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Autore: Patrizia Fabbri

2013 – Comunicato CISDA contro gli attacchi delle forze di sicurezza afghane a una manifestazione di Hambastagi

CISDA – Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane Onlus, condanna fermamente la brutale repressione di una manifestazione pacifica di protesta contro il governo afghano organizzata dal Partito della Solidarietà.

Il 2 maggio 2013, il Partito della Solidarietà dell’Afghanistan (SPA) ha organizzato una manifestazione di protesta a Kabul per denunciare due giorni tragici per il popolo afghano, il 27 aprile 1978 – invasione sovietica – e 28 aprile 1992 – quando i mujaheddin entrarono in Kabul.

Si sono ripetuti i tragici fatti dello scorso anno quando le forze di sicurezza scatenarono una violenta repressione delle voci di protesta contro i signori della guerra nel Parlamento afghano e il Partito della Solidarietà venne sottoposto ad indagine pubblica. Solo grazie all’appoggio delle associazioni internazionali per i diritti civili, il Partito ha potuto evitare la sospensione ufficiale.

Quest’anno la polizia afghana ha ricevuto l’ordine dal palazzo presidenziale di ricorrere alla forza e all’intimidazione per fermare centinaia di manifestanti che hanno marciato con decisione e passione, gridando slogan espliciti contro i signori della guerra, contro i talebani e i loro padroni stranieri, contro gli Stati Uniti e le forze di occupazione NATO.

Centinaia di poliziotti e agenti di sicurezza hanno circondato il corteo chiudendo tutta la zona per evitare che la gente sentisse gli slogan che venivano gridati e si unisse alla protesta. Le forze di sicurezza hanno arrestato almeno nove persone. Secondo quanto riferisce Human Rights Watch, sei di loro sono stati trattenuti in carcere per tre giorni e sottoposti a brutali maltrattamenti: pugni, calci, e colpi di calcio di fucile mentre venivano interrogati sugli organizzatori della protesta.

L’arresto, le intimidazioni subite anche nei giorni che precedevano la manifestazione e il brutale pestaggio sono un chiaro messaggio a tutti gli afghani di non criticare pubblicamente il governo. Messaggio ancor più esplicito con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali del 2014.

Il CISDA chiede che si faccia luce sulle azioni delle forze di sicurezza che ancora una volta hanno colpito un partito laico e democratico che si oppone ai criminali di guerra al governo del paese. Ciò che è accaduto lede i diritti, la libertà e la sovranità dei cittadini afghani.

C.I.S.D.A. Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane

2012 – Arsala Rahmani, criminale fondamentalista, non uomo di pace

Arsala Rahmani, criminale fondamentalista, non uomo di pace

Comunicato del CISDA sul signore della guerra talebano Arsala Rahmani, ucciso il 13 maggio a Kabul. Membro del cosiddetto Alto consiglio per la pace in Afghanistan, era in realtà un criminale fondamentalista, ex ministro dell’Istruzione e ministro degli affari religiosi durante il regime talebano, uno dei regimi più oscurantisti, misogini e fascisti della storia mondiale recente.

Il signore della guerra talebano Arsala Rahmani, membro del cosiddetto Alto consiglio per la pace in Afghanistan, è stato ucciso il 13 maggio a Kabul: un sicario gli ha sparato mentre Rahmani era in automobile e si recava nel suo ufficio. Subito i media di tutto il mondo hanno commentato la notizia come una grave perdita, ricordando il ruolo di Rahmani nel preteso processo di pacificazione e riconciliazione con i talebani voluto da Karzai e dalla NATO, Stati Uniti in testa.

Il CISDA (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane) ancora una volta si dissocia con forza da questa visione ipocrita e imperialista, denunciando la storia criminale di questo talebano, ex ministro dell’Istruzione e ministro degli affari religiosi durante uno dei regimi più oscurantisti, misogini e fascisti della storia mondiale recente, e protagonista della politica interna dell’Afghanistan post-11 settembre per scelta di Karzai, che nel 2005 lo chiamò a far parte della Camera alta del Parlamento, nella quota di deputati che vengono nominati direttamente dal presidente.

Come subito denunciato da Human Rights Watch in occasione di quel riconoscimento, Arsala Rahmani era responsabile di gravi violazioni dei diritti umani, nonché di limitazioni estreme delle libertà fondamentali, soprattutto ai danni delle donne. La sua funzione all’interno del cosiddetto Alto consiglio per la pace in Afghanistan non era dissimile da quello di un altro sanginario signore della guerra, Burhanuddin Rabbani, anch’egli ucciso recentemente (il 20 settembre 2011) e anch’egli ricordato come uomo di pace: ovvero, fare finta di avviare colloqui di pace con i compagni criminali talebani, per convincere i finanziatori statunitensi della possibilità per le truppe NATO di andarsene dal paese lasciandolo “pacificato”, anche se con decine di basi militari permanenti, a salvaguardia di una “pace duratura”.

Una farsa che il popolo afgano sarà il primo a pagare, come sempre, sulla propria pelle, quando il processo già in atto di ritorno alla misoginia di Stato, alla teocrazia fondamentalista dei mullah e alla violenza fascista che fa affari con il narcotraffico e con il business delle armi avrà compimento, grazie all’appoggio della NATO e degli Stati Uniti e alla colpevole acquiescenza della comunità internazionale.

Sarà difficile, allora, inventarsi un altro slogan come “liberare le donne afgane”, quando le potenze mondiali le avranno consegnate, quelle donne, direttamente nelle mani di sanguinari personaggi come Arsala Rahmani, colpevoli di crimini contro l’umanità.

Germi di non violenza in acque agitate

Il libro esplora la recente nascita di movimenti nonviolenti in alcune zone di turbolenza politica e sociale: i conflitti in corso tra israeliani e palestinesi, il complesso rapporto tra religione e politica in Birmania, il nascente movimento nonviolento in Iraq.

Simona Cataldi, esponente del Cisda, a seguito di indagini effettuate sul campo, ha elaborato un resoconto della miserabile condizione delle donne nella cornice a sua volta atroce della guerra in corso in Afghanistan.
Un esame incisivo e coraggioso che mostra uno scenario oscuro e disperante – nel quale si intravedono sì piccoli spiragli di tregua, di avvio a una qualche affermazione di diritti – ma con la  convinzione di poterci arrivare solo percorrendo una strada di ardua e lunghissima affermazione della nonviolenza.
(vedi il capitolo “L’Afghanistan che resiste” di Simona Cataldi).

Germi di non violenza in acque agitate

a cura di Ester Fano

Ediesse Saggi, 2012, pp. 259

Shùlai, Il movimento maoista afghano raccontato dai suoi militanti (1965-2011)

SHÙLAI, Il movimento maoista afghanoLa storia del movimento maoista afgano Shùlai, promotore delle rivolte studentesche, contadine e operaie che hanno caratterizzato il ‘Sessantotto afgano’ e i primi anni ’70, organizzatore di insurrezioni contro il regime filosovietico alla fine degli anni ’70, protagonista di un’autonoma lotta armata partigiana contro l’invasore sovietico e le milizie fondamentaliste finanziate dagli Stati Uniti.
È ancora oggi impegnato in una lotta politica clandestina contro l’occupazione Nato e il fondamentalismo, sia quello talebano, sia quello dei signori della guerra tornati al potere con Karzai e con il sostegno di Washington.

Shùlai, Il movimento maoista afghano raccontato dai suoi militanti (1965-2011)

di Enrico Piovesana

Città dl Sole Edizioni, 2012, pp. 104

2012 – Arrivo in Italia dell’attivista per i diritti umani Selay Ghaffar

Selay Ghaffar, attivista afghana per i diritti umani sarà in Italia dal 28/9 al 14/10/2012

Selay Ghaffar, attivista per i diritti umani e direttrice di una delle organizzazioni non governative afghane più accreditate del paese: Hawca-Humanitarian Assistence for Women and Children of Afghanistan (vedi www.hawca.org), sarà in Italia dal 28 settembre al 14 ottobre per prendere parte a una serie di eventi organizzati sul territorio nazionale da associazioni che operano nell’ambito della cooperazione internazionale sui temi della giustizia sociale e a favore dei diritti delle donne.

L’Associazione afghana Hawca gestisce la ‘casa protetta’ o ‘shelter’ di Kabul e i Centri di Aiuto Legale di Kabul, Herat e Jallalabad fornendo protezione e assistenza alle vittime di violenza. Hawca porta avanti progetti con molte organizzazioni umanitarie internazionali, anche delle Nazioni Unite. Collabora, in Italia, con il MAE (Ministero degli Affari Esteri), Aidos (Associazione Donne per lo Sviluppo), ICS (Istituto per la Cooperazione e lo Sviluppo) di Alessandria, il CISDA (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane) e altri.

Selay Ghaffar, è anche stata una delle due rappresentanti della società civile selezionate per intervenire alla conferenza di Bonn del dicembre 2011 che ha visto riunita la diplomazia internazionale per parlare di Afghanistan.

Il tour italiano di Selay Ghaffar la vedrà come speaker della sessione conclusiva del Coordinamento Nazionale del CISDA a Milano il giorno 30 settembre a partire dalle ore 14 presso la Fattoria didattica del Parco Trotter in Via Padova 69; a Firenze il 3 di ottobre al Festival Internazionale Costante Cambiamento organizzato dal COSPE così come a Bologna il 12 ottobre alla Terra di tutti i Film Festival. Selay Ghaffar infine incontrerà a Roma l’On. Staffan De Mistura per testimoniare nel pur critico contesto afghano, il costante impegno per lo sviluppo dei centri Legali di assistenza alle donne.

2012 – Sospeso il partito democratico afghano Hambastagi

Il Ministero della Giustizia afghano ha reso nota la sospensione del Partito della Solidarietà Hambastagi e l’avvio da parte dei Servizi Segreti e del Ministero degli Interni di indagini per un’eventuale denuncia legale nei confronti dei suoi esponenti accusati di aver insultato la “Jehad”.

Il 30 aprile scorso, nel ventesimo anniversario della presa del potere di Kabul da parte delle milizie fondamentaliste, il Partito democratico afghano Hambastagi ha organizzato una partecipata manifestazione  per  chiedere  giustizia  per  le  vittime  civili  e  la  deposizione  dei  warlords  che ricoprono incarichi istituzionali.

Successivamente, Hambastagi ha denunciato di aver subito pressioni e minacce da parte di esponenti del parlamento e del senato che hanno condannato il corteo e chiesto l’annullamento del suo status giuridico di partito con l’intenzione di delegittimare il movimento democratico e richiederne l’espulsione.

In Italia, questo episodio è stato oggetto di un’interrogazione parlamentare a risposta scritta da parte dell’on. Di Stanislao che ha espresso ferma condanna e chiesto al Governo afghano di porre fine a un modus operandi che va contro una libertà di opinione e di espressione, indispensabile per costruire uno Stato democratico e autonomo a tutela e sostegno dei cittadini.

Nato nel 2004, Hambastagi è un partito laico e democratico che si oppone ai criminali di guerra al governo del paese e alla presenza della NATO, denunciandone la volontà di stabilire basi permanenti in Afghanistan una volta ultimato con successo il ritiro formale delle truppe.

Hambastagi  vanta  oltre 30.000  iscritti  e  ha  costruito  negli  anni  una  presenza  capillare  nelle province e nelle zone rurali promuovendo l’educazione e il coinvolgimento attivo della cittadinanza alla ricostruzione del paese. Le manifestazioni e i cortei che spesso i suoi militanti organizzano costituiscono fondamentali strumenti di presenza per dimostrare concretamente che la resistenza pacifica non è scomparsa.

La stigmatizzazione delle opposizioni politiche, rappresentata da questo grave episodio, si riflette anche sul rischio di marginalizzazione delle organizzazioni non governative locali che non sono perfettamente allineate con il governo afghano e la presenza delle truppe nel paese. Non a caso, gli USA hanno spostato la gestione diretta dei fondi per lo sviluppo dal Ministero degli Esteri, a quello della Difesa e poi ai PRT (Provincial Riconstruction Team).

Il Cisda denuncia quanto accaduto come il segno evidente di una politica che lede i diritti, la libertà e la sovranità dei cittadini afghani e invita le associazioni e le istituzioni italiane a richiedere l’integrazione del partito d’opposizione afghano Hambastagi e a richiamare e condannare tale politica che arreca anche il rischio di indurre alla clandestinità e di estremizzare le opposizioni che, al contrario, dovrebbero convivere pacificamente all’interno di una democrazia reale.