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Autore: Patrizia Fabbri

Lettera aperta alle istituzioni nazionali, europee e internazionali

La situazione va irrimediabilmente e drammaticamente precipitando in Afghanistan. Mentre appaiono evidenti le responsabilità in primo luogo di chi ha intrapreso e sostenuto la guerra e condotto 20 anni di occupazione in Afghanistan, riteniamo adesso necessaria un’azione rapida e coordinata da parte dell’Italia e dell’Europa per evitare ulteriori disastri umani e sociali: una iniziativa per facilitare un rapido rientro in dignità e sicurezza della popolazione civile che chiede di abbandonare il paese, sentendosi in pericolo e altre iniziative tese a proteggere chi decide di restare nel paese o non può fare altrimenti.

Non bastano le dichiarazioni e gli appelli al rispetto delle vite, bisogna agire concretamente.
L’attenzione dell’Italia e dell’Europa verso l’Afghanistan non può cessare con la fine della presenza militare internazionale così come l’impiego di risorse non può terminare per i risultati fallimentari, compreso il processo di cosiddetta democratizzazione nell’ultimo ventennio.
Lo dichiarano a chiare lettere anche gli esperti indipendenti delle Nazioni Unite nel loro comunicato congiunto1 ricordando che la comunità internazionale, dopo vent’anni di lavoro nella repubblica islamica dell’Afghanistan, non può oggi dimenticare gli sforzi compiuti per ridare dignità alle vite dei cittadini e delle cittadine afgane. Lo stesso comunicato, richiamando il ruolo del Consiglio ONU sui Diritti Umani di cui l’Italia fa parte, ricorda agli Stati Membri la necessità di mantenere aperti i propri confini al fine di accogliere i richiedenti asilo provenienti dall’Afghanistan, garantendo altresì aiuto umanitario tanto ai rifugiati che agli sfollati interni.
In questo momento bisogna rispondere all’urgenza umanitaria e facilitare quindi l’uscita di tutti coloro che a qualsiasi titolo abbiano collaborato con il personale civile o militare straniero, i gruppi più vulnerabili o che possano risultare invisi al governo talebano, al di là della loro propaganda.

  1. “[…] We recall that over two decades of sustained partnership between the international community and the Islamic Republic of Afghanistan have steadfastly aimed to support the people of Afghanistan. In this moment, we should not forget or ignore the achievements and progress made to advance full and dignified lives for all the people in Afghanistan […]”. https://srdefenders.org/afghanistan-un-experts-urge-swift-global-action-to-protect-human-rightsand-prevent-civilian-slaughter/
    Primi tra tutti i difensori e gli attivisti ed attiviste per i Diritti Umani. La protezione ed il sostegno ai difensori dei diritti umani è impegno che il nostro paese ha preso formalmente nel candidarsi al
    seggio a rotazione al Consiglio ONU per i Diritti Umani e parte integrante della politica estera del paese.
    Chiediamo che l’Italia e l’Europa si impegnino per una evacuazione immediata senza esclusioni, accogliendo subito tutti coloro che fuggono dal paese, in particolare, le donne nubili o sole con figli, ragazze e bambine, persone LGBTI, le attiviste e gli attivisti per i Diritti Umani, le giornaliste e giornalisti, avvocate e avvocati, insegnanti, studenti, tutti coloro che hanno collaborato in
    programmi umanitari e di sviluppo con le organizzazioni internazionali e che si erano maggiormente esposti risultando oggi bersagli tanto più facili per la violenza talebana.
    L’Europa e l’Italia promuovano dunque in tempi utili allo scopo corridoi umanitari per i rifugiati provenienti dall’Afghanistan, li accolgano con generosità, nel rispetto della legalità e con il sostegno ai paesi di primo ingresso. Proponiamo quindi di:
  • Modificare con urgenza la normativa in modo da permettere l’ingresso in Italia in esenzione di visto;
  • Trasferire nell’immediato le competenze al rilascio dei visti alle autorità consolari italiane presenti nei paesi limitrofi;
  • Mantenere o ristabilire quanto prima un presidio diplomatico per facilitare le richieste di asilo dei cittadini e delle cittadine afghane che non riusciranno a mettersi in salvo
    nell’immediato;
  • Garantire l’evacuazione immediata di tutti coloro che erano in attesa di partire a seguito di autorizzazione per ricongiungimento familiare o già in possesso di permesso ad altro titolo e si trovano adesso impossibilitati a lasciare il paese;
  • Bloccare i rimpatri verso l’Afghanistan

Occorre tuttavia guardare anche oltre l’emergenza attuale e considerare chi resta nel paese determinato a continuare a lottare per i diritti umani e con grandi necessità materiali.
Riteniamo che il nostro paese debba prendere una posizione chiara e pubblica in sostegno alle proposte dei Relatori Speciali ed attivarsi in seno al Consiglio ONU affinchè le stesse vengano appoggiate dagli stati membri.
Oltre alle misure di sostegno a chi decide o è forzato a lasciare il paese, i Relatori Speciali raccomandano le seguenti iniziative che andranno sostenute anche dal nostro paese:

  • a. l’invio rapido di una missione in Afghanistan per valutare la situazione sul campo e informare il Consiglio su violazioni dei diritti umani, e le relative responsabilità inclusi crimini di guerra,
    crimini contro l’umanità e genocidio.
  • b. sostenere l’Alto Commissario per i Diritti Umani nei suoi sforzi per prevenire nuove ulteriori e sistematiche violazioni dei diritti umani creando un meccanismo internazionale di monitoraggio e verifica
  • c. sostenere le attività dei Relatori Speciali a tal riguardo
  • d. prestare particolare attenzione alla protezione dei più vulnerabili, bambini e bambine, donne e ragazze, Internally Displaced Persons, disabili, difensori dei diritti umani, giornalisti e media, avvocati e avvocate, attori della società civile, utilizzando tutte le capacità politiche e diplomatiche del Consiglio al fine di contribuire alla protezione di tali gruppi

È inoltre urgente sostenere anche economicamente le associazioni per i diritti delle donne e per i diritti umani in generale e con programmi e azioni di cooperazione internazionale civile la popolazione afgana che resterà nel paese esposta a rischi di violenza e discriminazioni. A questo scopo va potenziata/ripristinata la collaborazione con le organizzazioni della società civile che continueranno strenuamente a lottare per i diritti, come nel caso di RAWA e altre associazioni di donne e di difesa dei diritti umani. È il tempo della solidarietà.

Agosto 2021
Firmano le seguenti associazioni della Rete In Difesa Di:
AIDOS, AOI, ARCI, CGIL, CISDA, CIPSI, COSPE, Centro Diritti Umani Antonio Papisca (Univ. Padova), Cultura è Libertà, Forum Trentino per la pace e i diritti umani, Giuristi democratici, HRIC,
ISCOS, Lega per i Diritti dei Popoli, Osservatorio Solidarietà della Carta di Milano, Terra Nuova, Un Ponte Per, YAKU

Aderiscono:
AssopacePalestina, Associazione Orlando Bologna

Le seguenti associazioni della Società della Cura:
ATTAC Italia, Alleanza per il clima, la cura della terra, la giustizia sociale, Amici della Ludoteca Aps, Associazione culturale Punto Rosso, Associazione AltraMente, Associazione per il Rinnovamento della Sinistra, Associazione Le Nove, Associazione Tiapaia (TN), Associazione Alma Terra (Mola di Bari), Associazione L’Altra Europa (Lab.VE), Associazione Albatros Lab. Teatrale e Centro Solidarietà (Alba), FAIR, IFE, Presidio Europa NoTAV, Casa dei Circoli, culture e popoli (Ceriale), ComuneRoero OdV, Comunità La Collina (Serdiana), Cobas Scuola VE, Centro Giorgio La Pira, Comitato Stop TTIP (UD), Gruppo di acquisto solidale del Parco (MI), Gruppo Femm SdC, Deposito dei Segni, Tempi di Fraternità (AT), Laudato Sì, Medicina Democratica, Comitato Fermiamo la guerra e Rete antirazzista (FI), Comitato Milanese Acqua Pubblica, Pacifiste/i dell’ora di silenzio per la Pace, Un’Altra storia Aps, Shaharazad Aps, Pressenza, ONG 2.0, Unione Forense per la tutela dei diritti, WILPF Italia

CISDA: la nuova vita clandestina delle combattenti afghane per la libertà

Rosalba Reggio de Il Sole24ore intervista Gabriella Gagliardo, presidente di CISDA, Coordinamento Italiano di Sostegno alle Donne Afghane Onlus.

E’ una realtà difficile quella che le donne afghane stanno affrontando nel loro Paese, a causa del ritiro definitivo delle forze armate americane. Il nuovo regime talebano sta facendo tornare la popolazione indietro nel tempo, cancellando i limitati diritti guadagnati faticosamente nel tempo. Le donne che si sono più esposte per la libertà rischiano la vita e vivono in clandestinità, mantenendo aperti i canali di comunicazione con le reti di aiuto ed esortando le studentesse a studiare per non perdere l’occasione di un futuro migliore.

Radio Popolare – Intervista a Cristiana Cella e Gabriella Gagliardo – CISDA

Un Afghanistan che non si conosce ma che continua a tener vivo un pezzo fondamentale della società civile afghana: è quello delle organizzazioni laiche e progressiste guidate da donne. Ne parliamo con Cristiana Cella e Gabriella Gagliardo, attiviste di CISDA, che ci presentano anche la Staffetta Femminista Italia – Afghanistan.

(dal minuto 6:10)

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Intervento di Malali Joya all’evento Voices for Peace

Cari amici, l’Afghanistan è in un momento molto critico. Da un lato, la pandemia di Covid_19 sta duramente influenzando la vita del nostro popolo, ma dall’altro, dopo due decenni di guerra, distruzione e massacro di centinaia di migliaia di civili afgani, l’amministrazione statunitense ha firmato un “accordo di pace” con i talebani. La “pace” di cui parla la Casa Bianca è solo un grande inganno nei confronti del pubblico americano e della gente del mondo.
Questa guerra brutale è lungi dall’essere finita, perché un sinistro accordo con un selvaggio gruppo terrorista armato e sostenuto da agenzie di intelligence straniere non porterà mai la pace.
Sono fermamente convinta che la pace senza giustizia non abbia senso. Cari amici, tutti voi avete sentito l’annuncio di Joe Biden sul ritiro delle truppe dall’Afghanistan entro settembre. Spero che gli occupanti lascino l’Afghanistan il più presto possibile. Ho chiesto ripetutamente che gli occupanti stranieri lascino il nostro paese.
Nessuna nazione può dare la liberazione a un’altra nazione. Negli ultimi 20 anni, gli Stati Uniti hanno ucciso circa un milione di afgani, direttamente o indirettamente. Hanno sganciato la madre di tutte le bombe, usato bombe a grappolo e fosforo bianco, creato una mafia e corrotto l’economia. Tutto questo ha inquinato il nostro ambiente e reso il paese la capitale mondiale della droga.
Purtroppo la NATO ha seguito le orme degli USA. Se USA e NATO lasciano l’Afghanistan, la spina dorsale di tutti i terroristi Jihadi, dei Talebani e dell’ISIS si romperà.
Mi auguro che, quando se ne andranno, portino via con loro tutti i terroristi. Non c’è dubbio che a breve termine, il ritiro degli occupanti stranieri può portare ad alcuni problemi di sicurezza ed economici ma nel lungo periodo è nell’interesse del nostro popolo che se ne vadano. L’assenza dei militari statunitensi significherà che l’Afghanistan non sarà considerato una minaccia per i paesi della regione come Cina, Iran, Pakistan, India e Russia e impedirà loro di intromettersi nei nostri affari interni, poiché ognuno di questi paesi ha i suoi burattini in Afghanistan per tutelare i propri interessi strategici.
L’attuale corsa agli armamenti tra le grandi potenze e le loro guerre per procura in Siria, Iraq, Palestina, Yemen, Ucraina, Sudan, Libia ecc. scatena il pericolo di una terza guerra mondiale che avrà catastrofi inimmaginabili per la Terra.
Le grandi potenze guidate dal pentagono stanno investendo su gruppi terroristici e medievali come i talebani, l’ISIS, Al Qaeda, Abu Sayyaf, Boko Haram ecc. per portare avanti i loro interessi strategici; ma i loro atti di terrore non si limitano alla povera gente delle nazioni citate ma si espandono alle città dei paesi occidentali, come abbiamo assistito a molti atti vili nelle città europee negli ultimi anni.
Fermare la guerra selvaggia e le brutalità e stabilire una pace duratura è la responsabilità morale di ogni cittadino consapevole del mondo.
Quindi è il momento di lavorare per un nuovo e migliore mondo di giustizia. Vogliamo che tutti i paesi occupanti si ritirino dall’Afghanistan, ma la sofferenza del popolo afgano ha ancora bisogno della solidarietà di movimenti, individui, partiti e attivisti di tutto il mondo che amano la giustizia e sono progressisti. Lunga vita alla libertà, alla democrazia, alla solidarietà internazionale, alla pace e alla giustizia sociale.

Per vedere l’intera sessione di Voices for Peace clicca qui

 

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Afghanistan: aiutiamo chi scappa, ma anche chi resta

Cisda: “La vera emergenza afgana è la questione democratica”
La famiglia di Sahar, con due bambini, sta attraversando oggi la porosa frontiera col Pakistan. Per cercare scampo dai talebani e superare il confine afghano, ogni persona ha pagato ai trafficanti 12000 rupie pachistane, mentre il viaggio normalmente ne costerebbe 2000.
Il prezzo è in continuo aumento, la domanda in crescita. Quindi, anche questa volta, fugge solo chi può pagare.
Con questa famiglia, di cui noi del Cisda (Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane) abbiamo notizia certa, ci sono molti altri afghani.
Affrontano lunghi tragitti a piedi ed enormi pericoli, senza che la loro sorte sia sotto i riflettori.
Dall’aeroporto di Kabul, intanto, sono già partiti diciottomila cittadini. Un’intera generazione di intellettuali e professionisti che prende letteralmente il volo verso l’Occidente.
È comprensibile che chi può fugga. Il terrore delle perquisizioni nelle case, l’incubo per le ragazze di finire in “sposa” a un combattente, le violenze e le vendette che accompagnano la presa del potere specie nelle aree rurali e remote senza testimoni, sono una tragedia innegabile che sta provocando soprattutto ulteriori rifugiati interni.
Questi erano, secondo dati ONU, già due milioni a causa degli ultimi 20 anni di guerra, per sfuggire ai bombardamenti e agli scontri di cui la Nato è stata tra i protagonisti.
Il riconoscimento dello status di rifugiato e il diritto d’asilo a chi è in pericolo sono sacrosanti e vanno applicati, secondo la Convenzione di Ginevra.
Ma trasferire in massa decine di migliaia di afgani, in Occidente o nei paesi limitrofi, non rappresenta una soluzione politica alla crisi del paese di cui siamo corresponsabili.
Un Afghanistan privato dei suoi elementi più colti, di chi sarebbe in grado di rafforzare l’alternativa democratica, sarà più facilmente asservibile agli interessi geopolitici che da sempre sono alla base delle continue interferenze nel paese.
In questo gli interessi dei talebani e di potenze straniere sono convergenti, e non è una bella notizia. Una convergenza intorno alla vera emergenza afghana: la questione politica e democratica.