Malalai
Non sapevo niente, avevo 7 anni. Niente di quello che succede tra marito e moglie. Conoscevo solo i giochi che facevo con i bambini della mia età, allegri, scatenati. Ma mio padre mi ha fatto sposare un uomo di 40 anni. La mia vita si è fermata lì.
Mio marito voleva avere rapporti con me ma io avevo sentito da altre donne che la prima volta fa molto male così ogni notte scappavo e mi nascondevo dove potevo. Questa situazione, lo sapevo, non poteva durare. Dopo due mesi, una notte lui mi ha preso, mi ha legato mani e piedi e mi ha violentata. Sono svenuta e quando mi sono svegliata ero piena di sangue e con un dolore terribile nel ventre. Ero terrorizzata e ho cominciato a gridare e a piangere. Nessuno è venuto a aiutarmi. Mio marito mi ha messo una mano sulla bocca e mi ha minacciato. Non devi gridare, ha detto, perché gridare così è un’azione vergognosa! Ho pianto tutta la notte e per molti giorni non sono stata in grado di camminare. Mi sentivo piena di vergogna e mi nascondevo dalle altre ragazzine. Non riuscivo a dormire la notte per paura che lui venisse a violentarmi di nuovo e anche quando mi addormentavo per un po’, mi svegliavo terrorizzata. Quando mi rifiutavo di avere rapporti con lui mi picchiava, mi legava e mi violentava. Ogni volta perdevo conoscenza. A 20 anni ho dato alla luce un bambino, ma, prima che potessi guardarlo e prenderlo tra le mie braccia, mio marito lo ha venduto, perché eravamo molto poveri.
La mia vita era un inferno ma io credevo che fosse così per tutte le donne nel mio paese. Mi vergognavo a chiedere alle altre donne e ragazze se la loro vita fosse come la mia. Si andava avanti così, un giorno dopo l’altro, e ho messo al mondo 5 figli. Non avevano abbastanza da mangiare, così sono cresciuti malnutriti. La mia figlia più grande, che ha 20 anni adesso, ha la mente di una bambina.
Dopo qualche anno mio marito ha avvelenato mia madre. Nello stesso modo mia cognata ha dato del veleno alla mia bambina di 9 mesi e l’ha uccisa. Mio marito continuava a essere violento con me e i miei figli. Un giorno ha picchiato così tanto la mia bambina più piccola che è svenuta perdendo sangue dal naso e dalla bocca. Davanti a lei, ridotta così, ho giurato a me stessa che non avremmo più tollerato tutto questo. Mai più. Così ho deciso di avere coraggio e di salvarci. Sono scappata con i miei figli e sono andata alla Commissione Indipendente per i Diritti Umani. Qui delle persone mi hanno accompagnato allo shelter di Hawca. Le avvocate mi hanno aiutato e ho fatto una denuncia contro mio marito per le violenze contro di noi e per aver ucciso mia madre. Adesso lui è in prigione, voglio avere il divorzio e la custodia dei miei figli. Devo occuparmi di loro e fare in modo che non abbiano una vita come la mia. Non potrei sopportarlo.
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Una storia del progetto Vite preziose.
La fotografia è di solo carattere grafico e non rappresenta la donna protagonista della storia. Data la attuale situazione in Afghanistan, per evitare l’identificazione delle donne i nomi sono stati modificati, così come i luoghi dove si svolgono i fatti.