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Autore: Patrizia Fabbri

Khan Ismail

Ismail Khan è nato a Shindand nel 1946 (circa).

  • Capitano dell’esercito Afghano 1979
  • Comandante del 4° Corpo d’Armata della provincia di Herat 1990
  • Comandante del 6 ° Corpo
  • Governatore di Herat dal 1992 al 1997 e dal 2001 al 2004
  • Ex Ministro dell’energia e delle risorse idriche dal 2005 al 2013
  • Ministro ad interim 2009-2013

Cosa si dice di lui

Ismail Khan è una figura controversa. Reporters Without Borders lo ha accusato di imbavagliare la stampa e di ordinare attacchi ai giornalisti. Anche Human Rights Watch lo ha accusato di violazioni dei diritti umani (fonte Wikipedia)

Il rapporto di 51 pagine, “Tutte le nostre speranze sono crollate: violenza e repressione nell’Afghanistan occidentale” documenta abusi diffusi da parte dell’esercito, della polizia e dei servizi segreti sotto il comando di Ismail Khan, il governatore locale. Ismail Khan ha personalmente ordinato alcuni degli arresti e delle percosse politicamente motivate che hanno avuto luogo nel corso del 2002. Il rapporto Human Rights Watch documenta le percosse con rami spinosi, bastoni, cavi e mozzetti di fucile. I casi più gravi di tortura hanno riguardato i detenuti appesi a testa in giù, frustando e usando scosse elettriche. I membri della minoranza pashtun sono stati appositamente presi di mira per gli abusi.
rapporto a cura di John Sifton – Ricercatore nella divisione Asia di Human Rights Watch.

Da quando Ismail Khan ha preso il controllo di Herat alla fine del 2001, le sue truppe hanno regolarmente commesso atti di violenza e intimidazione contro persone e gruppi ritenuti contrari al suo governo.

La violenza e le intimidazioni sono state particolarmente gravi durante la vigilia della loya jirga del giugno 2002, quando le forze sotto il comando di Ismail Khan hanno arrestato candidati in quasi tutti i distretti di Herat e in diverse province limitrofe. Un alto funzionario dell’UNAMA a conoscenza degli eventi durante la loya jirga ha confermato molti dei casi documentati in questo rapporto. (fonte Human Rights Watch)

La sua storia

Ismail Khan, di etnia tagika, è nato nel 1948 a Naser Abad, nel distretto di Shindand (provincia di Herat). Ha frequentato la scuola primaria di Waez Kashif ed è stato poi ammesso alla Scuola militare di Kabul e all’Accademia, sempre a Kabul. Completati gli studi militari (1972), è stato assegnato alla 17^ Divisione di Herat. Ha partecipato all’insurrezione popolare contro il regime comunista del 17 Marzo 1979, che è stata soffocata nel sangue. Per sottrarsi all’arresto, Ismail Khan, allora Capitano, ha abbandonato l’Esercito ed è entrato in clandestinità rifugiandosi insieme a sessanta dei suoi uomini in una zona montagnosa della provincia di Ghowr.

Dopo l’invasione sovietica ha raggiunto il Pakistan ed ha aderito al partito Jamiat-e Islami di Burhanuddin Rabbani. Tornato in patria, ha contribuito ad organizzare il jihad nelle province occidentali guadagnando una grande fama per le sue capacità militari e il suo coraggio, ma si è procurato anche molti nemici in seno al suo stesso partito, soprattutto quando ha tentato di impedire la formazione del movimento islamista degli ikuani (fratelli), collegato ai Fratelli mussulmani egiziani e che voleva diffondere l’insegnamento wahhabita. Gli ikuani hanno continuato a contrastarlo anche quando, dopo la caduta del regime comunista, egli è diventato Governatore della provincia di Herat e ha assicurato alla popolazione benessere, prosperità e stabilità inserendo i suoi avversari nell’amministrazione locale. Ismail Khan ha sempre mantenuto un atteggiamento di indipendenza nei confronti del Governo di Kabul, che ha cercato anche di opporsi alla sua decisione di attribuirsi il titolo di Emiro. Nel periodo della guerra civile (1992-1996), egli ha cercato di favorire un’intesa tra le fazioni in lotta, ma i suoi tentativi sono falliti a causa delle manovre dei servizi segreti pakistani.

Nel mese di marzo 1995 i taliban hanno attaccato ripetutamente la provincia di Herat, ma Ismail Khan è riuscito a bloccare per due volte la loro avanzata. Nel mese di agosto ha condotto una controffensiva che gli ha consentito di arrivare a Gereshk, nella provincia di Helmand, allontanandosi troppo dalle sue basi ed esponendo le sue milizie ai veloci contrattacchi dei taliban, rafforzatisi nel frattempo grazie agli aiuti provenienti soprattutto dal Pakistan e dall’Arabia Saudita. La sconfitta iniziale si è tramutata presto in una rottura e Ismail Khan ha lasciato con i suoi uomini Herat, occupata dai taliban il 5 settembre, rifugiandosi in Iran. Nel 1997 è tornato in patria per partecipare alla lotta contro le milizie taliban insieme a Abdul Rashid Dostum, ma a causa del tradimento del Vice di quest’ultimo, Malik Palhawan, è stato catturato e consegnato ai taliban. Questi lo hanno rinchiuso nella prigione di Kandahar, da cui è riuscito a fuggire dopo tre anni con la complicità di una guardia. Rifugiatosi nuovamente in Iran, poco dopo ha fatto ritorno nella provincia di Herat senza tuttavia riuscire a rappresentate una minaccia seria per i taliban. L’inizio dell’operazione militare Enduring Freedom gli ha consentito di riprendere l’offensiva e al comando delle sue milizie ha liberato Herat il 12 novembre del 2001. Ismail Khan è stato nuovamente nominato Governatore della provincia, con una notevole influenza anche su quelle vicine, e in seguito gli è stato riconosciuto anche l’incarico di Comandante del 4° Corpo d’Armata con giurisdizione nella regione occidentale. Con la fine dei combattimenti la città di Herat è tornata ad essere al centro di traffici e di attività commerciali e industriali, distinguendosi tra gli altri capoluoghi di provincia, inclusa Kabul, per il livello di sviluppo e di benessere conseguiti. Tuttavia, sono presto sorti dei contrasti tra Ismail Khan e il Governo centrale, che reclamava il versamento delle tasse doganali riscosse nei valichi di frontiera con l’Iran e il Turkmenistan, valutate in oltre 60 milioni di dollari l’anno. Nello stesso tempo, è stato criticato dalle organizzazioni per la difesa dei diritti umani per gli ostacoli posti all’affermazione del ruolo delle donne nella società e per gli episodi di violenza di cui si sono resi responsabili i suoi uomini in passato.

Il Governo centrale ha cercato di indebolire l’autorità di Ismail Khan, sia nominando governatori a lui ostili nelle vicine province di Bagdis e di Farah, sia vietando il cumulo delle cariche civili e militari. Il 21 marzo 2004 alcuni soldati della 17^ Divisione, comandata dal Generale Zahir Khan Nayebazda, sono stati coinvolti in un attentato nei suoi confronti e poi hanno ucciso il figlio, Mirwais, e altri collaboratori che si erano recatosi presso la sede della Divisione per avere chiarimenti. Sono seguiti scontri violenti culminati con la fuga del Generale Nayebzada e la morte di decine di persone. Nel successivo mese di agosto, le milizie di Ismail Khan sono state sconfitte nel distretto di Shindand da quelle pashtun di Amanullah Khan. L’episodio ha fornito al Governo il pretesto per inviare nell’area una forza di interposizione e, in seguito (l’11 settembre dello stesso anno), per rimuovere Ismail Khan dall’incarico di Governatore. Tuttavia, seguendo una politica condotta anche con altri warlord, tra cui Dostum, il Presidente Karzai ha cercato di cooptare Ismail Khan nelle strutture di potere, temendo gli effetti destabilizzanti che egli avrebbe potuto provocare schierandosi contro le istituzioni del Paese. Di conseguenza, nel dicembre dello stesso anno gli ha offerto l’incarico di Ministro dell’energia e delle risorse idriche, che è stato accettato.

Oltre che una figura carismatica della guerra contro i sovietici, Ismail Khan è anche un politico molto accorto e aspira a un proprio ruolo egemone in ambito regionale. Egli ha cercato di raggiungere tale obiettivo sfidando in alcune occasioni il Governo centrale, sia durante il periodo dei mujiaheddin che dopo la caduta dei taliban, ma evitando che le divergenze sfociassero in uno scontro aperto. Pertanto, anche se attualmente mostra un atteggiamento di lealtà nei confronti del Presidente Karzai, è verosimile che Ismail Khan sia pronto a sfruttare tutte le opportunità che gli si presenteranno per recuperare la propria influenza nella provincia di Herat e in tutta la regione occidentale. (fonte argoriente).

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Il 13 agosto 2021 talebani hanno catturato Ismail Khan ad Herat. Un portavoce di Khan ha poi detto all’agenzia di stampa AFP che al comandante era stato permesso di tornare alla sua residenza dopo negoziati con i talebani (fonte Al Jazeera)

 

Khalili Mohammad Karim

È nato nel 1950 nella provincia di Wardack.

  • Ex Vice Presidente dell’Afghanistan nell’amministrazione del presidente Hamid Karzai, è stato nominato per la prima volta Vicepresidente nel 2002 ed è stato eletto come primo ufficiale di Hamid Karzai nel 2004
  • Vice Presidente della Autorità Transitoria Afghana (giugno 2002)
  • Karzai lo ha scelto come Secondo Vice Presidente per le elezioni presidenziali del mese di ottobre del 2004
  • Nel 2019 è il presidente dell’Alto consiglio per la pace(Afghan High Peace Council) in rappresentanza del governo per i negoziati di pace con i Talebani

Cosa si dice di lui

Accusato nel 2010 insieme ad altri sette ministri di appropriazione indebita di $362,000 nelle attività di agenzie di viaggio per l’organizzazione dei pellegrinaggi alla Mecca. Khalili faceva parte della Haj Operation Commission che dovrebbe garantire un viaggio sicuro da e per l’Arabia Saudita dei pellegrini afgani (fonte RAWA)

Lo studio “Mappa dei conflitti afgani dal 1978” realizzato dall’Afghan Independent Human Rights Commission (AIHRC) che riporta in modo preciso i luoghi e i dati relativi a 180 fosse comuni in cui si trovano resti di civili e combattenti fatti prigionieri.

Le figure accusate nel report di avere avuto responsabilità nelle uccisioni di massa comprendono alcuni dei personaggi più potenti del governo afgano e delle attuali fazioni etniche, compresi politici dell’Alleanza del Nord che cacciò i Talebani nel 2001. Tra questi comare il nome di Khalili insieme a Ahmed Shah Massoud (leader dell’Alleanza del Nord, deceduto), Abdul Rashid Dostum (Generale delle Forze Armate), Muhammad Qasim Fahim (Vice Presidente). (fonte Osservatorio Afghanistan)

Il Rapporto di Human Rights Watch del 2004 “The Rule of the Gun. Human Rights Abuses and Political Repression in the Run-up to Afghanistan’s Presidential Election” cita gli abusi compiuti da due comandanti (Arif Dawari e Abdul Ali ) legati a Khalili. Si tratta di estorsione, sequestro di terre e proprietà, arresto e detenzione arbitraria, sparizioni; omicidi, aggressioni fisiche, intimidazioni e abuso sessuale delle donne. Khalili si è mosso per coprire le denunce bloccando gli sforzi per estromettere i comandanti implicati e per mettere a tacere le loro malefatte. (fonte Human Rights Watch)

I suoi precedenti

Mohammad Karim Khalili, di etnia hazara, è nato nel 1950 a Qala-e Khesh, un villaggio del distretto di Beshud (provincia di Wardak). Dal 1981 al 1987 è stato dapprima membro e quindi dirigente del Consiglio della Coalizione islamica dell’Afghanistan, organizzazione sostenuta dall’Iran. Nel 1988 ha aderito al partito Hezb-e-Wahdat Islami di Abdul Ali Mazari, sorto su spinta di Teheran che intendeva unire le correnti sciite contro i partiti sunniti con base in Pakistan. Durante la guerra civile ha combattuto con le milizie del suo partito a fianco di quelle uzbeke di Abdul Rashid Dostum e pashtun di Gulbuddin Hekmatyar contro le forze governative (tagike) comandate da Ahmad Shah Massud.

Nel marzo 1995, dopo aver subito gravi perdite, Mazari ha stipulato un accordo con i taliban ma molti dei suoi comandanti si sono rifiutati di consegnare le armi. Mazari è stato arrestato dai taliban, che lo sospettavano di tradimento, ed è stato ucciso mentre tentava di fuggire. Alla sua morte, il ruolo di Presidente del partito è passato a Khalili il quale in pochi mesi ha preso le distanze dai taliban e nel 1996 ha partecipato insieme a Massud e a Dostum alla costituzione del Consiglio Supremo per la Difesa della Patria, con capitale a Mazar-e Sharif, e, l’anno successivo, alla formazione del Fronte Unito Nazionale e Islamico per la Salvezza dell’Afghanistan, meglio conosciuto come Alleanza del Nord.

Dopo la Conferenza di Bonn ha protestato per lo scarso peso attribuito alla componente hazara nelle nuove istituzioni ma ha accettato l’incarico di Vice Presidente della Autorità Transitoria Afghana (giugno 2002). Nel 2004 Karzai lo ha scelto come Secondo Vice Presidente per le elezioni presidenziali del mese di ottobre. Con il tempo ha perso gran parte della sua influenza tra la comunità hazara a vantaggio di Mohammad Mohaqqeq, già famoso comandante delle milizie di Hezb-e-Wahdat Islami, distintosi nei combattimenti intorno a Mazar-e Sharif. Mohaqqed ha lasciato il partito diretto da Khalili fondando una propria formazione chiamata Hezb-e Wahdat-e Islami i Mardom.

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Non si hanno sue notizie dopo la ripresa del potere dei talebani nell’agosto 2021.

 

Hekmatyar Gulbuddin

Gulbuddin Hekmatyar è nato il 1° agosto 1949

Cosa si dice di lui

Artur McCoy, professore alla Wisconsin University, ha accusato gli USA di aver sostenuto il traffico internazionale di droga di Hekmatyar in cambio della sua collaborazione antisovietica. (fonte Bearcave)
La ONG francese Medici Senza Frontiere riporta come, nel 1987, il gruppo di Hekmatyar abbia sequestrato un enorme carico di medicine per un villaggio del nord dell’Afghanistan. Nel 1992 i suoi bombardamenti contro il governo-fantoccio filorusso provocano solo a Kabul 50.000 morti civili.

Il New York Times lo ha definito “il più brutale di un gruppo di bruti”. Nonostante tutto ciò, nel 2017 l’ONU lo elimina dalla sua blacklist.

L’autore e giornalista della CNN Peter Bergen ha stimato che le sovvenzioni USA a Hekmatyar siano state di almeno 600 milioni di dollari.

La sua storia

Gulbuddin Hekmatyar, nato nel 1949, è un signore della guerra afghano, tristemente noto come “il macellaio di Kabul” o “Rocketyar” (da rocket, in inglese razzo, per i terribili bombardamenti da lui effettuati). È fondatore e leader del partito fondamentalista Hezb-e-Islami (1975). Durante gli anni ‘90 è stato due volte Primo Ministro.
Studente d’ingegneria all’Università di Kabul, negli anni 70 Hekmatyar si avvicina all’islamismo tramite i Giovani Musulmani e i Fratelli Musulmani di Saydd Qutb. È noto che, durante l’università, abbia organizzato diversi attentati con l’acido a danno di studentesse, di cui non approvava l’accesso all’istruzione. (fonte Jones, Seth G. (2010). In the Graveyard of Empires: America’s War in Afghanistan. W. W. Norton & Company. pp. 32–33. ISBN 9780393071429)
Durante l’invasione sovietica gli USA sovvenzionano (tramite l’Inter-Services Intelligence pakistana) il suo partito di mujahideen Hezb-e-Islami, che si oppone all’URSS.

Sempre negli anni ‘90 collabora con Bin Laden, successivamente autore dell’attacco dell’11 settembre. (fonte: Bergen, Peter L., Holy war, Inc.: Inside the Secret World of Osama bin Laden, New York: Free Press, 2001, pp. 70–71)
Durante il governo dei talebani, il macellaio di Kabul fugge in Iran e, in seguito alla loro caduta nel 2001, si reca in Pakistan per organizzare una campagna contro il governo di Karzai, che risulta però fallimentare.
Il 10 febbraio 2003 è lo stesso governo afghano a denunciare alla comunità internazionale la collaborazione di Hekmatyar con i talebani e Al-Quaeda. Gli USA, che ormai non ne hanno più controllo, il 19 febbraio 2003 lo definiscono “terrorista globale”.
Il suo supporto a Bin Laden diventa ufficiale nel 2006, in un video trasmesso da Al Jazeera.
Il 22 settembre 2016 firma un accordo di pace con il governo e rientra in Afghanistan, acclamato da numerosi parlamentari in carica. Human Rights Watch definisce questo perdono “un insulto alle innumerevoli vittime dei suoi gravissimi abusi”. (fonte The Guardian)

Vedi anche – Human Rights Watch

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Dopo l’agosto 2021, si dice che Gulbuddin Hekmatyar e la sua organizzazione abbiano aderito al Consiglio di riconciliazione formato dai talebani. Ha espresso il suo sostegno ai talebani nel settembre 2021 anche se lui e il suo partito non saranno inclusi nel governo. Nell’ottobre 2022, Hekmatyar ha tenuto un sermone a Kabul secondo cui i colloqui di Bonn (2001) e Doha (2019-2020) non sono riusciti a portare la pace in Afghanistan a causa dell’influenza degli “stranieri”. Ha proposto colloqui intra-afgani per formare un governo inclusivo che sostituisca l’attuale governo talebano ad interim. (Fonte Wikipedia)

Dostum Abdul Rashid

Abdul Rashid Dostum è nato a Khwaja Du Koh (Afghanistan) il 25 marzo 1954.

  • Nel 1991 ha fondato il partito politico “Junbesh” o NIMA (Movimento Nazionale Islamico dell’Afghanistan)
  • Nel 2002 ha fondato la sua rete multimediale chiamata AINA TV
  • Nell’ottobre del 2004 si è candidato alla presidenza
  • Nel marzo del 2008 è stato nominato Capo di Stato Maggiore dell’esercito nazionale afghano poi rimosso a causa del rapimento di Akbar Bai
  • Nel 2014 il presidente Ghani lo ha scelto come partner elettorale e vicepresidente
  • Nel 2019 è stato scelto da Abdullah Abdullah, rivale di Ghani
  • Nel 2020 è stato nominato «maresciallo», la più alta onorificenza militare del Paese, che è stata concessa soltanto a due persone in passato.

Cosa si dice di lui

Il generale Abdul Rashid Dostum, signore della guerra rientrato in Afghanistan (nel 2018) dopo più di un anno di auto-esilio in Turchia è accusato di stupro e sequestro.

Lui e nove delle sue guardie del corpo sono accusati di aver sequestrato per cinque giorni, seviziato e sodomizzato un politico, già alleato e poi oppositore, Ahmad Ischi, per poi passarlo nelle mani delle proprie guardie del corpo e in quelle poco carezzevoli della Nds, i servizi segreti afghani.

Nonostante il presidente Ghani lo avesse definito «un noto omicida», alle presidenziali del 2014, lo scelse come partner nel ticket elettorale pur di conquistarsi il pacchetto di voti degli uzbechi del nord.

Fondatore del partito Junbesh-e-Melli, dominus di un personale feudo settentrionale nelle province di Balkh, Jowzyan, Sar-e-pul, Faryab, voltagabbana pronto a prendere soldi dalla Cia o ad allearsi con i barbuti pur di mantenere influenza, consenso e potere. (fonte il manifesto)

Signore della guerra di etnia uzbeka che negli ultimi decenni è stato accusato diverse volte di estese violazioni dei diritti umani e abusi, e di ritorsioni violente contro i suoi alleati e rivali politici. Durante gli anni dell’occupazione sovietica dell’Afghanistan (1979-1989) e della successiva guerra civile (anni Novanta), Dostum fu a capo di una milizia formata da 20mila uomini, accusata di avere compiuto stupri, saccheggi ed esecuzioni pubbliche particolarmente violente, come uccidere i criminali passandoci sopra con dei carri armati. (fonte il post)

Accuse di violenze perpetrate dagli uomini fedeli al leader Dostum che avrebbero attaccato e picchiato alcuni residenti di un villaggio alla periferia di Shiberghan, la capitale della provincia settentrionale di Jawzjan.

Gli abitanti del villaggio in corteo hanno portato e deposto 10 feriti davanti all’ufficio del governatore. Hanno denunciato una delle guardie di Dostum, Sattar Khan che, con uomini armati e in cinque veicoli della polizia, sono entrati nel villaggio picchiandone i residenti. (fonte RAWA)

La milizia Junbesh è fedele al primo vicepresidente Abdul Rashid Dostum, signore della guerra a lungo implicato in crimini di guerra, inclusa la morte di centinaia di prigionieri talebani nel novembre 2001 sotto la custodia delle sue forze di milizia.

Gli omicidi a Faryab (giugno 2016), nella provincia settentrionale dell’Afghanistan, sono gli ultimi di una lunga serie di atrocità commesse dalle forze della milizia di Dostum”, ha detto Patricia Gossman, ricercatrice senior in Afghanistan presso Human Rights Watch.”Il fatto che queste forze, e lo stesso Vicepresidente Dostum, non siano mai stati ritenuti responsabili, ha minato la sicurezza nel nord dell’Afghanistan”

HRW ha documentato uccisioni e altri abusi da parte delle milizie Junbish contro l’etnia pashtun in questi stessi villaggi subito dopo la sconfitta del governo talebano alla fine del 2001. Nessun comandante delle milizie è stato mai perseguito per questi attacchi. “Milizie come Junbesh avrebbero dovuto essere sciolte molto tempo fa”, ha detto Gossman. “Ma poiché tali forze hanno potenti mecenati, hanno continuato a commettere abusi impunemente. A luglio, Human Rights Watch ha intervistato i residenti dei villaggi.

Per leggere le interviste clicca qui  

La sua storia

Abdul Rashid Dostum, di etnia uzbeka, è nato a Khavjia Dokoh, nella provincia di Jowzjan, nel 1954 da una famiglia di contadini, ex combattente filo-sovietico durante la guerra sovietica in Afghanistan ed è considerato da molti il leader della comunità uzbeka. È entrato a far parte dell’esercito afghano nel 1978, combattendo con i sovietici e contro i mujaheddin per tutti gli anni ’80 prima di cambiare schieramento e unirsi ai mujaheddin. Dostum avrebbe cambiato nuovamente schieramento ed è diventato famoso per il suo cambio di alleanza.

Ha lavorato come operaio in una compagnia per l’estrazione di gas della regione settentrionale e in seguito è diventato responsabile dell’organizzazione di unità di auto-difesa per la protezione degli impianti. Dopo un corso di addestramento in Unione Sovietica è stato assunto dal Ministero dell’interno che gli ha affidato il comando dell’Unità 374, una milizia paramilitare attiva nella sua provincia, conferendogli il grado di Generale. Ben presto il numero degli uomini alle sue dipendenze è aumentato comprendendo anche elementi di altri gruppi etnici. Dopo l’arrivo al potere di Najibullah, Dostum ha svolto un ruolo molto attivo nella lotta contro i mujahiddin; per i meriti acquisiti è stato insignito del titolo di “Eroe della Repubblica dell’Afghanistan” e ammesso anche al Comitato Centrale del Partito comunista. In questo periodo ha fondato un proprio partito chiamato Junbesh-e Milli, che continua a raccogliere i consensi della maggioranza della popolazione di etnia uzbeka. Nel mese di febbraio 1992 ha abbandonato Najibullah schierandosi con i suoi miliziani a fianco di Massud che, con il suo aiuto, è riuscito a impadronirsi di Kabul prima di Gulbuddin Hekmatyar. Gli uomini di Dostum si sono fatti presto temere nella capitale per la loro crudeltà e la loro avidità. Nel 1994 Dostum ha abbandonato Massud alleandosi con Hekmatyar cercando di prendere il controllo del Ministero della difesa. A seguito del fallimento di questo tentativo ha lasciato Kabul per rifugiarsi a Mazar-e Sharif dove ha costituito una specie di mini-Stato, con una propria moneta e una propria compagnia aerea. Nell’ottobre 1996 ha partecipato con Massud e Kharim Khalili alla costituzione del Consiglio Supremo per la Difesa della Patria, che aveva la propria base proprio a Mazar-e Sharif. Nel periodo 1997-1998 Dostum ha cercato di resistere all’avanzata delle milizie taliban, ma a causa della defezione del suo vice, Abdul Malik Palhawan, che lo accusava di aver fatto assassinare il fratello, è stato sconfitto e costretto a lasciare l’Afghanistan.

È tornato in patria nell’aprile del 2001 per combattere a fianco di Massud, ma fu solo dopo l’inizio dell’Operazione Enduring Freedom che ha svolto un ruolo importante contribuendo alla liberazione delle aree della regione settentrionale abitate in prevalenza da popolazione uzbeka. Anche in questo periodo i suoi uomini sono stati accusati di crudeltà, in particolare della morte di centinaia di prigionieri, rinchiusi dentro contenitori con scarsa ventilazione e tenuti per molte ore all’aperto. La scarsa limpidezza delle vicende di cui è stato protagonista gli hanno impedito di svolgere un ruolo di primo piano nelle nuove istituzioni afghane anche se nell’aprile 2005 è stato nominato Capo di Stato Maggiore dell’Alto Comando delle Forze Armate afghane. Tuttavia, si tratta di un titolo meramente onorifico, privo di reali poteri, che Karzai gli ha conferito per impedirgli di partecipare alle elezioni politiche o di appoggiare candidati contrari al Governo. Nell’aprile 2007, tuttavia, Dostum è stato tra i promotori della costituzione del Fronte Nazionale Unito il cui obiettivo è, di fatto, esprimere una alternativa di potere a Karzai.

Nella notte tra il 2 e il 3 febbraio 2008, a Kabul, Dostum ha assaltato, alla testa di 50-70 uomini armati, l’abitazione di Akbar Bai, di etnia turkmena e suo avversario politico, prelevandolo e portandolo con la forza nella sua residenza, poco lontana. La polizia è intervenuta con decine di agenti liberando il sequestrato, che è stato successivamente ricoverato in ospedale per le percosse ricevute. La vicenda ha provocato prese di posizione indignate da parte di molti gruppi politici e sociali mentre i sostenitori del generale hanno minacciato rivolte nelle province settentrionali se “gli fosse stato torto un capello”. Tuttavia, il Procuratore generale Sabit ha aperto un procedimento nei suoi confronti e gli ha intimato di comparire per dare spiegazioni; al rifiuto del generale, ha disposto la sua sospensione dall’incarico militare ricoperto. Anche se emarginato sulla scena politica nazionale, Dostum mira a rimanere un protagonista in ambito regionale, conservando intatta la sua base di potere tra la popolazione uzbeka. Per tale motivo avrebbe cercato di mantenere una propria milizia armata, evitando di attenersi al programma DIAG (Disbandment of Illegal Armed Groups) promosso dal Governo di Kabul e sostenuto dalla comunità internazionale. (fonte Argoriente)

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L’11 agosto 2021, durante l’offensiva nazionale dei talebani, Dostum, insieme ad Atta Muhammad Nur, ha guidato la difesa del governo della città di Mazar-i Sharif. Tre giorni dopo, si sono ritirati attraverso Hairatan in Uzbekistan, restando fedeli al Fronte di resistenza nazionale dell’Afghanistan, quello che resta della crollata Repubblica islamica dell’Afghanistan. (fonte Wikipedia)

L’ultima lunga intervista, dove ripercorre tutta la sua vita, rilasciata da Dostum a RollingStone è del 30 luglio 2023.

Mortenson Greg

Greg Mortenson è un “filantropo” e scrittore statunitense, veterano ed ex alpinista. È cofondatore ed ex direttore esecutivo della ONG Central Asia Institute (CAI) e fondatore dell’associazione benefica educativa Pennies for Peace.

Mortenson è il coautore, con David Oliver Relin, di Tre tazze di Tè e autore del sequel La bambina che scriveva sulla sabbia.

Mortenson è stato accusato di irregolarità finanziarie nella gestione delle donazioni al CAI e di falsità nei suoi libri. Nel 2012, Mortenson ha rimborsato 1 milione di $ al CAI dopo un’inchiesta del procuratore generale del Montana. (fonte Wikipedia)

Cosa si dice di lui

da Enrico Crespi
A proposito di scuole funzionanti e non, una trasmissione televisiva americana e un inchiesta fatta sul posto da Jon Krakauer (Three Cups of Deceit) hanno rilevato alcune sorpresine. Greg Mortenson, come tanti nel bel mondo della cooperazione, sembrerebbe un gran contaballe. Lo ricordiamo autore del best seller strappalacrime Tre tazzè di tè in cui si raccontava del suo impegno nelle zone di frontiera del Pakistan, delle scuole costruite e del suo “eroismo” (rapimenti, etc.). Un best seller, applaudito e che ha contribuito a far raccogliere alla sua associazione oltre USD 60 milioni (infatti dopo ne ha scritto un altro).

Gran parte delle storie sembrerebbero inventate e, cosa più grave, delle 141 scuole che dice di aver costruito solo poche funzionano e addirittura qualcuna non esiste. Esagerazioni e invenzioni, sembra; del resto è ciò che si legge in gran parte dei Bilanci Sociali delle aziende dell’industria dell’assistenza e, nel nostro piccolo, quanto abbiamo raccontato relativamente a CCS Italia. Mortenson, come altri (vedi Fernanda Contri), dice che i fatti documentati sono “distorti, parziali, minaccia querele”.

Jon Krakauer ha però fornito tanta documentazione che ha indotto la controparte a una mezza ritirata. Lui, dopo tante voci su malefatte dell’Associazione, ha preso scarponi e zaino ed è partito per il Pamir (Baltistan). Lì è di casa perché è un notissimo scalatore, autore, fra gli altri del libro-scandalo Aria Sottile, sulle tragiche (e vere) conseguenze dell’alpinismo commerciale sull’Everest.

Un po’ protetto dall’establishment (lo stesso Obama ha donato oltre USD 100.000 e ha proposto Mortenson per il Nobel), il Central Asia Institute (CIA) era già sotto tiro per la mancanza di trasparenza, l’utilizzo personale dei fondi, la scarsezza di risultati. Lo stesso Krakauer aveva donato oltre USD 75.000 ma, poi, ha voluto vederci chiaro.

Anche in questo caso le solite dichiarazioni, l’85% dei fondi raccolti finisce nei progetti (USD 4 milioni annui), ma ecco qui che, delle 141 scuole dichiarate costruite e funzionanti, almeno il 50% sono senza fondi, insegnanti e studenti. Nel suo viaggio, Krakauer, qualcuna neanche l’ha trovata. La scuola costruita per i nomadi Khirghizi (raccontata come un “impresa” nel secondo libro di Mortenson) non ha mai funzionato, distante e non necessaria per la comunità. (Fonte blog Il business della bontà)

60 Minutes e Jon Krakauer

Nella trasmissione della CBS News del 17 aprile 2011, “60 Minutes”, il corrispondente Steve Kroft ha accusato presunte imprecisioni nei libri di Mortenson Tre tazze di tè e nel suo sequel, nonché irregolarità finanziarie nel funzionamento del Central Asia Institute (CAI) .

Le accuse erano le seguenti:

  • La storia raccontata in Tre tazze di tè, su Mortenson che si perde e si separa durante la discesa dal K2, non si è verificata.
  • La storia raccontata in Stones into School, sulla cattura di Mortenson da parte dei talebani, non è avvenuta. Gli è stato invece dimostrato grande rispetto e ospitalità, coerentemente con il valori pashtunwali dei suoi ospiti.
  • Delle scuole che il Central Asia Institute ha affermato di aver fondato, alcune non sono mai state costruite, alcune sono state abbandonate, alcune sono state utilizzate per altri scopi e altre non sono state supportate dal CAI dopo la loro costruzione.
  • La somma di denaro che il Central Asia Institute stava spendendo per coprire le spese promozionali e di viaggio di Mortenson era eccessiva.

“60 Minutes” aveva chiesto a Mortenson un’intervista prima della trasmissione, ma Mortenson aveva declinato l’invito rispondendo solo alle domande per iscritto. Mortenson si era rifiutato di parlare con Steve Kroft e, secondo quanto riferito, il personale del CAI sollecitò l’hotel che ospitava l’equipaggio di “60 Minutes” perché chiedesse loro di lasciare la struttura. Mortenson aveva anche annullato il discorso che era stato programmato quel pomeriggio nella struttura della convention di Atlanta.

Mortenson ha scritto una dichiarazione in risposta alle accuse contro di lui pubblicate nel Bozeman Chronicle: “Mi attengo alle informazioni trasmesse nel mio libro e al valore del lavoro del CAI nel consentire alle comunità locali di costruire e gestire scuole che hanno istruito più di 60.000 studenti”. E ha aggiunto: “Quanto raccontato dei nostri ultimi giorni sul K2 e dell’arrivo al villaggio di Korphe e Skardu è una versione compressa degli eventi che hanno avuto luogo nell’autunno del 1993…” Tuttavia, scrivendo per Outside Online, Grayson Schaffer ha indagato sulle affermazioni di Mortenson riguardo a Korphe e le ha trovate presumibilmente false, poiché non era possibile che Mortenson arrivasse a Korphe mentre scendeva dal K2 lungo la via da lui dichiarata. Inoltre, Schaffer aggiunge che non ci sono prove che Mortenson fosse in realtà un abile scalatore himalayano, anche se affermava di aver scalato sei vette himalayane.

Jon Krakauer, ex sostenitore finanziario del CAI, per suo conto ha messo in dubbio i resoconti di Mortenson sulle sue imprese ed è stato intervistato da “60 Minutes”. Il giorno dopo la trasmissione, Krakauer ha rilanciato le sue accuse in un lungo articolo online, Three Cups of Deceit: How Greg Mortenson, Humanitarian Hero, Lost His Way, nel quale ha esplorato in dettaglio le irregolarità finanziarie del CAI, riferendo che un ex tesoriere del consiglio aveva lasciato l’organizzazione perché “Greg considerava il CAI come il suo bancomat personale”, addebitava regolarmente le spese personali all’organizzazione e raramente forniva ricevute o documentazioni.

In risposta alle accuse di Krakauer, il CAI ha prodotto un “Elenco completo dei principali progetti”, sul lavoro che il CAI aveva completato o su cui stava lavorando. L’elenco è stato pubblicato nel dicembre 2011.

Nel gennaio 2014, Mortenson è stato intervistato su Today da Tom Brokaw. Si è scusato e ha riconosciuto di aver deluso molte persone e ha detto “Ho fallito in molti modi, ed è una lezione importante”.

Nell’agosto 2014 Krakauer ha scritto un articolo di follow-up per The Daily Beast in cui affermava che una verifica dei progetti all’estero del CAI indicava che l’ente di beneficenza era ancora “afflitto da una diffusa corruzione” e che il fatto che Mortenson ne fosse il volto pubblico non era “la cosa migliore per l’ente e i suoi finaniatori”. Concludeva dicendo che “chiunque pensi di fare una donazione al CAI dovrebbe probabilmente ripensarci”.

Cause legali

Nel maggio 2011, Jean Price, Michele Reinhart e Dan Donovan, un avvocato di Great Falls, hanno intentato una causa collettiva contro Mortenson per conto dei lettori, chiedendo al giudice federale James Malloy di Missoula di trasferire in un fiduciaria tutti i proventi degli acquisti dei libri di Mortenson da utilizzare per scopi umanitari. Diversi querelanti nominati rinunciarono alla causa dopo aver confessato di non aver mai letto i libri e nel maggio del 2012 la causa è stata archiviata con pregiudizio davanti alla corte federale.

Nel maggio 2015, il procuratore generale del Montana dichiarava che il CAI e Mortenson avevano completato il previsto periodo di tre anni di controllo di conformità e il CAI dichiarava che l’IRS aveva completato il suo esame dell’organizzazione non profit e che l’organizzazione stava ottenendo un ritorno dei donatori e un aumento dei contributi.

3000 tazze di tè

Jennifer Jordan (amico di lunga data di Mortenson) e Jeff Rhoads, per tentare di confutare le affermazioni contro Mortenson, hanno realizzato nel 2016 un documentario: 3000 Cups of Tea.
Nel film e nelle interviste, Jordan afferma che le accuse contro Mortenson avanzate da Jon Krakauer e “60 Minuti” sono in gran parte false. Jordan ha dichiarato nel 2014: “Stiamo ancora indagando su questa storia. Finora, i nostri risultati indicano che la maggior parte delle accuse sono grossolanamente travisate per farlo apparire nella peggiore luce possibile, o sono del tutto false.
Sì, Greg è un cattivo manager e contabile, ed è il primo ad ammetterlo, ma è anche un instancabile umanitario con una missione di fondamentale importanza”. (fonte Wikipedia).

Khalilzad Zalmay

Khalilzad Zalmay è nato il 22 marzo 1951 a Mazar-i-Sharif (Afghanistan) è un diplomatico americano.

  • Professore assistente di scienze politiche presso la School of International and Public Affairs della – Columbia University 1979-1989
  • Consigliere speciale del Sottosegretario di Stato per gli affari politici 1985-1989
  • Inviato speciale USA in Afghanistan 2001-2003
  • Ambasciatore degli Stati Uniti in Afghanistan 2003-2005
  • Ambasciatore degli Stati Uniti in Iraq 20050621-2007
  • Ambasciatore degli Stati Uniti dell’ONU 2007-2008
  • Consigliere presso il Centro di studi strategici e internazionali (CSIS) con sede a Washington
  • Presidente del Khalilzad Associates 2009

Cosa si dice di lui

Zalmay Khalilzad, che è stato ambasciatore degli Stati Uniti in Afghanistan, Iraq e Nazioni Unite sotto il presidente George W. Bush, è indagato dalle autorità americane per sospetto riciclaggio di denaro. Il procuratore di Stato austriaco Thomas Vecsey ha confermato un rapporto del settimanale austriaco Profil sulle indagini su Khalilzad, il quale ha svolto un ruolo chiave nella transizione politica in Afghanistan dopo l’invasione guidata dagli Stati Uniti del 2001 e la caduta dei talebani. Secondo la rivista, le indagini si concentrano sul presunto trasferimento di 1,15 milioni di euro (1,5 milioni di dollari) nel maggio 2013 su un conto a Vienna di proprietà della moglie di Khalilzad, Cheryl Benard. Il denaro proveniva da attività commerciali in Iraq e negli Emirati Arabi Uniti, ha riferito.

Vecsey non ha approfondito le accuse, né il rapporto della rivista. Profil ha detto che il caso è diventato pubblico dopo che un blogger ha trovato documenti mentre rovistava in un contenitore della spazzatura utilizzato dall’ufficio del procuratore di Stato a Vienna. La rivista ha detto che diversi conti bancari di proprietà di Benard sono stati congelati a febbraio – una sentenza che è in appello. L’avvocato di Benard, Holger Bielesz, ha detto a Profil che le autorità statunitensi devono ancora esprimere “ragionevoli motivi per sospettarlo”. (20140908)

Zalmai Khalilzad, accusato di riciclaggio di denaro, ha affermato che l’Austria ha sbloccato i conti bancari di sua moglie. Nessuna accusa è stata intentata in nessuna parte del mondo, compresi gli Stati Uniti e l’Austria, contro Khalilzad o sua moglie. (11.9.2014) (fonte AfghanBios)

Nel settembre 2018, il Segretario di Stato  Mike Pompeo ha nominato Khalilzad Rappresentante speciale per la riconciliazione in Afghanistan, un incarico di nuova creazione con la missione di assicurare una risoluzione pacifica al conflitto in Afghanistan.

A partire dal marzo 2021, ha continuato in questo ruolo sotto la nuova amministrazione di Joe Biden. (fonte Wikipedia)

Zalmay Khalilzad, nato in Afghanistan, ha una storia lunga e spesso deplorevole negli affari afghani. Prima degli attacchi terroristici dell’11 settembre, ad esempio, Khalilzad lavorava come consulente per un gruppo a Boston, a sua volta assunto dall’UNOCAL, che all’epoca stava cercando di costruire un gasdotto attraverso l’Afghanistan controllato dai talibani.

A quel tempo Khalilzad si adoperò per normalizzare le relazioni degli Stati Uniti con i talebani e fece in modo che un alto funzionario talebano venisse negli Stati Uniti per incontrare i funzionari dell’amministrazione Clinton e gli imprenditori.

Quando gli afghani iniziarono a discutere del loro futuro governo, la maggior parte presumeva che Zahir Shah, il re afghano deposto in un colpo di stato del 1973, avrebbe svolto un ruolo: era uno statista anziano, rappresentava l’età d’oro dell’Afghanistan ed era una figura unificante.

Questo non vuol dire che gli afghani prevedessero universalmente un ritorno alla monarchia (sebbene molti lo facessero), ma la maggior parte pensava che il re potesse presiedere un consiglio di riconciliazione o una convenzione costituzionale. Khalilzad intervenne rapidamente per privilegiare Karzai, su cui pensava di avere influenza, su Zahir Shah, che considerava un concorrente. Alla fine Karzai si è smascherato come un venale teorico della cospirazione. (fonte Da American Enterprise Institute)

La sua storia

Khalilzad è nato a Mazar-i-Sharif, in Afghanistan , ed è cresciuto nella capitale del paese, Kabul. È un pashtun della tribù Noorzai.

Khalilzad ha iniziato la sua formazione presso la scuola pubblica Ghazi Lycée a Kabul. Ha trascorso del tempo negli Stati Uniti con un programma di scambio interculturale (AFS) per studenti a Ceres in California. Successivamente ha conseguito la laurea e il master presso l’ Università americana di Beirut, in Libano. Khalilzad ha conseguito il dottorato presso l’ Università di Chicago, dove ha studiato a stretto contatto con Albert Wohlstetter, un importante pensatore e stratega della deterrenza nucleare. Wohlstetter ha fornito a Khalilzad contatti all’interno del governo e di RAND Corporation. Khalilzad ha contribuito con almeno 28 articoli a RAND Corporation.

Dal 1979 al 1989, Khalilzad ha lavorato come assistente professore di scienze politiche presso la School of International and Public Affairs della Columbia University. Durante quel periodo, ha lavorato a stretto contatto con Zbigniew Brzezinski, l’architetto dell’amministrazione Carter dell’Operazione Ciclone per sostenere i mujaheddin, che resistettero all’invasione dell’Afghanistan da parte dell’Unione Sovietica.

Nel 1984, Khalilzad ha accettato una borsa di studio annuale del Council on Foreign Relations per entrare a far parte del Dipartimento di Stato deli Stati Uniti, dove è stato consigliere dell’Ufficio per il vicino Oriente e l’Asia Meridionale, guidato da Richard W. Murphy.

Dal 1985 al 1989, Khalilzad ha prestato servizio nell’amministrazione Reagan, come alto funzionario del Dipartimento di Stato, fornendo consulenza sulla guerra sovietico-afghana, dopo l’invasione sovietica. In quel periodo è stato membro dello staff di pianificazione politica e consigliere speciale del Dipartimento di Stato per l’Afghanistan del Sottosegretario di Stato Michael H. Armacost. In quel ruolo, ha sviluppato e guidato il programma internazionale per promuovere i meriti di un Afghanistan guidato dai mujaheddin che cacciasse l’occupazione sovietica. Dal 1990 al 1992, Khalilzad ha servito sotto il presidente George HW Bush nel Dipartimento di Difesa degli Stati Uniti, come vice sottosegretario per la pianificazione politica.

Tra il 1993 e il 2000, Khalilzad è stato il direttore della Strategia, Dottrina e Struttura della Forza presso la RAND Corporation. Durante quel periodo, ha contribuito a fondare il Center for Middle Eastern Studies di RAND e Strategic Appraisal, un periodico RAND. È anche autore di numerose monografie influenti, tra cui “Gli Stati Uniti e una Cina in ascesa” e “Dal contenimento alla leadership globale? L’America e il mondo dopo la guerra fredda”. Alla RAND ha anche svolto un breve periodo di consulenza per Cambridge Energy Research Associates, che stava conducendo un’analisi dei rischi per Unocal, ora parte di Chevron, per una proposta di 1400 km (890 mi), 2 miliardi di dollari, 622 m³/s ( 22.000 ft³/s) progetto gasdotto Trans-Afghanistan, che sarebbe stato esteso dal Turkmenistan in Afghanistan e poi in Pakistan.

Khalilzad ha anche scritto diversi articoli sul valore della leadership globale degli Stati Uniti a metà degli anni ’90. Gli scenari specifici di conflitto che immaginava se si fosse verificato un declino del potere americano hanno reso i suoi scritti estremamente popolari nel dibattito politico competitivo delle scuole superiori e dei college , in particolare i suoi scritti che collegano la perdita dell’egemonia degli Stati Uniti all’instabilità globale. Khalilzad era un firmatario della lettera dei membri del Project for the New American Century al presidente  Bill Clinton inviata il 26 gennaio 1998. Chiedeva l’aiuto di Clinton per “rimuovere Saddam Hussein e il suo regime dal potere “utilizzando” una serie completa di sforzi diplomatici, politici e militari. (fonte Wikipedia)