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Autore: Patrizia Fabbri

Shùlai, Il movimento maoista afghano raccontato dai suoi militanti (1965-2011)

SHÙLAI, Il movimento maoista afghanoLa storia del movimento maoista afgano Shùlai, promotore delle rivolte studentesche, contadine e operaie che hanno caratterizzato il ‘Sessantotto afgano’ e i primi anni ’70, organizzatore di insurrezioni contro il regime filosovietico alla fine degli anni ’70, protagonista di un’autonoma lotta armata partigiana contro l’invasore sovietico e le milizie fondamentaliste finanziate dagli Stati Uniti.
È ancora oggi impegnato in una lotta politica clandestina contro l’occupazione Nato e il fondamentalismo, sia quello talebano, sia quello dei signori della guerra tornati al potere con Karzai e con il sostegno di Washington.

Shùlai, Il movimento maoista afghano raccontato dai suoi militanti (1965-2011)

di Enrico Piovesana

Città dl Sole Edizioni, 2012, pp. 104

2012 – Arrivo in Italia dell’attivista per i diritti umani Selay Ghaffar

Selay Ghaffar, attivista afghana per i diritti umani sarà in Italia dal 28/9 al 14/10/2012

Selay Ghaffar, attivista per i diritti umani e direttrice di una delle organizzazioni non governative afghane più accreditate del paese: Hawca-Humanitarian Assistence for Women and Children of Afghanistan (vedi www.hawca.org), sarà in Italia dal 28 settembre al 14 ottobre per prendere parte a una serie di eventi organizzati sul territorio nazionale da associazioni che operano nell’ambito della cooperazione internazionale sui temi della giustizia sociale e a favore dei diritti delle donne.

L’Associazione afghana Hawca gestisce la ‘casa protetta’ o ‘shelter’ di Kabul e i Centri di Aiuto Legale di Kabul, Herat e Jallalabad fornendo protezione e assistenza alle vittime di violenza. Hawca porta avanti progetti con molte organizzazioni umanitarie internazionali, anche delle Nazioni Unite. Collabora, in Italia, con il MAE (Ministero degli Affari Esteri), Aidos (Associazione Donne per lo Sviluppo), ICS (Istituto per la Cooperazione e lo Sviluppo) di Alessandria, il CISDA (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane) e altri.

Selay Ghaffar, è anche stata una delle due rappresentanti della società civile selezionate per intervenire alla conferenza di Bonn del dicembre 2011 che ha visto riunita la diplomazia internazionale per parlare di Afghanistan.

Il tour italiano di Selay Ghaffar la vedrà come speaker della sessione conclusiva del Coordinamento Nazionale del CISDA a Milano il giorno 30 settembre a partire dalle ore 14 presso la Fattoria didattica del Parco Trotter in Via Padova 69; a Firenze il 3 di ottobre al Festival Internazionale Costante Cambiamento organizzato dal COSPE così come a Bologna il 12 ottobre alla Terra di tutti i Film Festival. Selay Ghaffar infine incontrerà a Roma l’On. Staffan De Mistura per testimoniare nel pur critico contesto afghano, il costante impegno per lo sviluppo dei centri Legali di assistenza alle donne.

2012 – Sospeso il partito democratico afghano Hambastagi

Il Ministero della Giustizia afghano ha reso nota la sospensione del Partito della Solidarietà Hambastagi e l’avvio da parte dei Servizi Segreti e del Ministero degli Interni di indagini per un’eventuale denuncia legale nei confronti dei suoi esponenti accusati di aver insultato la “Jehad”.

Il 30 aprile scorso, nel ventesimo anniversario della presa del potere di Kabul da parte delle milizie fondamentaliste, il Partito democratico afghano Hambastagi ha organizzato una partecipata manifestazione  per  chiedere  giustizia  per  le  vittime  civili  e  la  deposizione  dei  warlords  che ricoprono incarichi istituzionali.

Successivamente, Hambastagi ha denunciato di aver subito pressioni e minacce da parte di esponenti del parlamento e del senato che hanno condannato il corteo e chiesto l’annullamento del suo status giuridico di partito con l’intenzione di delegittimare il movimento democratico e richiederne l’espulsione.

In Italia, questo episodio è stato oggetto di un’interrogazione parlamentare a risposta scritta da parte dell’on. Di Stanislao che ha espresso ferma condanna e chiesto al Governo afghano di porre fine a un modus operandi che va contro una libertà di opinione e di espressione, indispensabile per costruire uno Stato democratico e autonomo a tutela e sostegno dei cittadini.

Nato nel 2004, Hambastagi è un partito laico e democratico che si oppone ai criminali di guerra al governo del paese e alla presenza della NATO, denunciandone la volontà di stabilire basi permanenti in Afghanistan una volta ultimato con successo il ritiro formale delle truppe.

Hambastagi  vanta  oltre 30.000  iscritti  e  ha  costruito  negli  anni  una  presenza  capillare  nelle province e nelle zone rurali promuovendo l’educazione e il coinvolgimento attivo della cittadinanza alla ricostruzione del paese. Le manifestazioni e i cortei che spesso i suoi militanti organizzano costituiscono fondamentali strumenti di presenza per dimostrare concretamente che la resistenza pacifica non è scomparsa.

La stigmatizzazione delle opposizioni politiche, rappresentata da questo grave episodio, si riflette anche sul rischio di marginalizzazione delle organizzazioni non governative locali che non sono perfettamente allineate con il governo afghano e la presenza delle truppe nel paese. Non a caso, gli USA hanno spostato la gestione diretta dei fondi per lo sviluppo dal Ministero degli Esteri, a quello della Difesa e poi ai PRT (Provincial Riconstruction Team).

Il Cisda denuncia quanto accaduto come il segno evidente di una politica che lede i diritti, la libertà e la sovranità dei cittadini afghani e invita le associazioni e le istituzioni italiane a richiedere l’integrazione del partito d’opposizione afghano Hambastagi e a richiamare e condannare tale politica che arreca anche il rischio di indurre alla clandestinità e di estremizzare le opposizioni che, al contrario, dovrebbero convivere pacificamente all’interno di una democrazia reale.

2012 – Protesta contro l’arrivo in Italia del criminale afgano Mohammed Mohaqiq

I prossimi 16 e 17 marzo sono annunciate a Roma due vergognose iniziative che vedono protagonista il tristemente noto signore della guerra e criminale afgano Mohammed Mohaqiq, leader del movimento fondamentalista di Hezb-e-Wahdat.

Il 16 marzo questo criminale di guerra sarà addirittura il principale oratore ad un convegno organizzato al Campidoglio, alla presenza del sindaco Alemanno, di Gilberto Casciani (Presidente Commissione Affari Internazionali), di Nino Sergi (Intersos), di Emanuele Giordana e Lisa Clark (rete Afgana), dell’on.le Gianni Vernetti (Commissione Affari Esteri e Assemblea Parlamentare NATO, dell’ on.le Jean Léonard Touadì (Commissione Affari Esteri e Assemblea Parlamentare NATO).

È vergognoso e lascia senza parole il fatto che la Rete Afgana legittimi e avalli la presenza e di un criminale di guerra di questo calibro: così pensiamo di voler parlare di pace in Afghanistan?

Inoltre, il 17 marzo a Roma, in via San Gallicano con il pretesto dei festeggiamenti per il capodanno afghano, Mohaqiq parteciperà alla commemorazione annuale della morte di Mazari, sanguinario signore della guerra riconosciuto responsabile di eccidi efferati ai danni della popolazione civile afghana negli anni 1992-1996.

Secondo la circostanziata ricostruzione di Human Rights Watch nel report Blood Stained Hands (http://www.hrw.org/sites/default/files/reports/afghanistan0605.pdf) Mohammed Mohaqiq fu uno dei più sanguinari comandanti delle milizie di Hezb-e-Wahdat durante la guerra civile tra il 1992 e il 1996, insieme a Abdul Ali Mazari e Muhammad Karim Khalili. Dopo la caduta dei Talebani nel 2001, Mohaqiq fu nominato vice presidente del governo ad interim e ministro per la Pianificazione Urbanistica. Durante la Loya Jirga del 2002, il suo partito fu tra i più violenti nell’usare minacce e intimidazioni contro gli altri delegati, contribuendo a vanificare quel processo che molti speravano potesse finalmente togliere potere ai signori della guerra e mettere il destino dell’Afghanistan nelle mani della società civile. Invece, furono ancora i signori della guerra a essere confermati al potere e rafforzati.

Nel 2002, erano ancora agli ordini di Mohaqiq le milizie di Hezb-e-Wahdat che saccheggiarono e depredarono la provincia di Balkh e i dintorni di Mazar-e Sharif, attaccando deliberatamente la popolazione civile delle campagne e facendone oggetto di ripetuti pestaggi, assassinii e stupri.

Nel 2007, Mohaqiq fu uno dei principali artefici della famigerata legge sull’amnistia, subito condannata dall’ONU, varata dal governo Karzai in difesa dei signori della guerra che si erano macchiati di crimini contro l’umanità durante la guerra civile 1992-1996.

Inoltre è fra i fautori di una retriva legge contro le donne, che autorizza legalmente lo stupro e la violenza all’interno del matrimonio.

Tuttora, gli uomini di Mohaqiq sono noti e temuti soprattutto per i rapimenti di ragazze, spesso studentesse aggredite mentre si recano a scuola, che vengono stuprate e poi rese alle loro famiglie dietro il pagamento di un riscatto.

Il CISDA, Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane, si unisce a tutte le forze e i movimenti che lavorano per la giustizia e i diritti umani in Italia, in Afghanistan e nel mondo per condannare fermamente la sua presenza in Italia e ogni tipo di accoglienza istituzionale a Roma del criminale contro l’umanità Mohammed Mohaqiq.

Finché avrò voce

Malalai Joya è una donna afgana che non ha mai conosciuto la pace. È nata infatti sotto l’occupazione russa.
Dopo la caduta dei Talebani è stata eletta parlamentare.
Malalai ha dedicato la vita ad alzare la voce contro l’oppressione delle donne afgane e contro i signori della guerra. Per questo è stata espulsa illecitamente dal Parlamento.
È oggetto di continue minacce di morte e vive una vita blindata. Per tutto questo è costretta a indossare quel burka contro cui ha da sempre lottato.

Malalai era ancora tra le braccia della mamma quando i russi hanno invaso l’Afghanistan. E aveva solo quattro anni quando la sua famiglia si è rifugiata in Pakistan. Poi sono venuti la guerra civile negli anni Novanta, la presa del potere dei talebani, la “guerra al terrore” degli americani. Quando, dopo il crollo del regime talebano, Malalai ha la possibilità di entrare a far parte dei delegati della Loya Jirga, il gran consiglio afgano che dovrebbe governare il nuovo corso, si ritrova in realtà seduta a fianco degli aguzzini di sempre. Lo sgomento non dura che un attimo. Si alza. Chiede la parola. E proprio lei, una donna, dice le verità che nessuno aveva mai detto. “La legittimità e la legalità di questa assemblea” esordisce risoluta “vengono messe in dubbio dalla presenza dei criminali che hanno ridotto il nostro Paese in questo stato. Sono le persone più contrarie alle donne. Dovrebbero essere condotti davanti a tribunali nazionali e internazionali. Se anche potrà perdonarli il nostro popolo afgano dai piedi scalzi, la nostra storia non li perdonerà mai”. In aula scoppia il putiferio. Dal giorno del suo intervento, Malalai è oggetto di continue minacce di morte e di continui tentativi di attentati. È stata infine espulsa illecitamente dal parlamento dove è stata eletta. Ormai vive una vita blindata, cambia casa ogni giorno, è costretta a girare con il burqa, proprio lei che lo combatte da sempre. La sua storia e quella tormentata del suo Paese si intrecciano.

Finché avrò voce. La mia lotta contro i signori della guerra e l’oppressione delle donne afghane

di Malalai Joya

Piemme Edizioni, 2011, pp. 2011

2011 – Incursione armata nell’orfanotrofio di Afceco a Kabul

Martedì 20 settembre alcuni parlamentari afghani accompagnati da diverse guardie del corpo armate hanno organizzato un’incursione nei locali dell’orfanotrofio Mehan di AFCECO (www.afceco.org), a Kabul, uno dei pochi luoghi in cui i bambini ospitati vivono dignitosamente, in un  ambiente  pulito  e  accogliente,  andando  a  scuola,  studiando  musica  e  danza,  imparando inglese, organizzando addirittura una squadra di calcio femminile.

Queste persone hanno minacciato e interrogato armi in pugno i bambini sino a farli piangere, terrorizzando il personale femminile presente in quel momento.

Le ridicole accuse, mosse con violenza in primo luogo dalla parlamentare Razia Sadat Mangal, ma anche dai parlamentari Najia Orgonwal e Kamal Nasir Osuli, muovevano il sospetto che il centro fosse “un bordello frequentato da occidentali”, “una missione attiva nella conversione dei bambini al cristianesimo”. Venivano anche poste domande sulle ragioni per cui viene insegnata musica e sulla cifra “molto alta” spesa per i bambini.

“Purtroppo”, denuncia AFCECO, “l’attacco è arrivato non dai talebani ma direttamente dalle istituzioni afghane”. “Perché”, prosegue il comunicato di AFCECO, “con tutti i problemi che ha il paese si spendono soldi ed energie per dare battaglia a degli orfani il cui solo crimine è il fatto di poter vivere in un luogo sicuro dove ricevono, cure, istruzione e affetto?”.

AFCECO, che gestisce diversi altri orfanotrofi sia a Kabul che in altre città afghane è una ong sostenuta anche da diverse organizzazioni e istituzioni italiane (Liberi Pensieri di San Giuliano Milanese, CISDA, Insieme si Può di Belluno, la Provincia di Trento ecc.) e statunitensi (USAID, Asia Foundation, Afghan Women’s Misson ecc.), conosciuta e apprezzata anche dai responsabili della cooperazione italiana in Afghanistan.