opportunità loro rimasta. Indimenticabile un’anziana signora che, durante il collegamento di qualche mese fa, raccontava con orgoglio di come avesse imparato a leggere e scrivere con puntigliosa determinazione, nonostante le canzonature del marito.

Quando, dopo oltre un’ora di collegamento, viene il momento di salutare le nostre amiche afghane, le lasciamo portandoci nel cuore un pezzetto della loro forza e del loro indomabile spirito.

Patrizia Fabbri, giornalista, è un’attivista di CISDA.

I russi sono davvero i più “cattivi” di tutti?

Può risultare traumatica per chi ha a cuore il futuro dell’Afghanistan, e soprattutto i diritti e la libertà delle donne afghane, la esplicita affermazione di Putin della necessità di riconoscere che il potere in Afghanistan è in mano ai talebani, asserzione che porta dritto dritto al riconoscimento del governo talebano senza condizioni, dimenticando che quel regime oppressivo e fondamentalista ha cancellato tutti i diritti umani e sta portando solo fame alla popolazione e apartheid di genere alle donne.

Ma questa spregiudicata politica non è nella sostanza diversa da quella che stanno portando avanti,  in modo più velato, tutti gli Stati che sono interessati a entrare nel futuro dell’Afghanistan e della Regione, siano i paesi vicini, siano le grandi e medie potenze mondiali e regionali, nonché i paesi del Medio Oriente.

Infatti in questi ultimi mesi tutti hanno avuto contatti con i talebani, o a Kabul o in Paesi loro sostenitori, in preparazione della 3° Conferenza di Doha organizzata dall’Onu (30 giugno/1 luglio 2024) per fare avanzare la decisione, presa già a dicembre 2023, di far rientrare l’Afghanistan in un circuito di rapporti normalizzati con il resto del mondo per il suo reinserimento nel consesso internazionale.

Contatti finalizzati a convincere i talebani ad accettare l’invito a partecipare direttamente questa volta, considerando la loro presenza indispensabile alla buona riuscita dell’evento, come

Guterrez aveva dichiarato già alla fine della 2° conferenza di Doha, quando nelle sue conclusioni, che prendevano atto del fallimento del convegno dovuto alla mancata partecipazione dei talebani, aveva assicurato che nel futuro avrebbe fatto di tutto per garantire la loro presenza nei futuri incontri internazionale. Mesi ricchi di incontri con i talebani per raccogliere le loro richieste e spianare la strada alla loro partecipazione, e cercare di evitare un’altra occasione mancata.

Le vere intenzioni di tutti

Già a marzo l’India aveva avuto un incontro ufficiale tra suoi alti funzionari e talebani, mentre la Turchia  affermava essere giunto il momento di dare il riconoscimento al governo talebano e assicurava il suo sostegno nella battaglia.

Poi Turkmenistan e Kazakistan si incontravano a Kabul con i talebani mettendo al centro dei colloqui “il rafforzamento e l’espansione delle relazioni bilaterali” (nella foto una delegazione di talebani in Kazakhistan nell’agosto 2023).

A maggio si sono intensificati gli incontri dichiaratamente dedicati. La Francia mandava a Doha un suo incaricato d’affari per incontrare un rappresentante talebano, così come facevano Uzbekistan e Canada.

Intanto l’inviato speciale degli Stati Uniti per l’Afghanistan incontrava i rappresentanti degli Emirati arabi uniti per valutare “i punti di vista comuni” sull’incontro di Doha, così come faceva l’Ue mandando il suo rappresentante prima a un incontro con il Qatar, che intanto chiedeva ufficialmente ai talebani di partecipare alla Conferenza, poi direttamente con i talebani.

Ancora più esplicitamente, l’Onu mandava una delegazione a Kabul per sentire le esigenze dei talebani per poter “evidenziare le priorità dell’Afghanistan all’Assemblea generale delle Nazioni Unite”; l’Unama si incontrava con l’Iran per definire un comune impegno con il governo talebano in vista della Conferenza; un rappresentante delle Nazioni Unite discuteva con il ministro degli Esteri talebano l’odg e la composizione dell’incontro di Doha; infine il vicesegretario delle NU si recava a Kabul per discutere della nomina del rappresentante speciale delle NU per l’Afghanistan, obiettivo principale dell’Onu sempre avversato dai talebani. E altri ancora si avvicenderanno…

Tutti gli attori in campo testimoniano la ragionevolezza del dialogo con i talebani padroni di Kabul e stanno concordando direttamente con loro l’Odg della Conferenza di Doha

Del resto anche il Portavoce del Segretario generale delle NU Dujarric,  forse credendo di dare una banale convincente spiegazione, ha affermato: “Continuiamo il nostro attuale impegno con gli attuali governanti dell’Afghanistan perché sono loro i governanti dell’Afghanistan”…quindi perché scandalizzarsi delle dichiarazioni russe che non fanno altro che rendere esplicite le intenzioni di tutti?

Che cosa viene offerto ai talebani in cambio della loro partecipazione?

I talebani chiedono il rispetto di sei condizioni per la loro partecipazione: un seggio alle Nazioni Unite; che l’ONU ritiri la nomina di un rappresentante speciale per l’Afghanistan; che l’ordine del giorno e la composizione del terzo incontro di Doha siano discussi con loro; che questioni come l’istruzione e l’occupazione femminile e la formazione di un governo inclusivo non siano all’ordine del giorno. Vogliono che ci si concentri solo sullo sradicamento della droga e la lotta contro i gruppi armati, in particolare l’Isis.

Quindi non si parla più di donne e diritti umani, né come punto dell’ordine del giorno, né come partecipazione di rappresentanti di donne e movimenti all’incontro, con la protesta, almeno per ora, solo di HRW e donne attiviste che invitano a boicottare l’incontro.

Del resto, e in sovrappiù, non sono stati invitati neppure rappresentanti della società civile né di altre possibili forze alternative, a smentire lo sbandierato invito ai talebani di fare un governo inclusivo di tutte le etnie e forze politiche.

I talebani, invitati stavolta con tutti gli onori dei capi di stato, hanno affermato che pensano di essere presenti, visto che l’ordine del giorno mostra cambiamenti positivi, concentrato su questioni finanziarie e bancarie, controllo della droga, mezzi di sussistenza alternativi per gli agricoltori, sviluppo del settore privato e cambiamento climatico

Le contraddizioni dell’Onu

È evidente l’ansia di Stati Uniti e Unione europea di ripristinare anche ufficialmente, e non solo attraverso gli aiuti umanitari, i buoni rapporti politici con l’Afghanistan che aprano la strada agli appetitosi rapporti economici che le ricchezze del paese promettono e da cui temono di essere tagliati fuori a favore di Cina, Russia e piccole e grandi potenze locali che non hanno la preoccupazione di salvarsi la faccia come paesi che difendono la democrazia e i diritti umani.

A fare da battistrada c’è l’Onu, che da un lato sbandiera la sua vocazione a difendere i diritti dei popoli e delle donne oppresse con bellissimi Rapporti e dichiarazioni dei suoi Organismi deputati alla difesa dei diritti umani e al controllo del loro rispetto da parte degli Stati, accusando il regime afghano di apartheid di genere, dall’altro organizza questa grande platea di Doha per dare rispettabilità al governo talebano, finora definito de facto ma con la fretta di farlo diventate di diritto attraverso una “ normalizzazione” dei rapporti che possa funzionare come un riconoscimento anche senza una dichiarazione ufficiale.

Beatrice Biliato è un’attivista di CISDA.