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Autore: Patrizia Fabbri

Germania: rimpatrio forzato per afghani che hanno già scontato condanne con pene brevi

Il 30 agosto un gruppo di 28 cittadini afghani è stato espulso dalla Germania e rimpatriato in Afghanistan. La stampa non ha riportato notizie di manifestazioni di protesta contro tale misura e i giornali sono quasi unanimi nella loro approvazione dell’azione del ministero dell’interno tedesco in collaborazione con la maggior parte dei Länder (11), affermando come siano stati espulsi criminali pericolosi già condannati e che avevano già scontata tutta o parte della pena; alcuni sono stati prelavati direttamente dal carcere.

In molti giornali vengono riportati i crimini di cui si erano macchiati (stupri, violenze a sfondo sessuale, assalti armati con coltello, mentre su un solo giornale si legge che alcuni avevano condanne per spaccio di droga). In realtà la maggior parte era stata condannata a pene relativamente brevi (2-5 anni), mentre dai titoli dei maggiori quotidiani si ha l’impressione che si trattasse di veri e propri pericoli pubblici. In particolare, viene dato risalto all’espulsione di un uomo che alcuni anni fa aveva partecipato a uno stupro di gruppo su una quattordicenne; in realtà però costui aveva già scontato la sua pena (aveva avuto soltanto 2 anni di reclusione).

Clima pesante per gli immigrati in una Germania che vira verso l’estrema destra

L’azione, che ha avuto luogo solo due giorni prima delle elezioni politiche nei Länder della Sassonia e della Turingia, sarebbe stata in realtà in preparazione da circa due mesi. La Germania si è avvalsa dell’appoggio del Qatar: l’aereo partito da Lipsia era del Qatar, e a bordo non c’erano forze di sicurezza tedesche ma qatariote. In questo modo la Germania può affermare di non aver trattato direttamente con i talebani e di non aver avuto nessun rapporto diretto con loro.

Il rimpatrio si inserisce in un clima nazionale nel quale l’immigrazione ed i problemi ad essa collegati sono diventati temi attuali e scottanti. In particolare, negli ultimi mesi l’opinione pubblica è stata scossa da due episodi di violenza di cui sono stati protagonisti dei rifugiati.   Alla fine di maggio a Mannheim durante una manifestazione anti-islam un afghano incensurato ha attaccato con un coltello alcune persone, uccidendo un poliziotto; bersaglio dell’attentato era un noto attivista di destra, che si preparava a fare un discorso. In quell’occasione il Cancelliere Scholz aveva parlato dell’intenzione di deportare gli autori di gravi crimini, anche se provenienti da paesi come Afghanistan e Siria.

Il 23 agosto a Solingen durante i festeggiamenti per il 650° anniversario della nascita della città un cittadino siriano armato di coltello ha ucciso tre persone e ne ha ferite altre otto “per vendicare i mussulmani in Palestina e ovunque”. Grandi polemiche ha suscitato il fatto che già nel 2023 l’attentatore avrebbe dovuto essere espulso e rimandato in Bulgaria in base agli accordi del Trattato di Dublino 3, ma che per motivi burocratici l’espulsione non aveva poi avuto luogo.

A seguito degli attentati, e soprattutto di quello del 23 agosto, è aumentata da più parti la pressione sul governo perché metta in atto politiche per limitare l’immigrazione e garantire la sicurezza del paese. Negli ultimi giorni, sempre sull’onda delle reazioni per l’attentato a Solingen, il governo tedesco ha approvato un pacchetto di misure per limitare il diritto d’asilo e da lunedì 16 settembre verranno ripristinati – per sei mesi – i controlli alle frontiere tedesche (scavalcando Schengen).

La Germania intende anche continuare la politica dei rimpatri forzati. In base a voci che la Ministra Federale dell’Interno Nancy Faeser non ha né confermato né smentito, la sua attuale visita in Uzbekistan assieme al Cancelliere Scholz avrebbe anche come obiettivo quello di rendere possibil rimpatri nel confinante Afghanistan evitando rapporti diretti con i talebani.

Nel frattempo, i partiti di opposizione utilizzano il tema dell’immigrazione per profilarsi e attaccare la politica del governo. Alle ultime elezioni europee il partito di estrema destra AfD, che fa dell’opposizione all’immigrazione uno dei temi centrali della propria politica, ha raggiunto il secondo posto in Germania con il 15,9% dei voti. Il crescente consenso per questo partito è stato rispecchiato anche dai risultati delle elezioni politiche del 1° settembre in Turingia ed in Sassonia, due soli giorni dopo il rimpatrio dei cittadini afghani: l’AfD è risultato il primo partito in Turingia e il secondo in Sassonia (per una manciata di voti), mentre ottimi risultati ha avuto anche il nuovo partito populista fortemente anti-immigrazione denominato Alleanza Sahra Wagenknecht.

Il fallimento dello stato di diritto

Mentre dal panorama politico non si sentono voci contrarie alle espulsioni, critiche decise sono arrivate dalle organizzazioni per i diritti umani.

La segretaria di Amnesty International Germania ha criticato l’espulsione verso un Paese che pratica la tortura e non rispetta i diritti umani, affermando che con le deportazioni in Afghanistan la Germania rischia di diventare complice dei talebani. Pro-Asyl, che teme che questi rimpatri passano essere un primo passo verso la normalizzazione dei rapporti con i talebani, ha parlato di “fallimento dello stato di diritto” e ha ricordato che in Afghanistan nel solo mese di giugno più di 60 persone sono state frustate con l’accusa di omosessualità. L’organizzazione umanitaria Medico International ha parlato di un governo che in un clima di populismo di destra va a caccia di voti “sulla pelle dei perseguitati”, ed ha ammonito che non si sa a cosa andranno incontro i deportati dopo il rientro in Afghanistan.

Germany: forced repatriation for Afghans who have already served short sentences

On August 30, a group of 28 Afghan citizens were expelled from Germany and repatriated to Afghanistan. The press did not report any protests against this measure and the newspapers were almost unanimous in their approval of the action of the German Ministry of the Interior in collaboration with most of the Länder (11), stating that dangerous criminals who had already been convicted and who had already served all or part of their sentences were expelled; some were rescued directly from prison.
Many newspapers reported the crimes they had committed (rape, sexual violence, armed assaults with a knife, while only one newspaper reported that some had convictions for drug dealing). In reality, most had been sentenced to relatively short sentences (2-5 years), while the headlines of the major newspapers gave the impression that they were real public dangers. In particular, emphasis was given to the expulsion of a man who had participated in a gang rape of a fourteen-year-old girl a few years ago; in reality, however, he had already served his sentence (he had only had 2 years of imprisonment).

Heavy climate for immigrants in a Germany that is veering towards the extreme right

The action, which took place only two days before the political elections in the states of Saxony and Thuringia, had actually been in preparation for about two months. Germany availed itself of the support of Qatar: the plane that left Leipzig was from Qatar, and on board there were not German security forces but Qatari ones. In this way, Germany can claim that it did not deal directly with the Taliban and that it had no direct relationship with them.

The repatriation is part of a national climate in which immigration and the problems associated with it have become current and burning issues. In particular, in recent months, public opinion has been shaken by two episodes of violence in which refugees were the protagonists. At the end of May in Mannheim, during an anti-Islam demonstration, an Afghan with no criminal record attacked people with a knife, killing a policeman; the target of the attack was a well-known right-wing activist, who was preparing to give a speech. On that occasion, Chancellor Scholz had spoken of the intention to deport the perpetrators of serious crimes, even if they came from countries such as Afghanistan and Syria.

On 23 August in Solingen, during the celebrations for the 650th anniversary of the city’s birth, a Syrian citizen armed with a knife killed three people and injured eight others “to avenge Muslims in Palestine and elsewhere”. Great controversy was caused by the fact that the attacker should have been expelled and sent back to Bulgaria in 2023 according to the agreements of the Dublin 3 Treaty, but that for bureaucratic reasons the expulsion did not take place.

Following the attacks, and especially the one on August 23, pressure has increased from many quarters on the government to implement policies to limit immigration and guarantee the country’s security. In recent days, still in the wake of the reactions to the attack in Solingen, the German government has approved a package of measures to limit the right to asylum and from Monday, September 16, controls at German borders will be reinstated – for six months (bypassing Schengen).

Germany also intends to continue its policy of forced repatriations. According to rumors that Federal Interior Minister Nancy Faeser has neither confirmed nor denied, her current visit to Uzbekistan together with Chancellor Scholz would also have the aim of making repatriations to neighboring Afghanistan possible while avoiding direct relations with the Taliban.

In the meantime, opposition parties are using the issue of immigration to profile themselves and attack government policy. In the last European elections, the far-right AfD party, which makes opposition to immigration one of the central themes of its policy, reached second place in Germany with 15.9% of the votes. The growing consensus for this party was also reflected in the results of the political elections of September 1 in Thuringia and Saxony, just two days after the repatriation of Afghan citizens: the AfD was the first party in Thuringia and the second in Saxony (by a handful of votes), while the new populist party strongly anti-immigration called Alliance Sahra Wagenknecht also had excellent results.

The failure of the rule of law

While the political landscape has not heard any voices against the expulsions, strong criticism has come from human rights organizations.

The secretary of Amnesty International Germany has criticized expulsion to a country that practices torture and does not respect human rights, saying that with the deportations to Afghanistan, Germany risks becoming an accomplice of the Taliban. Pro-Asyl, which fears that these repatriations could be a first step towards normalizing relations with the Taliban, spoke of a “failure of the rule of law” and recalled that in Afghanistan in the month of June alone, more than 60 people were flogged on charges of homosexuality. The humanitarian organization Medico International spoke of a government that in a climate of right-wing populism is hunting for votes “at the expense of the persecuted,” and warned that it is not known what the deportees will face after returning to Afghanistan.

NO to Fawzia Koofi’s participation in the Oslo Conference

Tomorrow, September 5, the Woman, life freedom conference will be held in Oslo, to which Fawzia Koofi, a member of a very influential family and former Afghan parliamentarian, has been invited as a speaker. CISDA and the Afghan organizations with which we collaborate have repeatedly highlighted how this lady and her family have been responsible for abuse and corruption in their country. For this reason, last June, CISDA sent a letter to the Norwegian Nobel Institute.

Below is the text of the letter in Italian, while here you can download the original in English sent to the Institute.

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Dear gentlemen of the Nobel Peace Center,

we are an Italian organization that has been working alongside some Afghan women’s associations since 1999; in all these years we have had the opportunity, on many occasions, to meet Afghan women in their country, to understand how much strength and determination they put into wanting to rise from a heavy condition of oppression through work, study, awareness of their rights.

Afghan women know very well that none of the regimes or governments that have followed one another in recent decades have really worked to guarantee them a dignified and free life.

Their tireless work continues today, despite the difficulties and threats.

You are certainly aware of the inhuman rules that the Taliban regime imposes on women and girls. For over 1000 days, girls have not been able to continue their studies after primary school and are forced to suffer what we can define as gender apartheid.

Afghanistan is the only country in the world that prevents women from educating.

In Afghanistan, women have been deprived of every right: they cannot travel, work, have adequate medical care and live an independent life.

We have learned that on September 5, 2024, in Oslo, the conference Woman, life freedom will be held, to which Fawzia Koofi, a member of a very influential family and a former Afghan parliamentarian, has been invited as a speaker. Well, this lady and her family have been responsible for abuse and corruption in their country.

Mrs. Fawzia Koofi and her sister Mariam have always used their political power to protect their brothers, who were prosecuted for drug trafficking. She herself has always taken advantage of her position to keep for herself or divert to her own business a good part of the funding received from Western governments in order to build schools or houses for the neediest.

See also this post.

All this was denounced by the inhabitants of the region (Badakhshan) of which she was a parliamentary representative and accompanied by photos and documents (See the real face of Fawzia Koofi and her corrupt family! « RAWA News)

In her role as a parliamentarian and vice president of the Afghan National Assembly, Fawzia Koofi was responsible for supporting a corrupt and incompetent government, made up of warlords who often owed their power not to their political skills but to the atrocities they committed. And the purely marginal and formal role of women within it does not diminish the responsibility of those who agreed to endorse it for personal gain.

Fawzia Koofi also agreed to endorse the agreements between the US and the Taliban in 2020, in Doha, to allow their return to power, participating directly in the negotiations and providing a veneer of democracy to a maneuver that fell on the shoulders of the Afghan people, women in particular, while the rulers of the time fled the country, as she did.

We report here the words of Belquis Roshan, an opposition senator in the upper house of the Afghan Parliament during the previous government, forced to leave her country and now a refugee in Europe, who on 26 August 2023, during a meeting with Richard Bennett, the UN special rapporteur on the situation of human rights in Afghanistan and delegates to the first UN session to discuss “gender apartheid” in Afghanistan, declared: “Women who protest are attacked, so international institutions should be their voice. Instead of sponsoring some Taliban lobbyists who are the cause of this miserable situation, women who are fighting bravely in Afghanistan against the Taliban should be given the opportunity to make their pro-democracy cries heard and be listened to”.

We consider the facts attributed to Mrs. Koofi very serious and ask you to consider and verify our complaint.

NO alla partecipazione di Fawzia Koofi alla Conferenza di Oslo

Domani, 5 settembre, si terrà a Oslo la conferenza Woman, life freedom alla quale è stata invitata come speaker Fawzia Koofi, membro di una famiglia molto influente ed ex parlamentare afghana. CISDA e le organizzazioni afghane con le quali collaboriamo hanno più volte rilevato come questa signora e la sua famiglia si siano resi responsabili, nel loro paese, di abusi e corruzione. Per questo, nello scorso giugno, CISDA ha inviato una lettera al Norwegian Nobel Institute.

Di seguito il testo della lettera in italiano, mentre qui si può scaricare l’originale in inglese inviato all’Istituto.

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Spettabili signori del Nobel Peace Center,

siamo una organizzazione italiana che dal 1999 lavora al fianco di alcune associazioni di donne afghane; in tutti questi anni abbiamo avuto modo, in molteplici occasioni, di incontrare le donne afghane nel loro paese, di capire quanta forza e determinazione mettevano nel volersi sollevare da una pesante condizione di oppressione attraverso il lavoro, lo studio, la consapevolezza dei propri diritti.

Le donne afghane sanno bene che nessuno dei regimi o governi che si sono susseguiti negli ultimi decenni ha realmente lavorato per garantire loro una vita dignitosa e libera.

Il loro lavoro instancabile prosegue ancora oggi, nonostante le difficoltà e le minacce.

Siete sicuramente a conoscenza delle regole disumane che il regime talebano impone a donne e ragazze. Da oltre 1000 giorni le ragazze non possono proseguire gli studi dopo la scuola primaria e sono costrette a subire quello che possiamo definire apartheid di genere.

L’Afghanistan è il solo paese al mondo che impedisce l’istruzione alle donne.

In Afghanistan le donne sono state private di ogni diritto: non possono viaggiare, lavorare, avere cure mediche adeguate e una vita autonoma.

Abbiamo appreso che il 5 settembre 2024, a Oslo, si terrà la conferenza Woman, life freedom alla quale è stata invitata come speaker Fawzia Koofi, membro di una famiglia molto influente ed ex parlamentare afghana. Ebbene, questa signora e la sua famiglia si sono resi responsabili, nel loro paese, di abusi e corruzione.

La signora Fawzia Koofi e sua sorella Mariam hanno sempre usato il loro potere politico per proteggere i loro fratelli, perseguiti per traffico di droga. Lei stessa ha sempre approfittato della sua posizione per trattenere per sé o dirottare sui propri affari una buona parte dei finanziamenti ricevuti dai governi occidentali al fine di costruire scuole o case per i più bisognosi.

Si veda anche questo post.

Tutto questo è stato denunciato dagli stessi abitanti della regione (Badakhshan) di cui era rappresentante parlamentare e corredato di foto e documenti (See the real face of Fawzia Koofi and her corrupt family! « RAWA News)

Nel suo ruolo di parlamentare e vice presidente dell’Assemblea nazionale afghana Fawzia Koofi è stata responsabile di aver sostenuto un governo corrotto e incapace, costituito da signori della guerra che spesso dovevano il loro potere non alle capacità politiche ma alle efferatezze compiute. E il ruolo puramente marginale e formale delle donne al suo interno non sminuisce la responsabilità di coloro che si sono prestate ad avallarlo per tornaconto personale.

Fawzia Koofi si è anche prestata ad avallare gli accordi tra USA e talebani nel 2020, a Doha, per consentire il loro ritorno al potere, partecipando direttamente alle trattative e fornendo una patina di democraticità a una manovra che è ricaduta sulle spalle del popolo afghano, le donne in particolare, mentre i governanti di allora fuggivano dal paese, come ha fatto lei.

Riportiamo qui le parole di Belquis Roshan, senatrice di opposizione nella Camera alta del Parlamento afghano durante il precedente governo, costretta a lasciare il suo paese e ora rifugiata in Europa, che il 26 agosto 2023, durante un incontro con Richard Bennett, il relatore speciale dell’ONU sulla situazione dei diritti umani in Afghanistan e i delegati alla prima sessione delle NU per discutere dell'”apartheid di genere” in Afghanistan, dichiara: “Le donne che protestano vengono attaccate, quindi le istituzioni internazionali dovrebbero essere la loro voce. Invece di sponsorizzare alcune lobbiste talebane che sono la causa di questa misera situazione, alle donne che combattono coraggiosamente in Afghanistan contro i talebani dovrebbe essere data l’opportunità di far sentire le loro urla pro-democrazia e di essere ascoltate”.

Riteniamo i fatti imputati alla signora Koofi molto gravi e vi chiediamo di considerare e verificare la nostra denuncia.

PRESS RELEASE – A slap in the face to dialogue

Faced with the abominable recent law of the Taliban issued by the Ministry for the Promotion of Virtue and Prevention of Vice against women, their freedom and their very existence, the international community has rushed to express its total condemnation and to ask for its repeal.

In reality, the law does not affirm anything new compared to what had already been decided and applied by the Taliban “justice” in these three years of its absolute dominion. Women were already not allowed to attend school after the age of 12, work outside the home except in rare cases, go out alone without the accompaniment of a family member, be seen without the jahab, frequent public parks, bathrooms, beauty salons, gyms not even if reserved for them.

Now the ban for women to make their voices heard in public, to sing, recite, read aloud has also been clearly sentenced, as the last sign of the will to completely erase women as human beings.

The Taliban have gone so far as to affirm with a written law and with national validity their interpretation of the Sharia, which they consider the basis of the “divine mandate” of their government and which they intend to propagate as the correct interpretation of the Muslim religion.

It is clearly a sign of strength, what they want to show to the world even before their subjects.

But why, despite all the declarations of condemnation of their policy towards women by practically all the states of the international community and a large part of the Muslim world, have the Taliban had the courage and the nerve to promulgate such a strong law, slapping all the international institutions and the sanctions promulgated against them?

In these three years many Governments and States, not only those close to them in the Region but also Western donor countries, have made ever greater openings towards the de facto recognition of the Taliban government, up to the 3rd Doha Conference organized by the UN itself explicitly to bring the Taliban closer to the international community, accepting, in the name of their rapprochement, not to talk about women and human rights precisely to demonstrate to the Taliban their good will to dialogue with them, in the hope that they would then give something in return. Enough with the iron fist that has isolated the Taliban and made them more “evil” – they said – let’s forget about human rights and move forward with the dialogue on less controversial topics, let’s show how “good” we and our democratic system are, so they will understand…

But on the third anniversary of their seizure of power, the Taliban have shown with this law not only that they have no intention of making openings on human rights for anyone, but have even consolidated their beliefs and repressive grip on women and the entire population, showing that the rules applied so far locally and with personal arbitrariness by the various Taliban officials and local governors did not represent simple abuses or exaggerated interpretations of the sahria but instead what is and will continue to be the inspiring thought of their governance.

Will this further official position be enough to convince the UN, the States and the international institutions that it is useless to hope for a repentance and a change in their ideology but that instead the Taliban should be treated as the criminals that they are and forced to their responsibilities, reporting them to the national and international justice bodies?

This is what the Afghan women who resist inside and outside the country and all the institutions and organizations that work for human rights are asking for.

This is also what CISDA is asking for.

COMUNICATO – Uno schiaffo al dialogo

Di fronte all’abominevole recente legge dei Talebani emanata dal Ministero per la promozione della virtù e la prevenzione del vizio contro le donne, la loro libertà e la loro stessa esistenza, la comunità internazionale si è affrettata a esprimere la sua totale condanna e a chiederne l’abrogazione.

In realtà la legge non afferma niente di nuovo rispetto a quanto era già stato deciso e applicato dalla “giustizia” talebana in questi tre anni di suo dominio assoluto. Già le donne non potevano frequentare la scuola dopo i 12 anni, lavorare fuori casa tranne in casi rari, uscire da sole senza l’accompagnamento di un famigliare, farsi vedere senza il jahab, frequentare parchi pubblici, bagni, saloni di bellezza, palestre nemmeno se a loro riservati.

Ora è stato chiaramente sentenziato anche il divieto per le donne a far sentire in pubblico la loro voce, cantare, recitare, leggere ad alta voce, come ultimo segno della volontà di cancellare completamente le donne come esseri umani.

I talebani si sono spinti ad affermare con una legge scritta e con validità nazionale la loro interpretazione della Sharia, che considerano la base del “mandato divino” del loro governo e che intendono propagandare come la giusta interpretazione della religione musulmana.

E’ chiaramente un segno di forza, quello che vogliono mostrare, al mondo prima ancora che ai loro sudditi.

Ma come mai, nonostante tutte le dichiarazioni di condanna della loro politica verso le donne da parte di praticamente tutti gli stati della comunità internazionale e di gran parte del Mondo musulmano i Talebani hanno avuto il coraggio e la faccia tosta di promulgare una legge così forte dando uno schiaffo a tutte le istituzioni internazionali e alle sanzioni promulgate nei loro confronti?

In questi tre anni molti Governi e Stati, non solo quelli vicini nella Regione ma anche i paesi donatori occidentali, hanno praticato aperture sempre maggiori verso il riconoscimento di fatto del governo talebano, fino ad arrivare alla 3° Conferenza di Doha organizzata dall’Onu stessa dichiaratamente per avvicinare i talebani al consesso internazionale, accettando, in nome del loro avvicinamento, di non parlare di donne e diritti umani proprio per dimostrare ai talebani la buona volontà di dialogare con loro, nella speranza  che questi avrebbero poi dato qualcosa in cambio. Basta con il pugno di ferro che ha isolato i talebani e li ha resi più “cattivi” – dicevano –  lasciamo perdere i diritti umani e andiamo avanti con il dialogo su argomenti meno controversi, dimostriamo come siamo “buoni” noi e il nostro sistema democratico, così capiranno…

Ma nel terzo anniversario della loro presa del potere i talebani hanno mostrato con questa legge non solo che non hanno alcuna intenzione di fare aperture sui diritti umani per nessuno, ma addirittura hanno consolidato le loro convinzioni e la presa repressiva sulle donne e tutta la popolazione, mostrando che le norme finora applicate localmente e con arbitrio personale da parte dei vari funzionari talebani e governatorucci locali non rappresentavano semplici abusi o esagerate interpretazioni della sahria ma invece quello che è e continuerà a essere il pensiero ispiratore della loro governance.

Sarà sufficiente questa ulteriore presa di posizione ufficiale per convincere l’Onu, gli Stati e le Istituzioni internazionali che è inutile sperare in un ravvedimento e un cambiamento della loro ideologia ma che invece i Talebani vanno trattati per i delinquenti che sono e costretti alle loro responsabilità, denunciandoli agli organi di Giustizia nazionali e internazionali?

Questo è quanto chiedono le donne afghane che resistono dentro e fuori il Paese e tutte le istituzioni e le organizzazioni che lavorano per i diritti umani.

Questo chiede anche il CISDA.