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Autore: Patrizia Fabbri

Comunicato contro le minacce di occupazione del Rojava da parte dello stato turco

l dittatore turco Erdogan, avallato da Trump e nel silenzio dei paesi dell’Unione Europea, sta inviando truppe e mezzi militari pesanti alla frontiera con la Siria del nord, ha già iniziato a bombardare le postazioni curde nelle zone di Tal Abyad e Tal Tawil, e minaccia di voler occupare il Rojava.

In questo modo si va concretizzando il volere della Turchia, che non vuole permettere che ai suoi confini nasca e prosperi l’unico esperimento al mondo di autogoverno laico, democratico, femminista ed ecologista, capace di unire le popolazioni della regione e avviare un percorso di pace e libertà.

Inoltre, con l’idea di portare 2 milioni di profughi nella Siria settentrionale e orientale, Erdogan vuole cambiare la composizione demografica della regione immettendo migliaia di miliziani ISIS con le loro famiglie, che riporterebbero guerra, caos, oppressione delle donne.

Gli Stati Uniti e le forze internazionali, che hanno usato a loro vantaggio le forze curde nella guerra all’ISIS, oggi voltano loro le spalle lasciando che il disegno di Erdogan si compia e consentendo la pulizia etnica nella regione e la divisione del Medio Oriente secondo i loro interessi politici.

I valori e le conquiste raggiunti in questi anni in Rojava sono frutto, in particolare, della valorosa lotta delle donne che hanno pagato un enorme tributo di sangue per liberare la regione dall’occupazione dei fondamentalisti dell’ISIS.

Sappiamo che queste donne e uomini rivoluzionari, insieme alle popolazioni che oggi abitano il Rojava, saranno uniti per difendere le loro conquiste da questi vili attacchi.

Siamo con tutte e tutti coloro che alzeranno le loro voci e uniranno le loro forze per difendere il Rojava e proteggere i popoli della regione che altro non vogliono che vivere in pace.

Coordinamento italiano sostegno donne afghane (CISDA)

What in the World – Afghanistan

“Puoi tagliare il fiore, ma non puoi fermare l’arrivo della primavera.” Questo episodio di “What in the World” parla dell’attivista per i diritti delle donne afghane, Malalai Joya.

Eletta nel 2003, Joya è stata espulsa dal Parlamento nel 2007 per aver rifiutato di ritrattare le sue dichiarazioni. Lotta per i diritti delle persone, in particolare delle donne svantaggiate.

Resistenze internazionaliste: l’alternativa delle donne

PRIMA PARTE / TERRITORI 

  • Introduzione Isa
  • Intervento di ogni relatrice:
    Spiegazione della situazione storico / politica nello specifico territorio negli ultimi anni, in relazione alla lotta delle donne.
  • Video messaggio dai territori:
    Qual è, ad oggi, il ruolo delle donne all’interno della Resistenza nel tuo territorio? Che legame intercorre tra una donna e la propria terra?

(ovviamente alterniamo intervento delle relatrici e video messaggi, affrontando un territorio alla volta).

SECONDA PARTE / RELAZIONI

Intervento Rajaa: Origine della civiltà e stato di natura secondo Ocalan, focus sul concetto di “velat paresi” + spiega del perchè facciamo focus specifico sui territori

  • Video messaggio dai territori:
  • Kurdistan: Parlaci dei valori fondanti e della visione politica alla base della comunitarietà curda. Che strategie avete utilizzato?
  • Gaza: Parlaci dello stato di oppressione che è generato dall’isolamento forzato e dalla cattività delle comunità, sui corpi delle donne e non solo.
  • Afghanistan: Esiste in Afghanistan un patriarcato strutturale che affligge i rapporti familiari e intimi? Come lo affrontate?
  • Cisgiordania: Puoi parlarci del legame che intercorre tra la procreazione e la Resistenza palestinese? Sei d’accordo?
  • Colombia: Quanto spazio è concesso alle donne all’interno delle organizzazioni politiche e delle istituzioni? Quali sacrifici devono fare in più le donne?

TERZA PARTE / L’ALTERNATIVA DELLE DONNE

  • Intervento Azzurra: Partendo dal legame che si può creare tra le lotte di tutte le donne è possibile opporre un’alternativa strutturale (quindi economica, sociale e politica) allo stato di cose attuale basato sul neoliberismo e le sue pratiche.
  •  Video messaggio dai territori: È possibile un’universalità della lotta delle donne al di là delle differenze territoriali? Come la lotta delle donne può incidere in un cambiamento globale?
  • Commento relatrici italiane

Se vogliono, le relatrici integrano e commentano ciò che le compagne dei territori hanno evidenziato, inserendo il loro contributo in un’ottica anticapitalista.

  • Cosa possiamo trarre noi italiane dalle pratiche di resistenza delle donne in territori apparentemente così diversi?
  • Cosa ci accomuna?
  • Cosa ancora ci divide?

Apriamo un breve dibattito conclusivo sulle possibili pratiche future.

Lettera aperta a Mimmo Lucano

Le ultime vicende giudiziarie che hanno coinvolto Mimmo Lucano ci hanno sorpreso, amareggiato, avvilito e ci hanno spinto a scrivergli una lettera personale di vicinanza e solidarietà. Riflettendo sulla gravità ed importanza di questi fatti abbiamo pensato di trasformare questa lettera personale in una lettera aperta e di pubblicarla sui nostri blog ed anche su Change.org perché tutti coloro che la condividono possano firmarla e farla propria.

Link per sottoscrivere la lettera: http://chng.it/Twvr5cZgmd

SOLIDARIETÀ PER MIMMO LUCANO

Lettera aperta all’ex Sindaco di Riace

Caro Mimmo,
ho sperato scioccamente che tu continuassi a fare il Sindaco, in barba a provvedimenti di cui non vedevo la ragione.
Osservavo da lontano la tua consueta generosità, la tua capacità di resistere al malanimo dei tanti cinici che crescono come funghi in questi tempi sciagurati, ad ogni attacco, non solo della criminalità organizzata, dei fomentatori di paure e di rancore, ma anche di coloro che avrebbero dovuto difenderti e assisterti: mi riferisco agli organi dello Stato.

L’ho sperato d’istinto, senza riflettere, perché credevo alla lezione che ci stavi dando da quel paesetto sperduto della Calabria: una preziosa esperienza di integrazione e fratellanza tra persone di diversa estrazione: disperati in fuga dalle guerre, dalle carestie, dalla fame, e gli ultimi del nostro Sud. Un’esperienza di rigenerazione delle trame relazionali in un territorio del Sud, che si era andato col tempo spopolando a causa della nostra emigrazione, la nostra piaga fino a qualche decennio fa, prima che passassimo il testimone ad altre genti.

Eri diventato un punto di riferimento in tutto il mondo: il tuo esperimento funzionava. Non come un orologio svizzero, lo sai anche tu, ma funzionava.
Il mondo se n’era accorto prima di me.

Qui da noi le cose vanno sempre in questo modo. Se c’è qualcosa di positivo che ci riguarda, che possa essere d’esempio, rimane nascosto a lungo, a meno che non intervenga la magistratura a interromperlo, o qualche esimio burocrate: gente che di solito non si distingue, salvo lodevoli eccezioni, a volte anche eroiche, per un’interpretazione sensata della propria funzione.

Ricordo l’esperimento di Don Milani, a Barbiana, circa cinquant’anni fa. Era stato esiliato tra i boschi, sull’appennino toscano, da gerarchie cattoliche sorde e cieche, tra persone abituate da secoli solo a faticare per sopravvivere, e ne aveva fatto l’occasione per il rinnovamento della Scuola nazionale. In più, con la lettera aperta ai cappellani militari, scritta con i suoi alunni, “l’obbedienza non è più una virtù”, diede inizio alla lotta per il “servizio civile”.

Anche lui subì molte ingiurie ed un processo, mentre un tumore se lo stava già portando via. Ed anche lì c’era di mezzo uno Stato retrogrado, custode delle peggiori tradizioni e dei vecchi equilibri sociali, con la complicità di un’opinione pubblica distratta, quando non apertamente ostile.
Ha vinto lui, alla fine. E vincerai anche tu, cioè le tue civilissime idee e la tua passione nel realizzarle.

Ho cominciato la lettera con il verbo sperare, ed era un’apertura autocritica la mia. Si, perché imprese come la tua dividono, sollevano vespai polemici, ed hanno bisogno sempre di essere difese in ogni luogo, non di semplici speranze. Ora che sei ancora sotto scacco, che sei inquisito e stai andando sotto processo, ora che sei stato sospeso (da diversi mesi in realtà) dalla carica di Sindaco e sei costretto a vagare fuori dal tuo Comune, come se fossi un delinquente della mafia (ma c’è ora una disposizione della Cassazione tendente a far revocare quel provvedimento) ora, dicevo, in qualche modo cerco di compromettermi, e chiedo anche ad altri tranquilli cittadini di farlo.

Non si può stare sempre a guardare, magari auspicando il meglio per tutti: non basta. Soprattutto quando, come ci spiega una meravigliosa ragazzina svedese di nome Greta riferendosi ad altri problemi che ha l’umanità tutta insieme, “la nostra casa è in fiamme”.
È una questione di civiltà, di concreto lavoro per crescere come cittadini, perché l’umanità cammini favorendo l’integrazione tra persone diverse, culture diverse, difendendo la pace in Europa e nel mondo. Forse anche Stoccolma, dove si decide un premio annuale per la Pace, dovrebbe venirne a conoscenza, e fare una urgente riflessione, senza attendere delle burocratiche segnalazioni.

Ma, caro Lucano, vorrei che finalmente tu confessassi i tuoi crimini.

Non importa se la Cassazione ti ha già prosciolto dai primi capi d’imputazione, dopo che lo stesso GIP aveva già in parte demolito il castelletto di accuse della Procura di Locri (Locri, attenzione, il luogo più ‘ndranghetista d’Italia – è lì che si indaga e si processa un Sindaco che ha impedito fino allo spasimo, rischiando di persona, che la ‘ndrangheta prevalesse nel suo Comune – perché?), Stranamente la stessa Procura ora decide, con una procedura che non riesco a comprendere (qualcuno, per favore, mi illumini) di ricorrere a nuove imputazioni, e di portarti a processo nel mese di giugno (dopo le europee vero?).

Tutto molto oscuro: i latini parlavano di fronte a casi come questi di “fumus persecutionis”, e si chiedevano sempre dove volesse andare a parare chi perseguitava altri da una posizione di potere, ma io certo non mi azzardo a usare questa espressione, non me la sento proprio di fare della dietrologia, anche se la mia pazienza ormai si è sciolta.

Mi chiedo, e chiedo anche a te, ma vorrei chiederlo anche a questi magistrati, come vorrei chiederlo a chi in qualche modo li governa: se per ipotesi capitasse, come penso, che tu, insieme ai tuoi collaboratori, venissi definitivamente assolto dopo tanto accanimento, chi ti risarcirebbe del dolore, delle notti insonni, della distruzione della tua reputazione, chi risarcirebbe quel laboratorio sociale e culturale che impegnava tanti disperati rinfrancati da una vita finalmente dignitosa che tu gli offrivi?
Non è una domanda da poco: altre vite in passato, ed anche recentemente, sono state distrutte per errore. Si dice che nel nostro ordinamento c’è l’obbligatorietà dell’azione penale, e va bene.
Ma mi piacerebbe sapere come si sceglie, con che logica, quale fascicolo aprire di fronte alla miriade di “notitiae criminis” che in buona parte rimangono inevase per mancanza di tempo e di personale. E mi piacerebbe sapere chi paga, e come, per dei possibili errori giudiziari, per eventuali inaccettabili forzature, già a partire dalla scelta dell’incriminazione.
In questa nostra società ognuno deve avere l’obbligo di essere responsabile di quello che fa, non possono esserci zone franche. Ed i singoli magistrati? E gli alti burocrati che si nascondono dietro le alte scrivanie, che obbediscono forse a disposizioni forzate? Ti basterebbe, Mimmo, dopo il “crucifige”, un “ci scusi per il disturbo”?

E le vite distrutte, e il dolore di tanta gente, e la vergogna che si trasmette anche ai familiari? Chi paga, e come si fanno i conti dei danni, quando c’è di mezzo la dignità? Non ti sembra civile chiederselo, visto che da qualche tempo non abitiamo nelle caverne?

Dai Lucano, confessa i tuoi crimini.

Dillo finalmente che tu eri convinto di essere in un Paese civile, ricco di umanità, non in un mondo di questurini, di legulei, di paurosi e rancorosi oltre i limiti psichiatrici, manipolabili dal primo bulletto che si presenta alle elezioni, forza un poco la tua natura pacifica, gridalo come quel quadro di Munch, l’Urlo, che tutti conosciamo, facciamo insieme un coro rumoroso che si senta anche nelle spelonche dei ladri di vita altrui, e nelle sfere celesti.
Buona fede, difesa delle dignità umana, fratenità e ingenuità, questi sono i tuoi crimini, Lucano. Vorrei tanto che diventassero quelli di tutti, a partire da un’intera generazione, la mia, che voleva cambiare il mondo ed ha solo cambiato vestito.

Un abbraccio.

Lanfranco Scalvenzi e Maurizio Colace