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Autore: Patrizia Fabbri

Dostum Abdul Rashid

Abdul Rashid Dostum è nato a Khwaja Du Koh (Afghanistan) il 25 marzo 1954.

  • Nel 1991 ha fondato il partito politico “Junbesh” o NIMA (Movimento Nazionale Islamico dell’Afghanistan)
  • Nel 2002 ha fondato la sua rete multimediale chiamata AINA TV
  • Nell’ottobre del 2004 si è candidato alla presidenza
  • Nel marzo del 2008 è stato nominato Capo di Stato Maggiore dell’esercito nazionale afghano poi rimosso a causa del rapimento di Akbar Bai
  • Nel 2014 il presidente Ghani lo ha scelto come partner elettorale e vicepresidente
  • Nel 2019 è stato scelto da Abdullah Abdullah, rivale di Ghani
  • Nel 2020 è stato nominato «maresciallo», la più alta onorificenza militare del Paese, che è stata concessa soltanto a due persone in passato.

Cosa si dice di lui

Il generale Abdul Rashid Dostum, signore della guerra rientrato in Afghanistan (nel 2018) dopo più di un anno di auto-esilio in Turchia è accusato di stupro e sequestro.

Lui e nove delle sue guardie del corpo sono accusati di aver sequestrato per cinque giorni, seviziato e sodomizzato un politico, già alleato e poi oppositore, Ahmad Ischi, per poi passarlo nelle mani delle proprie guardie del corpo e in quelle poco carezzevoli della Nds, i servizi segreti afghani.

Nonostante il presidente Ghani lo avesse definito «un noto omicida», alle presidenziali del 2014, lo scelse come partner nel ticket elettorale pur di conquistarsi il pacchetto di voti degli uzbechi del nord.

Fondatore del partito Junbesh-e-Melli, dominus di un personale feudo settentrionale nelle province di Balkh, Jowzyan, Sar-e-pul, Faryab, voltagabbana pronto a prendere soldi dalla Cia o ad allearsi con i barbuti pur di mantenere influenza, consenso e potere. (fonte il manifesto)

Signore della guerra di etnia uzbeka che negli ultimi decenni è stato accusato diverse volte di estese violazioni dei diritti umani e abusi, e di ritorsioni violente contro i suoi alleati e rivali politici. Durante gli anni dell’occupazione sovietica dell’Afghanistan (1979-1989) e della successiva guerra civile (anni Novanta), Dostum fu a capo di una milizia formata da 20mila uomini, accusata di avere compiuto stupri, saccheggi ed esecuzioni pubbliche particolarmente violente, come uccidere i criminali passandoci sopra con dei carri armati. (fonte il post)

Accuse di violenze perpetrate dagli uomini fedeli al leader Dostum che avrebbero attaccato e picchiato alcuni residenti di un villaggio alla periferia di Shiberghan, la capitale della provincia settentrionale di Jawzjan.

Gli abitanti del villaggio in corteo hanno portato e deposto 10 feriti davanti all’ufficio del governatore. Hanno denunciato una delle guardie di Dostum, Sattar Khan che, con uomini armati e in cinque veicoli della polizia, sono entrati nel villaggio picchiandone i residenti. (fonte RAWA)

La milizia Junbesh è fedele al primo vicepresidente Abdul Rashid Dostum, signore della guerra a lungo implicato in crimini di guerra, inclusa la morte di centinaia di prigionieri talebani nel novembre 2001 sotto la custodia delle sue forze di milizia.

Gli omicidi a Faryab (giugno 2016), nella provincia settentrionale dell’Afghanistan, sono gli ultimi di una lunga serie di atrocità commesse dalle forze della milizia di Dostum”, ha detto Patricia Gossman, ricercatrice senior in Afghanistan presso Human Rights Watch.”Il fatto che queste forze, e lo stesso Vicepresidente Dostum, non siano mai stati ritenuti responsabili, ha minato la sicurezza nel nord dell’Afghanistan”

HRW ha documentato uccisioni e altri abusi da parte delle milizie Junbish contro l’etnia pashtun in questi stessi villaggi subito dopo la sconfitta del governo talebano alla fine del 2001. Nessun comandante delle milizie è stato mai perseguito per questi attacchi. “Milizie come Junbesh avrebbero dovuto essere sciolte molto tempo fa”, ha detto Gossman. “Ma poiché tali forze hanno potenti mecenati, hanno continuato a commettere abusi impunemente. A luglio, Human Rights Watch ha intervistato i residenti dei villaggi.

Per leggere le interviste clicca qui  

La sua storia

Abdul Rashid Dostum, di etnia uzbeka, è nato a Khavjia Dokoh, nella provincia di Jowzjan, nel 1954 da una famiglia di contadini, ex combattente filo-sovietico durante la guerra sovietica in Afghanistan ed è considerato da molti il leader della comunità uzbeka. È entrato a far parte dell’esercito afghano nel 1978, combattendo con i sovietici e contro i mujaheddin per tutti gli anni ’80 prima di cambiare schieramento e unirsi ai mujaheddin. Dostum avrebbe cambiato nuovamente schieramento ed è diventato famoso per il suo cambio di alleanza.

Ha lavorato come operaio in una compagnia per l’estrazione di gas della regione settentrionale e in seguito è diventato responsabile dell’organizzazione di unità di auto-difesa per la protezione degli impianti. Dopo un corso di addestramento in Unione Sovietica è stato assunto dal Ministero dell’interno che gli ha affidato il comando dell’Unità 374, una milizia paramilitare attiva nella sua provincia, conferendogli il grado di Generale. Ben presto il numero degli uomini alle sue dipendenze è aumentato comprendendo anche elementi di altri gruppi etnici. Dopo l’arrivo al potere di Najibullah, Dostum ha svolto un ruolo molto attivo nella lotta contro i mujahiddin; per i meriti acquisiti è stato insignito del titolo di “Eroe della Repubblica dell’Afghanistan” e ammesso anche al Comitato Centrale del Partito comunista. In questo periodo ha fondato un proprio partito chiamato Junbesh-e Milli, che continua a raccogliere i consensi della maggioranza della popolazione di etnia uzbeka. Nel mese di febbraio 1992 ha abbandonato Najibullah schierandosi con i suoi miliziani a fianco di Massud che, con il suo aiuto, è riuscito a impadronirsi di Kabul prima di Gulbuddin Hekmatyar. Gli uomini di Dostum si sono fatti presto temere nella capitale per la loro crudeltà e la loro avidità. Nel 1994 Dostum ha abbandonato Massud alleandosi con Hekmatyar cercando di prendere il controllo del Ministero della difesa. A seguito del fallimento di questo tentativo ha lasciato Kabul per rifugiarsi a Mazar-e Sharif dove ha costituito una specie di mini-Stato, con una propria moneta e una propria compagnia aerea. Nell’ottobre 1996 ha partecipato con Massud e Kharim Khalili alla costituzione del Consiglio Supremo per la Difesa della Patria, che aveva la propria base proprio a Mazar-e Sharif. Nel periodo 1997-1998 Dostum ha cercato di resistere all’avanzata delle milizie taliban, ma a causa della defezione del suo vice, Abdul Malik Palhawan, che lo accusava di aver fatto assassinare il fratello, è stato sconfitto e costretto a lasciare l’Afghanistan.

È tornato in patria nell’aprile del 2001 per combattere a fianco di Massud, ma fu solo dopo l’inizio dell’Operazione Enduring Freedom che ha svolto un ruolo importante contribuendo alla liberazione delle aree della regione settentrionale abitate in prevalenza da popolazione uzbeka. Anche in questo periodo i suoi uomini sono stati accusati di crudeltà, in particolare della morte di centinaia di prigionieri, rinchiusi dentro contenitori con scarsa ventilazione e tenuti per molte ore all’aperto. La scarsa limpidezza delle vicende di cui è stato protagonista gli hanno impedito di svolgere un ruolo di primo piano nelle nuove istituzioni afghane anche se nell’aprile 2005 è stato nominato Capo di Stato Maggiore dell’Alto Comando delle Forze Armate afghane. Tuttavia, si tratta di un titolo meramente onorifico, privo di reali poteri, che Karzai gli ha conferito per impedirgli di partecipare alle elezioni politiche o di appoggiare candidati contrari al Governo. Nell’aprile 2007, tuttavia, Dostum è stato tra i promotori della costituzione del Fronte Nazionale Unito il cui obiettivo è, di fatto, esprimere una alternativa di potere a Karzai.

Nella notte tra il 2 e il 3 febbraio 2008, a Kabul, Dostum ha assaltato, alla testa di 50-70 uomini armati, l’abitazione di Akbar Bai, di etnia turkmena e suo avversario politico, prelevandolo e portandolo con la forza nella sua residenza, poco lontana. La polizia è intervenuta con decine di agenti liberando il sequestrato, che è stato successivamente ricoverato in ospedale per le percosse ricevute. La vicenda ha provocato prese di posizione indignate da parte di molti gruppi politici e sociali mentre i sostenitori del generale hanno minacciato rivolte nelle province settentrionali se “gli fosse stato torto un capello”. Tuttavia, il Procuratore generale Sabit ha aperto un procedimento nei suoi confronti e gli ha intimato di comparire per dare spiegazioni; al rifiuto del generale, ha disposto la sua sospensione dall’incarico militare ricoperto. Anche se emarginato sulla scena politica nazionale, Dostum mira a rimanere un protagonista in ambito regionale, conservando intatta la sua base di potere tra la popolazione uzbeka. Per tale motivo avrebbe cercato di mantenere una propria milizia armata, evitando di attenersi al programma DIAG (Disbandment of Illegal Armed Groups) promosso dal Governo di Kabul e sostenuto dalla comunità internazionale. (fonte Argoriente)

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L’11 agosto 2021, durante l’offensiva nazionale dei talebani, Dostum, insieme ad Atta Muhammad Nur, ha guidato la difesa del governo della città di Mazar-i Sharif. Tre giorni dopo, si sono ritirati attraverso Hairatan in Uzbekistan, restando fedeli al Fronte di resistenza nazionale dell’Afghanistan, quello che resta della crollata Repubblica islamica dell’Afghanistan. (fonte Wikipedia)

L’ultima lunga intervista, dove ripercorre tutta la sua vita, rilasciata da Dostum a RollingStone è del 30 luglio 2023.

Mortenson Greg

Greg Mortenson è un “filantropo” e scrittore statunitense, veterano ed ex alpinista. È cofondatore ed ex direttore esecutivo della ONG Central Asia Institute (CAI) e fondatore dell’associazione benefica educativa Pennies for Peace.

Mortenson è il coautore, con David Oliver Relin, di Tre tazze di Tè e autore del sequel La bambina che scriveva sulla sabbia.

Mortenson è stato accusato di irregolarità finanziarie nella gestione delle donazioni al CAI e di falsità nei suoi libri. Nel 2012, Mortenson ha rimborsato 1 milione di $ al CAI dopo un’inchiesta del procuratore generale del Montana. (fonte Wikipedia)

Cosa si dice di lui

da Enrico Crespi
A proposito di scuole funzionanti e non, una trasmissione televisiva americana e un inchiesta fatta sul posto da Jon Krakauer (Three Cups of Deceit) hanno rilevato alcune sorpresine. Greg Mortenson, come tanti nel bel mondo della cooperazione, sembrerebbe un gran contaballe. Lo ricordiamo autore del best seller strappalacrime Tre tazzè di tè in cui si raccontava del suo impegno nelle zone di frontiera del Pakistan, delle scuole costruite e del suo “eroismo” (rapimenti, etc.). Un best seller, applaudito e che ha contribuito a far raccogliere alla sua associazione oltre USD 60 milioni (infatti dopo ne ha scritto un altro).

Gran parte delle storie sembrerebbero inventate e, cosa più grave, delle 141 scuole che dice di aver costruito solo poche funzionano e addirittura qualcuna non esiste. Esagerazioni e invenzioni, sembra; del resto è ciò che si legge in gran parte dei Bilanci Sociali delle aziende dell’industria dell’assistenza e, nel nostro piccolo, quanto abbiamo raccontato relativamente a CCS Italia. Mortenson, come altri (vedi Fernanda Contri), dice che i fatti documentati sono “distorti, parziali, minaccia querele”.

Jon Krakauer ha però fornito tanta documentazione che ha indotto la controparte a una mezza ritirata. Lui, dopo tante voci su malefatte dell’Associazione, ha preso scarponi e zaino ed è partito per il Pamir (Baltistan). Lì è di casa perché è un notissimo scalatore, autore, fra gli altri del libro-scandalo Aria Sottile, sulle tragiche (e vere) conseguenze dell’alpinismo commerciale sull’Everest.

Un po’ protetto dall’establishment (lo stesso Obama ha donato oltre USD 100.000 e ha proposto Mortenson per il Nobel), il Central Asia Institute (CIA) era già sotto tiro per la mancanza di trasparenza, l’utilizzo personale dei fondi, la scarsezza di risultati. Lo stesso Krakauer aveva donato oltre USD 75.000 ma, poi, ha voluto vederci chiaro.

Anche in questo caso le solite dichiarazioni, l’85% dei fondi raccolti finisce nei progetti (USD 4 milioni annui), ma ecco qui che, delle 141 scuole dichiarate costruite e funzionanti, almeno il 50% sono senza fondi, insegnanti e studenti. Nel suo viaggio, Krakauer, qualcuna neanche l’ha trovata. La scuola costruita per i nomadi Khirghizi (raccontata come un “impresa” nel secondo libro di Mortenson) non ha mai funzionato, distante e non necessaria per la comunità. (Fonte blog Il business della bontà)

60 Minutes e Jon Krakauer

Nella trasmissione della CBS News del 17 aprile 2011, “60 Minutes”, il corrispondente Steve Kroft ha accusato presunte imprecisioni nei libri di Mortenson Tre tazze di tè e nel suo sequel, nonché irregolarità finanziarie nel funzionamento del Central Asia Institute (CAI) .

Le accuse erano le seguenti:

  • La storia raccontata in Tre tazze di tè, su Mortenson che si perde e si separa durante la discesa dal K2, non si è verificata.
  • La storia raccontata in Stones into School, sulla cattura di Mortenson da parte dei talebani, non è avvenuta. Gli è stato invece dimostrato grande rispetto e ospitalità, coerentemente con il valori pashtunwali dei suoi ospiti.
  • Delle scuole che il Central Asia Institute ha affermato di aver fondato, alcune non sono mai state costruite, alcune sono state abbandonate, alcune sono state utilizzate per altri scopi e altre non sono state supportate dal CAI dopo la loro costruzione.
  • La somma di denaro che il Central Asia Institute stava spendendo per coprire le spese promozionali e di viaggio di Mortenson era eccessiva.

“60 Minutes” aveva chiesto a Mortenson un’intervista prima della trasmissione, ma Mortenson aveva declinato l’invito rispondendo solo alle domande per iscritto. Mortenson si era rifiutato di parlare con Steve Kroft e, secondo quanto riferito, il personale del CAI sollecitò l’hotel che ospitava l’equipaggio di “60 Minutes” perché chiedesse loro di lasciare la struttura. Mortenson aveva anche annullato il discorso che era stato programmato quel pomeriggio nella struttura della convention di Atlanta.

Mortenson ha scritto una dichiarazione in risposta alle accuse contro di lui pubblicate nel Bozeman Chronicle: “Mi attengo alle informazioni trasmesse nel mio libro e al valore del lavoro del CAI nel consentire alle comunità locali di costruire e gestire scuole che hanno istruito più di 60.000 studenti”. E ha aggiunto: “Quanto raccontato dei nostri ultimi giorni sul K2 e dell’arrivo al villaggio di Korphe e Skardu è una versione compressa degli eventi che hanno avuto luogo nell’autunno del 1993…” Tuttavia, scrivendo per Outside Online, Grayson Schaffer ha indagato sulle affermazioni di Mortenson riguardo a Korphe e le ha trovate presumibilmente false, poiché non era possibile che Mortenson arrivasse a Korphe mentre scendeva dal K2 lungo la via da lui dichiarata. Inoltre, Schaffer aggiunge che non ci sono prove che Mortenson fosse in realtà un abile scalatore himalayano, anche se affermava di aver scalato sei vette himalayane.

Jon Krakauer, ex sostenitore finanziario del CAI, per suo conto ha messo in dubbio i resoconti di Mortenson sulle sue imprese ed è stato intervistato da “60 Minutes”. Il giorno dopo la trasmissione, Krakauer ha rilanciato le sue accuse in un lungo articolo online, Three Cups of Deceit: How Greg Mortenson, Humanitarian Hero, Lost His Way, nel quale ha esplorato in dettaglio le irregolarità finanziarie del CAI, riferendo che un ex tesoriere del consiglio aveva lasciato l’organizzazione perché “Greg considerava il CAI come il suo bancomat personale”, addebitava regolarmente le spese personali all’organizzazione e raramente forniva ricevute o documentazioni.

In risposta alle accuse di Krakauer, il CAI ha prodotto un “Elenco completo dei principali progetti”, sul lavoro che il CAI aveva completato o su cui stava lavorando. L’elenco è stato pubblicato nel dicembre 2011.

Nel gennaio 2014, Mortenson è stato intervistato su Today da Tom Brokaw. Si è scusato e ha riconosciuto di aver deluso molte persone e ha detto “Ho fallito in molti modi, ed è una lezione importante”.

Nell’agosto 2014 Krakauer ha scritto un articolo di follow-up per The Daily Beast in cui affermava che una verifica dei progetti all’estero del CAI indicava che l’ente di beneficenza era ancora “afflitto da una diffusa corruzione” e che il fatto che Mortenson ne fosse il volto pubblico non era “la cosa migliore per l’ente e i suoi finaniatori”. Concludeva dicendo che “chiunque pensi di fare una donazione al CAI dovrebbe probabilmente ripensarci”.

Cause legali

Nel maggio 2011, Jean Price, Michele Reinhart e Dan Donovan, un avvocato di Great Falls, hanno intentato una causa collettiva contro Mortenson per conto dei lettori, chiedendo al giudice federale James Malloy di Missoula di trasferire in un fiduciaria tutti i proventi degli acquisti dei libri di Mortenson da utilizzare per scopi umanitari. Diversi querelanti nominati rinunciarono alla causa dopo aver confessato di non aver mai letto i libri e nel maggio del 2012 la causa è stata archiviata con pregiudizio davanti alla corte federale.

Nel maggio 2015, il procuratore generale del Montana dichiarava che il CAI e Mortenson avevano completato il previsto periodo di tre anni di controllo di conformità e il CAI dichiarava che l’IRS aveva completato il suo esame dell’organizzazione non profit e che l’organizzazione stava ottenendo un ritorno dei donatori e un aumento dei contributi.

3000 tazze di tè

Jennifer Jordan (amico di lunga data di Mortenson) e Jeff Rhoads, per tentare di confutare le affermazioni contro Mortenson, hanno realizzato nel 2016 un documentario: 3000 Cups of Tea.
Nel film e nelle interviste, Jordan afferma che le accuse contro Mortenson avanzate da Jon Krakauer e “60 Minuti” sono in gran parte false. Jordan ha dichiarato nel 2014: “Stiamo ancora indagando su questa storia. Finora, i nostri risultati indicano che la maggior parte delle accuse sono grossolanamente travisate per farlo apparire nella peggiore luce possibile, o sono del tutto false.
Sì, Greg è un cattivo manager e contabile, ed è il primo ad ammetterlo, ma è anche un instancabile umanitario con una missione di fondamentale importanza”. (fonte Wikipedia).

Khalilzad Zalmay

Khalilzad Zalmay è nato il 22 marzo 1951 a Mazar-i-Sharif (Afghanistan) è un diplomatico americano.

  • Professore assistente di scienze politiche presso la School of International and Public Affairs della – Columbia University 1979-1989
  • Consigliere speciale del Sottosegretario di Stato per gli affari politici 1985-1989
  • Inviato speciale USA in Afghanistan 2001-2003
  • Ambasciatore degli Stati Uniti in Afghanistan 2003-2005
  • Ambasciatore degli Stati Uniti in Iraq 20050621-2007
  • Ambasciatore degli Stati Uniti dell’ONU 2007-2008
  • Consigliere presso il Centro di studi strategici e internazionali (CSIS) con sede a Washington
  • Presidente del Khalilzad Associates 2009

Cosa si dice di lui

Zalmay Khalilzad, che è stato ambasciatore degli Stati Uniti in Afghanistan, Iraq e Nazioni Unite sotto il presidente George W. Bush, è indagato dalle autorità americane per sospetto riciclaggio di denaro. Il procuratore di Stato austriaco Thomas Vecsey ha confermato un rapporto del settimanale austriaco Profil sulle indagini su Khalilzad, il quale ha svolto un ruolo chiave nella transizione politica in Afghanistan dopo l’invasione guidata dagli Stati Uniti del 2001 e la caduta dei talebani. Secondo la rivista, le indagini si concentrano sul presunto trasferimento di 1,15 milioni di euro (1,5 milioni di dollari) nel maggio 2013 su un conto a Vienna di proprietà della moglie di Khalilzad, Cheryl Benard. Il denaro proveniva da attività commerciali in Iraq e negli Emirati Arabi Uniti, ha riferito.

Vecsey non ha approfondito le accuse, né il rapporto della rivista. Profil ha detto che il caso è diventato pubblico dopo che un blogger ha trovato documenti mentre rovistava in un contenitore della spazzatura utilizzato dall’ufficio del procuratore di Stato a Vienna. La rivista ha detto che diversi conti bancari di proprietà di Benard sono stati congelati a febbraio – una sentenza che è in appello. L’avvocato di Benard, Holger Bielesz, ha detto a Profil che le autorità statunitensi devono ancora esprimere “ragionevoli motivi per sospettarlo”. (20140908)

Zalmai Khalilzad, accusato di riciclaggio di denaro, ha affermato che l’Austria ha sbloccato i conti bancari di sua moglie. Nessuna accusa è stata intentata in nessuna parte del mondo, compresi gli Stati Uniti e l’Austria, contro Khalilzad o sua moglie. (11.9.2014) (fonte AfghanBios)

Nel settembre 2018, il Segretario di Stato  Mike Pompeo ha nominato Khalilzad Rappresentante speciale per la riconciliazione in Afghanistan, un incarico di nuova creazione con la missione di assicurare una risoluzione pacifica al conflitto in Afghanistan.

A partire dal marzo 2021, ha continuato in questo ruolo sotto la nuova amministrazione di Joe Biden. (fonte Wikipedia)

Zalmay Khalilzad, nato in Afghanistan, ha una storia lunga e spesso deplorevole negli affari afghani. Prima degli attacchi terroristici dell’11 settembre, ad esempio, Khalilzad lavorava come consulente per un gruppo a Boston, a sua volta assunto dall’UNOCAL, che all’epoca stava cercando di costruire un gasdotto attraverso l’Afghanistan controllato dai talibani.

A quel tempo Khalilzad si adoperò per normalizzare le relazioni degli Stati Uniti con i talebani e fece in modo che un alto funzionario talebano venisse negli Stati Uniti per incontrare i funzionari dell’amministrazione Clinton e gli imprenditori.

Quando gli afghani iniziarono a discutere del loro futuro governo, la maggior parte presumeva che Zahir Shah, il re afghano deposto in un colpo di stato del 1973, avrebbe svolto un ruolo: era uno statista anziano, rappresentava l’età d’oro dell’Afghanistan ed era una figura unificante.

Questo non vuol dire che gli afghani prevedessero universalmente un ritorno alla monarchia (sebbene molti lo facessero), ma la maggior parte pensava che il re potesse presiedere un consiglio di riconciliazione o una convenzione costituzionale. Khalilzad intervenne rapidamente per privilegiare Karzai, su cui pensava di avere influenza, su Zahir Shah, che considerava un concorrente. Alla fine Karzai si è smascherato come un venale teorico della cospirazione. (fonte Da American Enterprise Institute)

La sua storia

Khalilzad è nato a Mazar-i-Sharif, in Afghanistan , ed è cresciuto nella capitale del paese, Kabul. È un pashtun della tribù Noorzai.

Khalilzad ha iniziato la sua formazione presso la scuola pubblica Ghazi Lycée a Kabul. Ha trascorso del tempo negli Stati Uniti con un programma di scambio interculturale (AFS) per studenti a Ceres in California. Successivamente ha conseguito la laurea e il master presso l’ Università americana di Beirut, in Libano. Khalilzad ha conseguito il dottorato presso l’ Università di Chicago, dove ha studiato a stretto contatto con Albert Wohlstetter, un importante pensatore e stratega della deterrenza nucleare. Wohlstetter ha fornito a Khalilzad contatti all’interno del governo e di RAND Corporation. Khalilzad ha contribuito con almeno 28 articoli a RAND Corporation.

Dal 1979 al 1989, Khalilzad ha lavorato come assistente professore di scienze politiche presso la School of International and Public Affairs della Columbia University. Durante quel periodo, ha lavorato a stretto contatto con Zbigniew Brzezinski, l’architetto dell’amministrazione Carter dell’Operazione Ciclone per sostenere i mujaheddin, che resistettero all’invasione dell’Afghanistan da parte dell’Unione Sovietica.

Nel 1984, Khalilzad ha accettato una borsa di studio annuale del Council on Foreign Relations per entrare a far parte del Dipartimento di Stato deli Stati Uniti, dove è stato consigliere dell’Ufficio per il vicino Oriente e l’Asia Meridionale, guidato da Richard W. Murphy.

Dal 1985 al 1989, Khalilzad ha prestato servizio nell’amministrazione Reagan, come alto funzionario del Dipartimento di Stato, fornendo consulenza sulla guerra sovietico-afghana, dopo l’invasione sovietica. In quel periodo è stato membro dello staff di pianificazione politica e consigliere speciale del Dipartimento di Stato per l’Afghanistan del Sottosegretario di Stato Michael H. Armacost. In quel ruolo, ha sviluppato e guidato il programma internazionale per promuovere i meriti di un Afghanistan guidato dai mujaheddin che cacciasse l’occupazione sovietica. Dal 1990 al 1992, Khalilzad ha servito sotto il presidente George HW Bush nel Dipartimento di Difesa degli Stati Uniti, come vice sottosegretario per la pianificazione politica.

Tra il 1993 e il 2000, Khalilzad è stato il direttore della Strategia, Dottrina e Struttura della Forza presso la RAND Corporation. Durante quel periodo, ha contribuito a fondare il Center for Middle Eastern Studies di RAND e Strategic Appraisal, un periodico RAND. È anche autore di numerose monografie influenti, tra cui “Gli Stati Uniti e una Cina in ascesa” e “Dal contenimento alla leadership globale? L’America e il mondo dopo la guerra fredda”. Alla RAND ha anche svolto un breve periodo di consulenza per Cambridge Energy Research Associates, che stava conducendo un’analisi dei rischi per Unocal, ora parte di Chevron, per una proposta di 1400 km (890 mi), 2 miliardi di dollari, 622 m³/s ( 22.000 ft³/s) progetto gasdotto Trans-Afghanistan, che sarebbe stato esteso dal Turkmenistan in Afghanistan e poi in Pakistan.

Khalilzad ha anche scritto diversi articoli sul valore della leadership globale degli Stati Uniti a metà degli anni ’90. Gli scenari specifici di conflitto che immaginava se si fosse verificato un declino del potere americano hanno reso i suoi scritti estremamente popolari nel dibattito politico competitivo delle scuole superiori e dei college , in particolare i suoi scritti che collegano la perdita dell’egemonia degli Stati Uniti all’instabilità globale. Khalilzad era un firmatario della lettera dei membri del Project for the New American Century al presidente  Bill Clinton inviata il 26 gennaio 1998. Chiedeva l’aiuto di Clinton per “rimuovere Saddam Hussein e il suo regime dal potere “utilizzando” una serie completa di sforzi diplomatici, politici e militari. (fonte Wikipedia)

Seraj Mahbouba

Giornalista nata nel 1948 a Kabul, è di stirpe reale (nipote del re Amanullah Khan)

Cosa si dice di lei

La Coalition of Afghanistan Protesting Women (CAPW) afferma che Mahbouba Seraj non merita di essere una potenziale candidata al prestigioso Premio Nobel per la Pace. In un comunicato, la CAPW ha chiesto al Peace Research Institute di Oslo (PRIO) di rimuovere il nome di Mahbouba Seraj dalla candidatura al Premio Nobel per la Pace.

Il Peace Research Institute di Oslo ha annunciato mercoledì che Mahbouba Seraj e Narges Mohammadi, un’attivista umana iraniana attualmente detenuta dal regime islamico, sono state proposte per il prestigioso riconoscimento al Comitato del Premio Nobel per la Pace. In un comunicato, il CAPW ha chiesto a Henrik Urdal, direttore dell’Istituto di ricerca sulla pace di Oslo: “Mahbouba Seraj non ha compiuto sforzi sostanziali per ripristinare la pace e la libertà delle donne afghane sotto il regime talebano, né ha fatto nulla per aiutare le donne a partecipare all’istruzione, al lavoro o alla vita pubblica”.

Si sostiene inoltre che la signora Seraj abbia agito in contrasto con le richieste delle donne afghane in protesta e si sia avvicinata a un noto lobbista del regime talebano all’interno dell’Afghanistan e all’estero. Il CAPW ha chiesto al direttore del Peace Research Institute di Oslo e ai membri del comitato di selezione del Premio Nobel per la Pace di non minare i valori del prestigioso premio e di rimuovere il nome di Mahbouba Suraj dalla lista dei candidati.

Mahbouba Seraj è una giornalista, attivista per i diritti delle donne, fondatrice e presidente di un’organizzazione chiamata “Organization for Research in Peace and Solidarity”. È una delle poche sostenitrici dei diritti delle donne rimaste a Kabul dopo la presa del potere da parte dei Talebani nell’agosto 2021 e sostiene la risoluzione dei problemi con il regime talebano attraverso i negoziati.

Il Peace Research Institute di Oslo sostiene i negoziati con i Talebani e invita la comunità internazionale a prestare maggiore attenzione alla grave situazione umanitaria in Afghanistan. (5-2-2023) (fonte The Khaama Press News Agency)

Nota della redazione: quello che viene riportato nella sua storia è preso dal sito dell’associazione di cui la Seraj è direttrice esecutiva per cui è autoreferenziale.

La sua storia

Mahbouba Seraj è nata a Kabul, in Afghanistan. Si è diplomata alla Malalai High School for girls e all’Università di Kabul.   Dopo 26 anni di esilio, è tornata nel suo amato Afghanistan alla fine del 2003 e da allora lavora con le donne e i bambini del Paese. È l’ideatrice e l’annunciatrice di un programma radiofonico per donne intitolato “Our Beloved Afghanistan by Mahbouba Seraj”, trasmesso in tutto l’Afghanistan. Ha anche istituito dei Circoli di ascolto femminile nei villaggi dell’Afghanistan, dove le donne si riunivano per ascoltare e discutere diversi argomenti di programmi radiofonici precedentemente registrati. È stata un’instancabile sostenitrice dei diritti delle donne, spingendo per la loro partecipazione alla Jirga di pace e all’Alto Consiglio di pace. Insieme ad altre sostenitrici è stata responsabile dell’aumento della partecipazione delle donne alla conferenza BONN del 2011 e alla conferenza di Tokyo del 2012 su “L’Afghanistan dopo il 2014”. E ora per la loro partecipazione ai colloqui di pace afghani con i Talebani e gli Stati Uniti.

È fondatrice e presidente di un’organizzazione chiamata “Organizzazione per la ricerca sulla pace e la solidarietà” o ORPS, che crea discussioni tra i giovani, fa ricerche e sondaggi sul significato di pace e solidarietà in quasi tutte le province dell’Afghanistan, è un’instancabile sostenitrice contro la corruzione a tutti i livelli e ritiene che la corruzione sia la madre di tutti i mali in Afghanistan e nel mondo. La Comunità internazionale e l’esercito afghano possono vincere qualche battaglia qua e là, ma alla fine perderanno la guerra se non si fa nulla per fermare la corruzione, perché è la corruzione che alimenta e rafforza i Talebani, l’ISIS e altri gruppi simili in tutto il mondo. È stata membro del Consiglio esecutivo e presidente dell’Afghan Women Network o AWN, la più grande rete di donne in Afghanistan. Dal 2013 è coinvolta nel processo New Deal for Fragile States e fa parte del Consiglio di consulenza per la DN presso il Ministero delle Finanze.

È molto interessata all’istruzione; i suoi lavori recenti, attraverso i suoi progetti di consulenza, hanno riguardato due studi sulla partecipazione delle ragazze all’istruzione superiore e, più recentemente, la co-produzione di uno studio sull’istruzione terziaria per le donne afghane. Seraj è anche una scrittrice, collabora con l’Huffington Post ed è coautrice con Anne Jones di Tom Dispatch, dove scrive della situazione politica in Afghanistan e dell’Asia centrale e sudorientale. Dopo due anni di assenza dal suo lavoro di advocacy in Afghanistan, è tornata nel suo Paese natale per lavorare ed essere presente, spalla a spalla con le sue sorelle afghane, per spingere a creare una pace sostenibile dopo il ritiro completo delle forze statunitensi dall’Afghanistan e il ritorno dei talebani. Oggi è direttrice di una vecchia e consolidata organizzazione afghana, l’AWSDC (Afghan Women Skills Development Center), che lavora con le vittime della violenza.

AWSDC

L’Afghan Women Skills Development Centre è un’organizzazione non governativa (ONG) nazionale, con sede a Kabul e dedicata alla promozione e alla protezione dei diritti delle donne in Afghanistan. È stata fondata nel 1999 in Pakistan con la missione di fornire alle donne rifugiate afgane formazione e supporto per lo sviluppo delle loro competenze e l’emancipazione economica. Dopo il trasferimento dell’AWSDC dal Pakistan a Kabul nel 2001, l’AWSDC ha ampliato le sue attività come portare giustizia alle donne afgane anche per restituire i loro diritti fondamentali dalla società, dall’altro, lavorando per la pace e i conflitti nelle comunità anche per proteggere donne difensori dei diritti umani coloro che sono a rischio sul terreno e sull’emancipazione delle donne attraverso l’economia.

Missione – Eliminare la violenza contro le donne e le loro famiglie fornendo un rifugio sicuro, servizi legali, consulenza e sostegno in collaborazione con il governo e la società civile

Visione – Una società in cui le donne non sono più soggette alla violenza, vivono con dignità e sono in grado di partecipare a tutti gli aspetti della vita (fonte AWSDC (Afghan Women Skills Development Centre)

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Dopo l’agosto 2021 è rimasta in Afghanistan ed è favorevole a intraprendere un dialogo con i talebani attualmente al potere, vedi intervista su l’Avvenire.

 

Sarabi Habiba

Habiba Sarab è nata a Mazar-i-Sharif nel 1956.

  • Ex-presidente della ONG Hawca
  • avvicinatasi a gruppi politici fondamentalisti
  • Vice Presidente del Peace Council (HPC)
  • Ministro degli Affari Femminili (2002-2004)
  • Governatore della provincia di Bamyan (2005-2013)
  • Consigliere di Abdullah Abdullah (2014)

Per anni è stata Presidente dell’associazione HAWCA e in questa veste CISDA l’ha conosciuta e sostenuta in vari progetti (per esempio nell’apertura di uno shelter con i fondi della fondazione Marisa Ballisario).

È venuta diverse volte in Italia e nel 2002 ha partecipato a un lungo tour politico insieme a due rappresentanti di RAWA. Abbandona HAWCA quando viene nominata Ministro degli Affari Femminili dal 2002 al 2004, durante il governo di Karzai. Nel 2005 Habiba Sorabi diventa governatrice della provincia di Bamyan.

In seguito all’allontanamento dall’associazione, RAWA la contattò e la incontrò per chiederle come mai nel suo ruolo non fosse riuscita a cambiare qualcosa nella vita delle donne di Bamyan, e soprattutto per metterla in guardia su un suo possibile coinvolgimento nella costruzione di case per funzionari governativi, sorte in un’area da cui avevano sfrattato e massacrato dei poverissimi rifugiati interni. Avevano infatti saputo che ad Habiba era stata assegnata una villa in quella zona e che lei la aveva accettato.

Lei ha detto che non ne sapeva nulla, ma RAWA, non convinta, da allora non ha avuto più rapporti con lei. Addirittura, dopo l’avvicinamento della Sarabi ai gruppi fondamentalisti, in un articolo di aprile 2019 RAWA definisce lei e altri, tra cui Sima Samar, “criminali jihadisti e reazionari.” (fonte RAWA)

Attualmente l’intera famiglia della Sarabi è all’estero (i fratelli hanno studiato a Perugia e ora sono a Roma, una sorella è in Germania e gli altri parenti in Pakistan).

Nel 2012 il parlamentare Zabuli, Presidente della Complaint Commission del Meshrano Jirga, ha accusato Sarabi di corruzione, concussione e di aver attuato politiche razziste nei confronti delle altre etnie (lei è hazara).

Testualmente, l’accusa alla Governatrice è di “aver non solo deprivato le altre etnie dei loro diritti, ma di averli anche incitati ad andarsene dalla provincia di Bamyan”. Inoltre, in seguito a una richiesta di incontro per chiarire la questione, Sarabi non si è presentata, pur avendo garantito la sua presenza.

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Dopo il ritorno dei talebani nell’agosto 2021 si è trasferita nella città turca di Izmir, dove vive con il figlio.

Samar Sima

Sima Samar è nata a Jaghori il 3 febbraio 1957.

  • Ministro degli affari femminili nel 2001
  • Vicepresidente della Camera Bassa (Loya Jirga) nel governo transitorio del 2002
  • Attualmente ancora Presidente dell’Afghan Independent Human Rights Commission
  • Ex militante di RAWA avvicinatasi poi al fondamentalismo di Hezb-e-Wahdat

Nata nel 1957 nella provincia di Ghazni e laureata in medicina nel 1982 a Kabul, durante l’occupazione sovietica Sima Samar è fuggita in Pakistan. Nei campi profughi lavora nell’ospedale fondato nel 1977 da RAWA (Revolutionary Association Of The Women Of Afghanistan), di cui nel tempo diviene un’importante attivista negli anni della gioventù, lavorando addirittura fianco a fianco alla leader fondatrice Meena. Quando Meena viene assassinata e RAWA cade nel panico, Samar se ne allontana, abbandonando gli ideali femministi e progressisti per avvicinarsi al fondamentalismo islamico sciita.

Nel 1989 fonda l’ONG Shuhuda Organization. Inizia la carriera politica con il partito islamico hazara (etnia a cui lei stessa appartiene) Hezb-e-Wahdat di Karim Khalili.

Nel 2001 viene nominata Ministro degli Affari Femminili; nello stesso anno vince l’Humphrey Freedom Award. Nel 2002 è Vicepresidente della Loya Jirga. Successivamente, diviene Presidente dell’Afghan Independent Human Rights Commission – importante carica che ricopre tutt’oggi.

Nel 2008 il Capo della Polizia di Kabul ha accusato l’Afghan Independent Human Rights Commission di supportare i criminali di guerra. In un discorso in Parlamento, ha affermato: “Il problema è che la Polizia arresta i criminali e l’AIHRC li difende”. (fonte RAWA)

Nel 2009 il Presidente del Fronte di Partecipazione Nazionale ha accusato Sima Samar e il fratello Ahmad Ali (Segretario delle Finanze dell’Afghan Indepent Human Rights Commission) di aver ricevuto 250.000,00 dollari da parte dei warlords per togliere i loro nomi dalla lista di criminali di guerra.3 Samar ha sempre respinto le accuse.

Nel 2011 ha fondato il suo partito, Hezb-e-Haq-Wa-Adalat.

Samar è stata invitata più volte in Italia e ha trovato supporto da varie realtà femministe, quali la Libera Università delle Donne. In seguito a una sua visita si formò OMID, un’associazione a sostegno di Sima Samar e alla sua ong Suhada, a opera di Evelina Colavita della Libera Università delle Donne. Cisda in quell’occasione scrisse una lettera a Colavita per metterla in guardia in merito alla svolta fondamentalista della Samar e fornendo documentazione che provava l’inesistenza delle scuole che Suhada si vantava di aver costruito.

La lettera è rimasta inascoltata e nel 2009 OMID è stata chiusa.

La chiusura è stata determinata dalla consegna delle attività di Suhada al corrotto governo afghano e all’attuale disinteresse della Samar verso le attività umanitarie, privilegiando un ruolo istituzionale e politico.

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È emigrata negli USA poco prima che i talebani riprendessero il potere nell’agosto 2021.